ROMA

Roma Capitale di ruspe e sgomberi

Un nuovo sgombero nella mattina a Roma. Celere e ruspe contro lo storico insediamento degli eritrei di Ponte Mammolo. Aggiornamento ore 21.00: dopo l’assemblea si rimane in presidio a Ponte Mammolo

Aggiornamento ore 21.00 dopo l’assemblea si rimane in presidio permanente a Ponte Mammolo

Dopo lo sgombero della mattina alle 18.30 a Ponte Mammolo si è tenuta un’assemblea. Assieme ai migranti sgomberati i movimenti per il diritto all’abitare e agli attivisti delle associazioni che lavorano con le reti di migranti, i medici di MEDU che fornivano assistenza nel campo. Quello che è emerso dagli interventi delle persoone che si trovano senza più un tetto sulla testa, per quanto precario e fatiscente, è stata la volontà di avere risposte politiche a questa situazione creata dal comune di Roma. Le stesse risposte che in 10 anni le istituzioni non hanno mai dato arrivando poi all’epilogo di questa mattina. Si è deciso di accamparsi, per far sì che tutti possano avere un posto dove passare la notte. Le realtà di movimento, le associazioni si sono attivate per fornire i beni di prima necessità, ma sappiamo che questa non può essere una soluzione. Il problema creato dal comune di Roma deve essere risolto da quest’ultimo che ha pensato bene di demolire tutto senza dare risposte alternative all’emergenza creata. Da questa notte saremo lì tra le tende, perché la nostra idea di accoglienza è fatta di attivazione e solidarietà non un’emergenza da risolvere con decreti, espulsioni o peggio ancora con le ruspe!

Ancora ruspe a Roma. Questa mattina, intorno alle 8, un nutrito schieramento di forze dell’ordine si è presentato dietro la metro di Ponte Mammolo, nell’accampamento che da circa dieci anni ne costeggia uno dei lati. Celere e polizia municipale hanno costretto le persone che si trovavano all’interno ad abbandonare le loro case. Poi sono intervenute le ruspe e hanno buttato tutto a terra, lasciandosi dietro un tappeto di macerie. All’arrivo della polizia ci sono stati momenti di tensione, per un tentativo di difendere le abitazioni dall’assalto. Un rifugiato politico è stato arrestato.

Nei giorni scorsi aleggiava lo spettro di questo possibile sgombero, ma nessuno, nemmeno le associazioni che da anni lavorano sul campo, era stato avvertito che sarebbe accaduto oggi. Pare che ieri sera tra gli abitanti dell’accampamento fosse circolata la notizia di un possibile trasferimento graduale verso un’altra destinazione, perciò nessuno si aspettava che questa mattina tutte le case sarebbero state distrutte con una simile violenza.

Al nostro arrivo, molte persone erano disperate perché all’interno delle abitazioni di fortuna avevano dovuto lasciare tutto ciò che possedevano, compresi gli stessi documenti. Le forze dell’ordine, infatti, nella maggior parte dei casi hanno impedito il recupero degli oggetti personali. Pochi fortunati sono riusciti a riprendere qualcosa, ma solo parzialmente e in tutta fretta, mentre le ruspe erano già entrate in azione e solerti vigili urbani spruzzavano ovunque pesticida, incuranti di tutti quelli che si trovavano ancora tra le case.

L’intervista a un volontario di MEDU – Medici per i diritti umani

Sembrava di trovarsi in Israele, invece tutto questo accadeva nel Comune di Roma. E del Comune pare sia la responsabilità di questo ennesimo sgombero: le prime voci che parlavano di un ordine della Prefettura, infatti, sono state smentite durante la mattinata, quando è arrivata la notizia che la richiesta è partita proprio dal Campidoglio. Insieme alle ruspe, c’era un nutrito numero di vigili urbani di Roma Capitale: non pervenuti invece i servizi sociali, né alcun rappresentante istituzionale. Sul posto è arrivato soltanto Emiliano Sciascia (centro-sinistra), presidente del V municipio, che alle richiesta di spiegazioni da parte di attivisti e associazioni ha risposto: “Se il Comune non fa niente, perché dovrei fare qualcosa io?”.

Lo sgombero e la distruzione delle case sono stati realizzati senza alcun tipo di intervento sociale preventivo: non c’era una lista dei residenti, non si conosceva il numero dei minori (tantissimi, da quello che abbiamo potuto vedere), né dei soggetti vulnerabili. Pare che il centro Baobab, coinvolto nelle vicende di Mafia Capitale, sia stato messo a disposizione per ospitare un centinaio di persone. Sul posto, però, nessuno era in grado di dare indicazioni precise, né erano presenti mezzi per il trasporto delle persone o dei loro effetti personali (almeno dei pochi recuperati).

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Nell’accampamento vivevano stabilmente oltre 100 persone, tra eritrei, sudamericani, ucraini, bangladeshi e rom. Molti rifugiati politici, ma anche tanti lavoratori precari o stagionali, che non riuscendo a pagare l’affitto si erano trovati costretti a tirar su un tetto di fortuna per evitare di finire per strada. Oltre ai residenti, altre 300 persone circa si trovavano nell’area, in transito verso altre destinazioni.

Dopo l’intervento di ruspe e polizia, sul posto sono rimaste soltanto macerie. Non solo quelle delle case distrutte, ma anche quelle delle politiche sociali del comune di Roma.

Tutto intorno, nel frattempo, decine di persone hanno ricominciato a cercare un rifugio di fortuna, stendendo per terra coperte e materassi, sotto gli alberi o all’ombra di un prefabbricato.