Precari Istat: una settimana di lotta

Da lunedì i precari dell’Istat sono in mobilitazione permanente per difendere il loro lavoro e le loro competenze.

Una lotta che sta coinvolgendo la quasi totalità dei precari, con scioperi, assemblee, manifestazioni di piazza. Segui la loro lotta anche sul blog e la pagina facebook.
DINAMOpress ha intervistato due dei lavoratori in mobilitazione Daniele D’Ambra e Angelita Castellani.

Perché questa settimana di intensa mobilitazione? Perché la maggior parte dei precari Istat rischia di essere messa alla porta?

La settimana di mobilitazione indetta dai precari dell’Istat si inserisce in un percorso avviato già da circa tre anni, quasi in contemporanea con il nostro ingresso in Istituto.

Questo perché già ad un mese dalla nostra assunzione l’amministrazione ha indetto nuovi concorsi a tempo indeterminato, palesando la volontà di differenziare i destini dei lavoratori precari rispetto a tutti gli altri attraverso l’utilizzo di un doppio canale di assunzione: il primo a termine e senza alcuna prospettiva e il secondo per l’ingresso compiuto nei ruoli dell’Istituto, nonostante la presenza di un articolo ad hoc (art. 5) all’interno del CCNL comparto Ricerca che prevede la possibilità di trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato qualora questi siano stati stipulati attraverso una procedura concorsuale pubblica.

A questa scelta dell’amministrazione contro cui il Coordinamento Precari dell’Istat si è battuto fino ad oggi, si è aggiunto lo scellerato provvedimento D’Alia che, per usare le parole del Presidente del Consiglio Letta, propone la propria “soluzione strutturale” al problema dei precari nelle pubbliche amministrazioni. Cioè l’espulsione di massa. Attraverso una selezione altamente selettiva, non finanziata economicamente e attraverso l’impossibilità di prorogare i contratti in essere, si elimina qualsiasi possibilità concreta di reclutare realmente coloro i quali garantiscono l’attività ordinaria dell’Ente da oltre tre anni.

Per rendersi conto della portata effettiva del problema basti dire che il 95% dei 400 precari attualmente sotto contratto sarebbero esclusi dagli stessi criteri di accesso ai concorsi stabiliti dal decreto e anche rispetto al 5% rimanente soltanto circa 20 unità potrebbero essere assorbite dalle risorse economiche disponibili.

Come sta andando la mobilitazione? Quali sono le iniziative per i prossimi giorni?

La mobilitazione sta coinvolgendo la quasi totalità dei lavoratori precari dell’Ente. Siamo partiti lunedì con l’occupazione del Contact Center presso la sede centrale, in occasione della quale è stato issato uno striscione sulla facciata principale che rimarrà esposto per l’intera settimana di agitazione.

Martedì è stata organizzata una giornata itinerante tra tutte le sedi decentrate di Roma, che sono state attraversate da rumorosi cortei interni e da una campagna di sensibilizzazione e finanziamento rivolta ai colleghi di ruoli, che si sono dimostrati tutt’altro che insensibili sul problema del precariato, oltre a qualche irruzione nelle stanze dei dirigenti, volta ad ottenere risposte immediate rispetto alle politiche di gestione che l’amministrazione intende portare avanti nel prossimo periodo.

Mercoledì e giovedì la protesta si svolge davanti Montecitorio per far capire anche ai palazzi del potere che non accettiamo giochetti sulle nostre vite e la settimana si concluderà con il vero e proprio sciopero e con una piazza che in modo creativo proverà a ripercorrere gli ultimi 15 anni di politiche sul lavoro, che hanno visto susseguirsi ministri di diversa collocazione parlamentare, sostenuti da maggioranze di diverso segno, ma sostanzialmente uguali ed in continuità tra loro nelle proposte avanzate.

Presenterete un’indagine sulle vostre stesse condizioni di lavoro, un’autoinchiesta su voi stessi, cosa ne emerge?

L’idea dell’indagine precaria è nata durante un’assemblea organizzata dal Coordinamento Precari sull’applicazione dell’articolo 5 del Contratto Nazionale. L’obiettivo era quello di far conoscere la condizione precaria al di là dell’aspetto prettamente lavorativo e anche di smentire alcuni luoghi comuni sulle presunte caratteristiche dei lavoratori precari.

A partire dall’età: dall’indagine risulta in modo abbastanza evidente che i precari dell’Istat possono essere considerati tutt’altro che giovanissimi (35 anni l’età media). Buona parte di essi non è né alla prima esperienza lavorativa, né – purtroppo – alla prima esperienza di contratto a termine, bensì in buona parte dei casi si ha alle spalle una considerevole carriera di precariato dentro e fuori la PA. L’altro dato che salta agli occhi è come questa condizione di precarietà prolungata incida pesantemente sulla possibilità di progettare la propria vita personale e lavorativa, fino a toccare gli aspetti più basilari (condizione abitativa, possibilità di avere figli e di separarsi dal nucleo familiare di origine).

Un quadro che conferma come lo strumento della cosiddetta flessibilità non sia utilizzato come occasione di inserimento nel mercato del lavoro dei giovani, come ideologicamente propagandato fin dagli anni Novanta, ma piuttosto sia una condizione persistente e in continua espansione, attraverso cui mantenere i lavoratori in uno stato di ricatto e instabilità.

Cinque giorni di assemblea permanente, mobilitazioni itineranti, sciopero. Cosa devono inventarsi i precari per lottare…

Come precari abbiamo ritenuto fin da quando abbiamo immaginato questa mobilitazione che fosse essenziale rompere la ritualità che ormai caratterizza lo strumento dello sciopero.

Era necessario interrompere la vita quotidiana dell’Istituto in termini effettivi, quantitativi e qualitativi, andando oltre il simbolico e anche oltre i lacci che costringono ad oggi questo strumento sotto tutti i punti di vista (basti pensare che è vietato proclamare due giorni di sciopero consecutivi se si è alla prima indizione su una specifica vertenza).

Di conseguenza abbiamo pensato di utilizzare tutti gli strumenti in nostro possesso e di utilizzarli insieme. Assemblee esterne, interne, trasferimenti tra le varie sedi, colazioni e pranzi sociali fino ad arrivare allo sciopero vero e proprio.

Ci sarà il tempo per sviluppare valutazioni più compiute sull’effettiva riuscita della mobilitazione, ma senza dubbio possiamo affermare che l’obiettivo di praticare uno sciopero effettivo e non solo “di bandiera” sta riuscendo pienamente.

Va aggiunto però che questo ci è stato possibile a partire da una condizione lavorativa che ci vede riconosciuti ben più diritti rispetto ad altri lavoratori precari. A partire dalla forma contrattuale (TD, contratto a tempo determinato), passando per il riconoscimento pieno dei diritti sindacali.

E’ importante sottolineare questo aspetto sia in relazione al tema della riproducibilità di quanto stiamo mettendo in campo, quanto alla stringente necessità di estensione di alcuni diritti ad altre categorie del lavoro precario per far si che anche la loro voce possa levarsi. Senza paura, né ricatti. Per prenderci ciò che ci spetta di diritto.