ROMA

Dacci oggi il nostro debito quotidiano

Giovedì 4 maggio, h 18, Nuovo Cinema Palazzo: presentazione del nuovo libro di Marco Bersani . Pubblichiamo di seguito l’introduzione, per gentile concessione della casa editrice DeriveApprodi.

Una montagna alta 44.000 miliardi di dollari. A tanto ammonta il debito pubblico mondiale nel 2017. In questa classifica speciale, troviamo in vetta Stati Uniti (14.500 miliardi) e Giappone (9500 miliardi), che da soli raggiungono oltre il 50%, mentre, con i suoi 2000 miliardi, è il nostro paese a salire sul podio con il terzo posto. Le cifre sopra riportate riguardano il debito pubblico, ovvero quello contratto dagli Stati. Se a questo aggiungiamo il debito privato dei cittadini, delle famiglie e delle imprese – pari a 152.000 miliardi di dollari – si raggiunge la cifra di quasi 200.000 miliardi di dollari, ovvero almeno tre volte il valore del Pil globale. Tecnicamente, il pianeta Terra può essere dichiarato in bancarotta. «Eppure il vento soffia ancora e spruzza l’acqua alle navi sulla prora» cantava un indimenticato Pierangelo Bertoli. Significa che, dietro questo insieme di cifre «neutrali», molto deve essere ancora compreso, per capire le ragioni per le quali l’enfasi sul debito sembra essere diventata la cifra della società contemporanea.

Questo saggio si prefigge di dare un contributo in questa direzione. A partire da un’affermazione: il debito non sarà mai saldato, per oggettiva impossibilità e perché non è mai stato questo l’obiettivo dei creditori. L’usuraio, nella propria esistenza, teme solo due eventi: la morte del debitore e il saldo del debito, perché, in entrambi i casi, perderebbe un’entrata certa e periodizzata – il pagamento degli interessi – e, al contempo, il potere di disporre dei beni, delle energie, del tempo e della stessa vita del debitore. Con questa stessa logica, l’obiettivo di tutte le politiche dettate dalle élite economico-finanziarie e adottate ai diversi livelli sovranazionale e nazionale non è la riduzione o la scomparsa del debito, bensì la continua estrazione di valore e la perpetuazione del rapporto di sudditanza dei debitori nei confronti dei creditori. Un secondo versante va scandagliato. Se nella mia vita avessi contratto un debito di 5000 euro, sarei psicologicamente preoccupato per un motivo molto semplice: date le mie risorse economiche, con qualche fatica sarei in grado di pagarlo. Ma se il debito contratto fosse pari a 500.000 euro, sarei dal punto di vista psicologico molto più sereno, perché, se la cifra che devo saldare supera esponenzialmente le mie più recondite possibilità di pagarla, chi dovrebbe iniziare a preoccuparsi è il creditore. Poiché oggi, nel pieno della crisi economico-finanziaria globale, tutti ci ritroviamo nella seconda delle ipotesi sopra accennate, ovvero sommersi da un debito che non potremo mai pagare, occorre indagare più a fondo sul perché la relazione creditore-debitore continui a essere vissuta come un rapporto fra pari basato sulla lealtà e non invece per quello che è: un rapporto diseguale di potere basato sul ricatto del più forte e sulla rassegnazione del più debole. Con l’avvento del modello neoliberale, la finanziarizzazione del capitalismo ha progressivamente investito l’economia, la società, l’eco-sistema e l’intera vita delle persone, con la stretta necessità di mettere a valore l’intera esistenza, senza vincoli né salvaguardie di sorta: obiettivo per raggiungere il quale, la trappola del debito è particolarmente funzionale sia in termini strettamente economici, sia come nuova narrazione della storia e disciplinamento della società. Se, inoltre, questo quadro si situa dentro una dimensione esistenziale fondata sulla solitudine competitiva, in cui l’orizzonte collettivo è disegnato dal concetto di «uno su mille ce la fa» e l’orizzonte individuale dal concetto di «io speriamo che me la cavo», l’interiorizzazione del debito come colpa e del suo pagamento come dovere diviene l’asse fondante della rassegnazione e dell’ineluttabilità. C’è invece molto da fare. Perché, come ogni ideologia totalitaria, la trappola del debito porta con sé la forza egemonica di una visione compiuta del mondo, ma anche la tragica realtà di un impoverimento di massa scientificamente praticato. Demistificarne la narrazione, mettendo in campo il ripudio del debito, e praticare con le lotte sociali la de-finanziarizzazione della società, attraverso la riappropriazione sociale di tutta la ricchezza collettivamente prodotta, sono le strade che dobbiamo iniziare a percorrere. Si tratta, di fronte a chi continua ad affermare «È tutto oro quello che luccica», di iniziare a rispondere tutte e tutti assieme «Non è tutto loro quello che luccica»

Marco Bersani