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MONDO
Raccontare la nostra storia: il Circolo delle Donne Indigene arriva in Europa
Un gruppo di donne appartenenti a diverse comunità indigene colombiane hanno fondato un’esperienza di comunicazione alternativa e comunitaria, elaborando strategie collettive che permettano di affrontare le intersezioni tra comunità, genere, ambiente, violenze, forme di resistenza e comunicazione. Saranno in Europa questa settimana per diversi incontri e attività
«La parola senza azione è vuota, l’azione senza parola è cieca, la parola e l’azione al di fuori dello spirito della comunità, sono la morte»
Vilma Almendra, 2017
Un gruppo di donne appartenenti a diverse comunità indigene colombiane che abitano in contesti urbani ha deciso di creare un progetto di comunicazione contro egemonica che sfida la cancellazione dei saperi ancestrali, affronta gli stereotipi sociali sul mondo indigeno, smantella l’iperindividualismo e si pone come obiettivo ampliare le forme di vedere il mondo, a partire da un desiderio comune: produrre materiale multimediale che restituisca valore alle pratiche politiche, economiche e culturali delle comunità indigene, dalla prospettiva, dall’esperienza di vita, l’attivismo e la resistenza delle donne indigene di Bogotá.
Colonizzazione, ribellioni e comunicazione indigena realizzata da donne
Nel 2018 è nato il Circolo di Parola delle Donne Indigene, che ha permesso alle partecipanti di imparare a fare radio, creare una serie di podcast chiamata “Voci della Nostra Terra” e produrre il documentario Mea Na Mau. Questo gruppo di donne, appartenenti alle comunità indigene Muysca, Pijao, Embera Chamí, Pastos e Inga, sta esplorando le opzioni di produzione audiovisiva offerte dalle nuove tecnologie, per rafforzare la trasmissione del sapere basato sulla trasmissione orale, che è fondamentale per le comunità indigene, integrando saperi come quello della cura della terra, la medicina ancestrale, i tessuti, il teatro, le danze, creando spazi di lavoro collettivo aperti a bambini e donne di altre comunità indigene e mirando a condividere queste storie con il mondo. L’oralità è una dimensione di trasmissione della conoscenza molto importante per le popolazioni indigene, perchè sfida l’imposizione della lingua e della cultura coloniale e diventa una strategia di difesa di fronte al genocidio coloniale e al mancato riconoscimento da parte dello stato-nazione.
Solamente in Colombia esistono almeno 115 popoli indigeni diversi che conservano più di 65 lingue native sopravvissute all’introduzione linguistica del modello coloniale; tuttavia, gli antagonismi socioculturali iniziati nel periodo della conquista rimangono vigenti e si manifestano in pratiche di razzismo epistemico che sminuiscono gli importanti sviluppi delle comunità indigene per quanto riguarda le loro strutture produttive, i modelli di organizzazione sociale e quelli urbani, le espressioni artistiche e le tecnologie sostenibili ed escludono l’agenda di vita delle comunità indigene dai mezzi di comunicazione gestiti dalle grandi imprese.
In questo scenario, varie comunità indigene hanno considerato strategica la «presa eterogenea dei mezzi di comunicazione», cioè l’appropriarsi di mezzi di comunicazione per contribuire a preservare e promuovere le conoscenze scientifiche, culturali, linguistiche e politiche delle comunità.
Proprio all’interno di questo processo, le donne indigene stanno lavorando per creare ed espandere i propri spazi, elaborando strategie collettive che permettano di trattare le intersezioni tra comunità, genere, ambiente, violenze, forme di resistenza e mezzi di comunicazione alternativi.

Questo lavoro lo sta portando avanti il Circolo di Parola delle Donne Indigene in Colombia. Grazie all’esplorazione di diversi formati tecnici (come radio, podcast, video, illustrazioni), di modi di vivere, di approcci intergenerazionali, interetnici e interculturali, le donne del Circolo ambiscono a costruire ponti che demoliscano il binarismo tra il benessere emotivo individuale e il consolidamento culturale, intessendo le loro tradizioni, intese come un cumulo di saperi millenari dinamici, con la contemporaneità, che coniuga le loro esperienze, l’appropriazione di nuovi strumenti tecnologici e l’immaginazione dei possibili significati e direzioni per le generazioni future.
Applicando questo approccio alla loro esperienza come organizzazione, hanno elaborato una caratterizzazione dettagliata degli elementi che, dal loro punto di vista, è fondamentale riconoscere come parte del processo di costruzione delle Culture di Pace e che include, per esempio, la condivisione attraverso la creazione di spazi che si estendono «al di là dell’ambito lavorativo, di quello accademico», al di là dell’iper-individualizzazione, per riconoscere le potenzialità e lavorare sulla problematizzazione della configurazione delle disuguaglianze, su ciò che avviene nelle comunità, nei territori e la violenza che affrontano le donne indigene in generale, ma anche nello specifico quella che affrontano nelle città.
Pratiche rituali che accompagnano l’esercizio della parola
Questa produzione di materiali comunicativi è accompagnata da pratiche spirituali e rituali nelle quali emergono interrelazioni tra corpi, comunità e territori a livello multiscalare, che coinvolgono conoscenze, vissuti, sensazioni e spiritualità in riferimento all’umano e al non umano, come racconta l’antropologa Astrid Ulloa (2021).
Gli oggetti e gli elementi presenti nei rituali si riferiscono ai 4 elementi (acqua, fuoco, terra e aria) e rappresentano intenzioni e significati profondi che sono testimoni dello stesso processo che sta percorrendo il Circolo di Parola delle Donne Indigene.
Questi oggetti possono includere i pañuelos come elementi distintivi dei processi partecipativi che si realizzano, fino ai semi, simbolo della «resistenza davanti al modello egemonico e delle grandi imprese», inclusi nelle pratiche rituali perché «rappresentano non solo le cinque comunità indigene alle quali apparteniamo, ma anche tutte le popolazioni andine dell’America Latina».
La materialità a cui queste donne stanno dando forma, attraverso il loro lavoro, oltrepassa le frontiere etniche, sociali, tecniche, ontologiche ed epistemologiche legate al corpo, all’uso della tecnologia, alla definizione delle geografie e alle vicinanze tra popolazioni, territori e culture.

Accendere il fuoco nelle altre
Questo processo, che è stato costruito in dialogo con spazi accademici, studenteschi e di quartiere, sta spargendo semi che producono risonanze che possono generare a loro volta spazi altri di partecipazione politica e di relazioni di scambio, espandendosi ad altre comunità, ed altri progetti, come la realizzazione dell’”Incontro di Donne Indigene a Bogotà”, la serie di podcast “Voci della Nostra Terra” o il viaggio in Amazzonia per partecipare alle cerimonie della comunità indigena Tikuna, dal quale nasce la produzione del documentario dedicato Mea Na Mau.
Così facendo, le donne del Circolo creano lo spazio per il “Palabrandar” concetto dell’azione teorica e pratica che, come illustra l’indigena Nasa Misak Vilma Almendra nel suo libro Tra l’emancipazione e la cattura: memorie e percorsi della lotta Nasa in Colombia. ha preso forma nei Tejidos de vida nel nord della regione colombiana del Cauca, quando «in mezzo alla morte e all’espropriazione, abbiamo coscientemente deciso di assumere una comunicazione altra, dare parole al nostro percorso e far camminare queste parole.
Prendendo questo concetto che viene dall’esperienza di comunicazione indigena del Cauca, potremmo dire che il Circolo di Parola delle Donne Indigene sta creando il suo ‘Palabrandar’; questa esperienza, tuttavia, non è priva di difficoltà, come il senso di fatica, dovuto non solo alla densità delle attività di mantenimento della vita quotidiana, ma anche al peso dei pregiudizi e degli stereotipi sociali che si traducono in un «presunto dover essere delle donne indigene», o ai sensi che definiscono e rendono possibile l’esercizio comunicativo per le donne, in particolare le donne indigene. È comune infatti sentir dire: «Lei non sembra una giornalista».
Come raccontano queste donne, il loro processo sta trasformando la loro individualità e il contesto collettivo, reinventando i mezzi di comunicazione, creando vincoli comunitari che valicano frontiere e invertendo l’equazione rispetto a quali sono le voci autorizzate e riconosciute per prendere parola e raccontare la (loro) storia.
Incontri con le donne indigene in Francia
Il 17 di aprile e il 19 aprile le donne del Circolo parteciperanno a due attività a Parigi: giovedì 17 alla conversazione “Mea Na Mau – La place des Femmes Indigenes dans la production audiovisuelle colombienne” presso il Campus Condorcet di Parigi dalle 14.30 alle 16.30. Per questa occasione è programmata la presentazione del loro documentario e della serie di podcast che hanno prodotto grazie anche alla partecipazione di accademiche esperte dei temi trattati. Inoltre, il 19 di aprile alle 18 saranno al Bar Ty Kall – 8 rue de la Porte Brest, per condividere le loro esperienze e lavori.
Per chi volesse accompagnare e partecipare a questi eventi, verranno condivise maggiori informazioni sui loro canali social @cpmi.mlk.
Traduzione dal castigliano di Ester Dazzo per DINAMOpress
Immagine di copertina ed immagini nell’articolo a cura del Circulo de Palabra Mujeres Indígenas Cpmi-Mlk
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