EUROPA

Il Portogallo brucia. Ed è colpa del capitale

Tagli, affari sporchi, interessi industriali: mentre il capitalismo manda a fuoco il pianeta , diventa sempre più urgente praticare un’autodifesa collettiva contro il disastro ambientale. Per difendere la vita. Da Londra alla penisola iberica.

Il cielo è nero sopra Coimbra, ma queste nubi non portano pioggia. Sono il risultato di un incendio scoppiato nel primo pomeriggio di sabato, nella località di Escalos Fundeiros, estesosi per due giorni nella regione centrale del Portogallo e ancora attivo su quattro fronti, nonostante la pioggia notturna. Si tratta del più mortale incendio della storia portoghese, che ha provocato finora 62 vittime, altrettanti feriti e centinaia di sfollati. Come accade anche per gli incendi italiani, le prime spiegazioni sono state cercate nell’ondata di caldo, nel clima mediterraneo, o in un “temporale secco” che avrebbe fulminato gli alberi in assenza di pioggia. Ma sia nelle strade che nei social si sono diffuse in fretta interpretazioni più complete, che attribuiscono responsabilità ben precise ai gestori delle aree forestali. Il termine “foresta” sembra riferisti a qualcosa di antico e incontaminato, ma nel caso portoghese (comune a tante parti del mondo) si tratta piuttosto di silvicoltura e di sistemi agro-forestali, cioè della produzione di alberi su larga scala, combinato con altre produzioni agricole e di allevamento in un contesto in cui l’ecologia è regolata da interessi e flussi economici, il cui risultato è spesso la creazione di paesaggi monoculturali[i].

Questo è particolarmente evidente in un contesto in cui l’87% delle foreste appartiene a privati, capaci solo di sfruttarne (ed esaurirne) le risorse con una visione di corto periodo. La monocultura portoghese, infatti, ha preso la forma di enormi distese di eucalipto, albero australiano e “colonialista” che occupa ormai 812mila ettari, il 26% delle foreste e l’8,8% del territorio nazionale, togliendo spazio alle specie locali e all’agricoltura[ii]. Questo albero cresce particolarmente bene nella penisola iberica, dove serve gli interessi dell’industria della carta come materia prima per la cellulosa. I vantaggi economici della sua monocultura derivano dalla velocità della sua crescita, che garantisce un rapido ritorno per gli investimenti, al prezzo di un grande consumo di acqua e nutrienti del suolo, che non tornano alla terra dopo il taglio dei tronchi. Oltretutto, l’eucalipto brucia rapidamente, lanciando scintille a centinaia di metri di distanza. Le sue foglie sono un’ulteriore fonte di rischio per l’ambiente: contengono terpeni e acidi che bloccano la crescita dell’erba, dei semi e delle radici di altre specie e inibiscono lo sviluppo di microrganismi nel suolo. Si accumulano senza venire consumate, fornendo il terreno ideale per la propagazione degli incendi. Si tratta quindi di una monocultura pericolosa e desertificatrice, dannosa al punto da essere definita come causa di ecocidio[iii]. Ciononostante, le associazioni di industriali ritengono che il Portogallo debba andare fiero di questa coltivazione, estenderla e intensificarne la produttività[iv].

La minaccia del fuoco è cresciuta insieme alla monocoltura dell’eucalipto anche per cause più dirette: il legno di quest’albero, infatti, può essere trasformato in carta anche dopo il passaggio degli incendi, con perdite minime in termini di qualità ma con risparmi per gli acquirenti di due terzi del prezzo. Per anni le autorità hanno negato gli interessi economici dietro gli incendi, nonostante l’arresto di boscaioli intermediari accusati di averne appicati[v]. Fra la gente, invece, la conoscenza dei meccanismi del negocio do fogo (“affare del fuoco”) è diffusa da tempo.

Il cielo è nero sopra Coimbra, ma i volti della gente sono ancora più scuri. La rabbia è tanta per una tragedia che, come nel recente caso di Londra, poteva dirsi annunciata: i boschi portoghesi erano da tempo una polveriera a causa delle politiche di gestione adottate negli ultimi anni. Già nel 2006, il governo socialista aveva sciolto il Corpo das Guardas Florestais, integrandolo nei ranghi della polizia criminale, seguendo lo slogan neoliberale “meno stato, miglior stato”. In Portogallo le guardie forestali non erano semplice polizia ma attori fondamentali nella vigilanza e nella pulizia dei boschi, con il potere legale di ordinare ai proprietari di adottare misure di sicurezza nelle aree verdi. Il corpo è stato messo sotto il comando di ufficiali non competenti in questioni ambientali, mentre il governo successivo (di socialdemocratici e centristi) ha proseguito sulla strada dei tagli e degli accorpamenti.[vi]

Ma la storia delle responsabilità istituzionali è ben più lunga, e assume caratteri grotteschi per i modi in cui lo stato ha incoraggiato il negocio do fogo. I pompieri non dispongono di aerei o elicotteri per combattere gli incendi dall’alto, ma fino al 1997 potevano avvalersi dell’uso di bombardieri e altri mezzi militari per il trasporto e il lancio dell’acqua. Ma a partire da quella data ciò non è stato più possibile, a causa di un provvedimento del governo Guterres che escludeva gli interventi contro il fuoco dalle competenze delle forze armate. Si trattava di fatto di una privatizzazione, dal momento che mezzi aerei continuano ovviamente ad essere necessari, ma possono essere usati solo se forniti da aziende private, dietro debito pagamento[vii], fornendo così un nuovo (milionario) incentivo economico alla diffusione degli incendi. E’ interessante notare che il promotore di questo provvedimento, l’allora segretario di stato Armando Vara, è stato coinvolto in diverse vicende giudiziarie con accuse di negligenza di fronte a illeciti, irregolarità nei trasferimenti di milioni di euro di denaro pubblico, corruzione e traffico di influenze[viii]. Nell’aprile di quest’anno il politico e manager bancario è stato nuovamente condannato a cinque anni di carcere effettivo. Ma al di là delle responsabilità personali, combattere contro chi specula sugli incendi non sembra una priorità per i politici portoghesi: già l’anno passato si era sviluppato un intenso dibattito sul tema, all’interno del quale personale del governo aveva serenamente ammesso che “l’industria del fuoco dà soldi a molta gente”[ix], mentre esponenti delle forze armate avevano denunciato il mancato uso di mezzi dell’aeronautica come “un crimine di lesa patria”[x]. L’attuale governo, tuttavia, non ha ad oggi preso misure sull’uso degli aerei, non ha dotato il corpo di pompieri di nuovo personale, non ha regolato la vendita di materiali bruciati né dei terreni, non ha imposto nuovi obblighi di pulizia dal fogliame nelle aree boschive.

Il cielo è nero sopra Coimbra, ma la solidarietà si muove più rapida del fuoco. Gli abitanti paesi limitrofi alle zone colpite si sono subito organizzati per ospitare gli sfollati[xi]. Nel pomeriggio di ieri, in centinaia in città avevano risposto all’appello dei pompieri, che avevano richiesto bevande e frutta da fornire ai volontari impegnati sul campo e medicine per i feriti. Associazioni di quartiere e studentati autogestiti hanno partecipato agli aiuti e stanno attrezzando centri di raccolta. Questi ultimi sono gli spazi in cui si muovono le attività di mutualismo e politica dal basso qui a Coimbra, in un momento in cui queste due espressioni sembrano significare la stessa cosa.

Spesso si dice che si può nascere nei panni di rivoluzionari incendiari, ma che si rischia poi di morire pompieri, dando un senso metaforicamente dispregiativo al ruolo di questi ultimi. Ma in questo torrido finale di primavera è il capitalismo a mostrarci il suo lato incendiario. Immagini come quella del rogo nella Grenfell Tower e del disastro portoghese valgono più dei migliori testi sulla contraddizione fra capitale e natura o sulla rottura metabolica fra economia e cicli vitali. Queste morti, queste ferite aperte nei quartieri popolari e nelle zone rurali (che ci riportano alla mente le vittime dei terremoti italiani o, meglio, le vittime di speculatori senza scrupoli e di governanti sordi alle voci delle zone a rischio) ci indicano che la strada da seguire è fare il lavoro dei pompieri: salvare le vite dagli incendi, più reali che metaforici. Stato e mercato hanno dimostrato il loro disinteresse per questo compito, quindi dobbiamo essere noi a occuparcene. Condurre una politica popolare della vita in cui partecipare significhi riconnettersi con i luoghi fisici in cui ci troviamo, usare le conoscenze locali per prenderci cura delle nostre città e dei nostri territori, rivendicando su di essi una capacità autonoma di controllo e pianificazione, unendo le pratiche della democrazia municipale e della riproduzione sociale. Fare politica deve significare riformulare le relazioni sociali nel senso della cura e della protezione comune contro la speculazione, la gentrificazione e tutti i modelli estrattivi che considerano lo spazio come luogo di consumo e mero contenitore di risorse. Fare militanza attiva significherà sempre di più praticare un’autodifesa collettiva contro il disastro ambientale e gli “incidenti” causati da quelli che le lotte ecologiste ci hanno da tempo insegnato a riconoscere come “assassini in giacca e cravatta”.

[i] Felipe Nunes, A floresta que nos resta, Mapa

http://www.jornalmapa.pt/2015/07/01/a-floresta-que-nos-resta/

[ii] Z. T., Da denominada floresta. O eucalipto colonialista
http://www.jornalmapa.pt/2013/04/02/da-denominada-floresta-o-eucalipto-colonialista/

[iii] João Camargo, Eucaliptugal, o ecocídio da floresta nacional
http://visao.sapo.pt/ambiente/opiniaoverde/joaocamargo/eucaliptugal-o-ecocidio-da-floresta-nacional=f752575

[iv] Alexandra Machado, Indústria pasta e papel: “Portugal devia estar orgulhoso de ter o eucalipto”
http://www.jornaldenegocios.pt/negocios-iniciativas/observatorio-sectores/observatorio-pasta-e-papel-e-moldes/detalhe/industria_pasta_e_papel_portugal_devia_estar_orgulhoso_de_ter_o_eucalipto

[v] Octopus, O negócio dos incêndios em Portugal

http://octopedia.blogspot.pt/2012/09/o-negocio-dos-incendios-em-portugal.html

[vi] Fernando Santos Pessoa, “Estás a ver no que dá terem acabado com os Serviços Florestais?”
https://www.publico.pt/2017/06/18/sociedade/noticia/estas-a-ver-no-que-da-terem-acabado-com-os-servicos-florestais-1776086

[vii][vii] Fernão Lopes, O negocio dos incendios em Portugal
http://www.lusopt.pt/portugal/699-o-negocio-dos-incendios-em-portugal#

[viii] Armando Vara, Wikipédia
https://pt.wikipedia.org/wiki/Armando_Vara

[ix] Maria Lopes, “A indústria do fogo dá dinheiro a muita gente”, admite secretário de Estado
https://www.publico.pt/2016/08/11/sociedade/noticia/a-industria-do-fogo-da-dinheiro-a-muita-gente-admite-secretario-de-estado-1741037

[x] Joana Almeida Silva, Oficiais das Forças Armadas criticam negócio aéreo do combate aos fogos

http://www.jn.pt/nacional/interior/oficiais-das-forcas-armadas-criticam-negocio-aereo-do-combate-aos-fogos-5333646.html

[xi] Avelar: Uma onda de solidariedade para ajudar a combater as chamas
http://www.tsf.pt/sociedade/interior/avelar-uma-onda-de-solidariedade-para-ajudar-a-combater-as-chamas-8571455.html