EUROPA

Atene e le elezioni: il punto di vista di un anarchico

Nei giorni successivi al voto ci siamo confrontati con diverse anime del movimento greco, cercando di leggere da prospettive differenti il risultato elettorale e la fase politica che ha aperto. Riportiamo qui una discussione con un compagno anarchico.

In questo testo mettiamo in fila alcuni temi che sono venuti fuori durante una discussione informale con un anarchico. Il ragazzo è parte di un’occupazione molto attiva sia nei percorsi territoriali, che nell’agenda politica generale del movimento. Tra le altre questioni, l’occupazione sostiene i prigionieri politici, partecipa attivamente alla lotta antifascista e pratica esperienze di solidarietà e mutualismo. Ovviamente, si stratta solo di una delle prospettive della galassia anarchica, che non ambiamo in alcun modo a rappresentare nel suo complesso. Per rispetto alle diverse sensibilità, in questo caso non riporteremo né il nome dell’intervistato, né lo spazio di riferimento. Per comodità lo indicheremo come A.

Come premessa, A. ci tiene a precisare che le opinioni espresse sono di natura individuale, sebbene siano in gran parte condivise dall’assemblea dello spazio di cui è parte. Esordisce dicendo che “sarebbe falso affermare che con un governo di SYRIZA non cambierà niente”. È convinto, infatti, che il risultato elettorale renderà possibile la vittoria di alcune vertenze che si sono sedimentate negli ultimi anni (come la lotta delle donne delle pulizie o dei bidelli, quella dei giornalisti della TV pubblica e, forse, anche quella delle miniere d’oro in Calcidica).

Ritiene inevitabile l’accordo con il partito populista ANEL. Certamente “non piace a nessuno che un partito di destra partecipi al governo”, ma con molto realismo ci spiega come tra le varie ipotesi sul tavolo quella praticata fosse comunque la meno peggio, oltre che l’unica anti-austerity.

È molto meno ottimista, invece, sui temi che caratterizzano maggiormente l’agenda e le rivendicazioni dei libertari e degli anarchici. A. non crede che il nuovo governo inciderà positivamente sulle forze di polizia (almeno non in maniera netta), vede difficile un’amnistia e ritiene possibile, ma affatto scontata, l’abolizione delle carceri di massima sicurezza [le prigioni di tipo C create recentemente da Samaràs per i detenuti politici e quelli al “alto rischio”, ndr]. Infatti, afferma che uno dei maggiori punti su la destra attacca SYRIZA è la sua vicinanza agli ambienti radicali: per questo motivo crede che il partito eviterà di esporsi troppo sulle questioni sopra citate. Al contrario, ritiene altamente probabile che diversi detenuti, anche “politici”, potranno uscire dal carcere sulla base di argomentazioni umanitarie.

Un tema di cui abbiamo discusso a lungo è quello degli effetti che la vittoria elettorale di SYRIZA potrebbe avere sui movimenti. La prospettiva di questo compagno è molto interessante, perché rifugge dalle facili semplificazioni. A. sostiene che rispetto ai gruppi organizzati il cambio al governo avrà effetti nettamente positivi. I collettivi potranno ricominciare a occupare e le strutture auto-organizzate subiranno molto meno la repressione da parte dello Stato. In questa fase, sarà possibile riorganizzarsi e “respirare, dopo anni in cui le forze dell’ordine, la magistratura e i poteri politici hanno condotto un’offensiva durissima contro tutte le organizzazioni politiche di base”. Rispetto alle mobilitazioni di massa, invece, A. ritiene che il governo di SYRIZA le indebolirà e pregiudicherà in maniera consistente. Questo partito, infatti, è presente in molti comitati di base, lotte territoriali, vertenze lavorative: come si porranno tutte queste esperienze nei confronti di un esecutivo percepito come alleato? A. prevede che la loro attitudine cambierà profondamente: dall’organizzazione e la moltiplicazione del conflitto, alle mobilitazioni funzionali semplicemente a “chiedere qualcosa”. “Sarà più facile vincere su alcuni punti, ma sarà più difficile essere rivoluzionari”.

Sul tema generale delle prospettive politiche dei movimenti sotto un governo di sinistra, ci sembra che A. abbia una posizione molto realista e molto poco ideologica: per il movimento questa fase è un campo di possibilità, che va sfidato e attaccato. Il rischio principale per gli anarchici e per la sinistra extra-parlamentare è quello di chiudersi nella sicurezza e nella purezza delle isole felici, delle “riserve indiane” come si dice da noi. Cioè, la maggiore facilità con cui le esperienze di auto-gestione si potranno riprodurre e moltiplicare, in un clima che tendenzialmente sarà caratterizzato da una maggiore tolleranza, rischia di confinare l’attività di molti militanti alla cura di un determinato spazio o di un progetto particolare, da cui magari criticare in maniera elegante e coerente l’operato del governo e il resto del mondo. Questa dinamica, insieme alla maggiore difficoltà di mobilitare le masse, rischia di produrre un allontanamento dai temi generali dell’agenda politica. Insomma, il movimento anarchico e quello della sinistra non devono abbandonare la prospettiva dell’organizzazione complessiva della società, in cambio dell’autogestione di spazi e progetti che finirebbero per “essere normalizzati nella realtà capitalista”.

E se SYRIZA dovesse fallire? Se non dovesse riuscire a mantenere le principali promesse? Se dovesse virare verso il centro o se fosse attaccata in maniera troppo dura dai mercati finanziari e dalle élite economiche transnazionali? Questo è un tema particolarmente delicato, su cui il movimento greco sta riflettendo a fondo. A. non ha risposte, ma soprattutto domande. Se fosse la destra a guidare l’opposizione all’austerity come si dovrebbero porre gli anarchici? Dovrebbero scendere in piazza a contrastarla, pur sapendo che significherebbe mettersi dalla parte del governo? E se la situazione economica e sociale dovesse ancora peggiorare, conducendo il Paese verso qualche forma di guerra civile, il movimento sarebbe abbastanza organizzato per combatterla? Sarebbe capace di non delegare a nessuna forza politica, e in particolare a quella che esce da un fallimento di governo, lo scontro con le parti reazionarie della società?

A queste domande, ovviamente, non ci sono ancora risposte. Di una cosa, però, A. è sicuro: il movimento non deve rilassarsi, sperando velleitariamente che SYRIZA sia la panacea di tutti i mali. Non c’è niente da delegare, tantomeno la messa in pratica di trasformazioni sociali radicali. Al contrario, lo spazio anarchico, quello antiautoritario e quello della sinistra si devono porre il problema di quali siano le forme e gli strumenti attraverso cui “esercitare una pressione continua su questo governo”. Soprattutto alla luce del seguente elemento: SYRIZA ha una base per lo più giovane e movimentista che non accetterebbe un’inversione di 180 gradi rispetto ai punti del programma. Nemmeno rispetto a quelli ritenuti più radicali. Su questa dinamica interna alla struttura del partito del governo “il movimento ha il compito di battere”. Gli chiediamo se esista già un simile spazio di discussione tra i diversi gruppi e le differenti anime del movimento greco. “Per adesso non c’è niente di organizzato, ma è nell’aria per molti di noi”.