EDITORIALE

Perché è giusto pagare (un po’) per l’informazione

Vi spieghiamo le ragioni che stanno dietro la nostra campagna abbonamenti

«Quando è gratis la merce sei tu». Questo aforisma spiega bene le modalità di funzionamento dello spazio virtuale, dove tutto sembra gratuito e accessibile ma a una condizione: trasformare i nostri interessi, le nostre relazioni e le nostre passioni in merce da vendere al miglior offerente. Sotto forma di dati, ovviamente.

La possibilità di personalizzare l’offerta pubblicitaria, di targetizzare e customizzare gli annunci, è diventata una miniera d’oro per i giganti del web. Facebook e Google dispongono oggi del 75% del mercato pubblicitario online.

Questa realtà ha fatto tramontare molto presto le illusioni di chi credeva che il crollo delle vendite di quotidiani e riviste cartacee, moltiplicato a partire dal 2007 dalla diffusione di smartphone e social network, sarebbe stato compensato dalla pubblicità su internet. Non solo non è andata così, ma la spartizione tra tanti della restante fetta di torta ha innescato meccanismi che stanno trasformando nel profondo il lavoro giornalistico.

I soggetti editoriali che provano a sostenersi attraverso la pubblicità devono rincorrere un numero di click sempre più alto, puntando su sensazionalismo, rapidità di pubblicazione e anche notizie inventate di sana pianta o non verificate. Altri, accanto alla ricerca spasmodica di inserzioni, raccolgono e vendono pacchetti di dati sui loro utenti oppure danno un prezzo ai singoli contenuti.

Nella maggior parte dei casi, comunque, nessuna di queste formule è sufficiente a garantire la sostenibilità dei progetti. Per chi non ha grandi finanziatori alle spalle la possibilità di fare informazione è una sfida estremamente complessa.

All’interno di questa tendenza, però, c’è anche chi prova a fare qualcosa di diverso. Chi si pone l’obiettivo di non dipendere da simili dinamiche. La vera indipendenza, sia individuale che collettiva, poggia sempre sulla capacità di autosufficienza. Anche economica.

Nell’ultimo periodo abbiamo discusso molto di questi temi all’interno della nostra redazione. Dopo sei anni di attività totalmente gratuite abbiamo pensato a dei progetti che potessero garantire dei fondi minimi, cercando sempre il punto di equilibrio tra accessibilità dei prezzi e piccoli ricavi. I libri e i corsi, ad esempio, aiutano a garantire nel suo complesso la sostenibilità del sito internet, il cuore del progetto. Da soli, però, ovviamente non bastano.

Per questo, oltre a sviluppare simili esperimenti abbiamo pensato di rivolgerci alla nostra comunità di lettrici, lettori, aficionados, sostenitrici e fan per invitarli ad abbonarsi a dinamo. Di rivolgerci a te.

Abbonandoti alla produzione cartacea (e digitale) permetterai a dinamo di continuare a esistere, rimanere accessibile a chiunque e non smettere di crescere. Perciò diciamo che è un abbonamento che serve a “generare indipendenza”.

Un sito reader based, con le fondamenta nella sua comunità di lettrici e lettori, può essere un modello sostenibile per garantire indipendenza, gratuità e qualità dei contenuti.

La possibilità di sottoscrivere abbonamenti di diverso tipo è pensata per andare incontro alle varie condizioni materiali, affinché ognuno possa contribuire secondo le sue possibilità a un progetto che rimane aperto a tutti. «Prendi ciò che vuoi, porta ciò che puoi» si diceva una volta.

«Abbonati, genera indipendenza» ti diciamo noi oggi.