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Terlizzi: una storia di deserti, forme e sogni

“Il Centro” di Graziano De Leo, primo quaderno del Centro Studi Architetto Michele Gargano, ripercorre la storia de Il Centro di Addestramento Professionale, edificio di Terlizzi sorto grazie ad un “sogno collettivo” ed oggi a rischio “riqualificazione”

Si potrebbe dire, parafrasando e in parte alterando l’utilizzatissima citazione di Calvino, che ogni cosa deve la sua forma al deserto cui si oppone. Possiamo in altre parole riconoscere ogni forma architettonica come il riflesso simbolico, o la traccia, di un’opposizione.

Bisogna però ricordarsi il monito di Ian Hodder (1986), secondo cui gli oggetti non esistono in una dimensione astratta ma sono il prodotto DI qualcuno PER fare qualcosa e che «pertanto non riflettono passivamente la società, piuttosto, creano la società attraverso le azioni degli individui […]».

Seguendo questa riflessione inevitabilmente ci si ritrova a leggere Il Centro di Graziano De Leo come ad una storia di edifici e di persone, che si oppongono agli innumerevoli deserti che li circondano, lasciando di questi eventi mirabili tracce.

Il Centro, sede della scuola di Addestramento Professionale a Terlizzi, rappresenta perfettamente “la forma” con cui questa città pugliese, la sua comunità, decise di opporsi ai deserti che la cingevano, sia da punto di vista urbanistico che da quello socio-culturale.

 

Negli anni 50 in questa piccola parte dell’Italia Meridionale la situazione economica era tragica, l’agricoltura rappresentava l’unico sbocco occupazionale e il 69% della popolazione terlizzese risultava impiegata come braccianti. Anche dal punto di vista culturale la situazione era negativa con 4.325 cittadini analfabeti su 22.568 e meno del 50% in possesso della licenza elementare.

A questi deserti decise di opporsi un professore di disegno della locale scuola media attraverso, prima l’ammodernamento del vecchio, poi con la costruzione del nuovo, Centro di Addestramento Professionale.

Attraverso una scuola all’avanguardia, sia per giovani che per adulti, il Professore era convinto di ottenere il riscatto dei «figli del popolo».

Il libro racconta la storia di come questo “sogno personale”, divenuto immediatamente collettivo, sia oggi ricordato e rappresentato da un edificio dalla planimetria razionale e con le linee austere, progettato da Michele Gargano «guardando alle esperienze costruttive di Quaroni, Ridolfi e De Carlo».

 

Il libro è articolato in tre tre grandi blocchi e alla la prefazione strutturalista di Vincenzo De Chirico, segue il lavoro di Graziano De Leo. La storia de Il Centro è narrata dall’autore in tre parti: una prima contenente il racconto degli eventi, una seconda composta dai documenti originali di Paolo De Leo/Il Professore, ed una terza in cui sono mostrate numerose foto d’epoca. Chiudono il libro, infine, i tre contributi di Vittorio Zinni, Giuseppe Pomponio e Piero Ricci.

Prefazione e postfazioni, non servono soltanto a delineare il contesto in cui questa avventura si è svolta, ma anche a descrivere quello che è lo stato odierno di quest’edificio. Il Centro terminato il proprio tempo e caduto vittima dell’incuria è stato al centro di un piano di demolizione, ideato seguendo quella che viene furbescamente chiamata “riqualificazione”, ossia la moda urbanisticaa del momento, l’ennesimo deserto che circonda le nostre città. In nome del valore economico e del profitto sembra che ormai si possa fare qualsiasi cosa dei nostri luoghi e a farne le spese sono sempre gli “edifici vecchi” in disuso e abbandonati.

Non è di questo avviso Graziano De Leo che scrive , sia in questo libro, che in un articolo del 2011 (“Il frammento è la memoria” – Il Confronto n. 17) di come il valore della storia di un edificio serva a comprendere soprattutto il significato delle individualità che l’hanno prodotto e del loro rapporto con l’ambiente circostante, che esplorano e modificano.

Luoghi, edifici e soprattutto persone, sono quindi gli elementi su cui abbozzare un’idea di riqualificazione. La storia del Centro è anche una storia sui Beni Comuni, poiché ci mostra, come sia possibile solo attraverso la condivisine di passioni, idee e progetti ( e quindi di sogni) costruire qualcosa di realmente incisivo.

Leggendo questo lavoro si percepisce chiaramente come la costruzione de Il Centro sia stato un evento fondamentale nella storia di Terlizzi, e i documenti contenuti nel libro dimostrano anche la portata rivoluzionaria di tale fenomeno nelle biografie della comunità degli anni ’50. Vedendo poi le reazioni susseguite la presentazione del libro, sembra che anch la comunità terlizzese odierna abbia iniziato nuovamente a sognare attorno a questo edificio. Come con il Professore, anche grazie all’Autore il Centro acquista una nuova vita. Sono numerosissime, infatti, le idee su come riportare questo edificio al centro della vita di Terlizzi: Non carrelli della spesa ma la sede della biblioteca comunale; non negozi ma laboratori urbani di creatività e sperimentazione delle arti; non profitto per pochi ma polo civico culturale della comunità.

Tutto questo grazie all’insuperabile lavoro di Graziano De Leo che decide di tirare fuori le carte del padre professore, chiuse «al loro posto per quasi cinquant’anni. In una vecchia scrivania di legno con due cassetti».