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Of the Fate Nightingale I Envy: l’arte dei Motus nell’incanto di Cassandra

La scena artistica di NYC ha accolto più volte gli spettacoli dei Motus, con una lunga collaborazione con la Mama Theater che continua a essere il palcoscenico di esperienze di avanguardia. La performance dei Motus consegna punti interrogativi e spunti profondi di riflessione: un’esperienza che incita a interrogarsi sulle varie sfaccettature della vita, dell’arte e delle disuguaglianze

La collaborazione tra l’iconica location dell’East Village e la compagnia teatrale di Rimini ha continuato con Of the Nightingale I Envy the Fate (Dell’usignolo invidio la sorte), performato in occasione di Under the Radar, festival itinerante che si è concluso da poco in differenti teatri di New York City.

La pièce teatrale, concepita e diretta dai fondatori Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, si configura come uno spin-off del precedente lavoro Tutto Brucia, ispirato alle Troiane di Euripide e presentato lo scorso novembre a Torino. Con una durata di soli 45 intensi minuti, la performance si concentra sul tragico momento che precede la morte di Cassandra. Magistralmente interpretata dalla coreografa e danzatrice Stefania Tansini, trasformata in una figura antropomorfa dalle sembianze di una creatura alata.

La rappresentazione scenica si distingue per la sua minimalità e per il connubio distopico e articolato tra corpo e psiche, gesto e movimento. Suoni animaleschi e gemiti intessuti dalle parole ferme e decise di Cassandra permettono al pubblico di mimetizzarsi con una Tansini dallo sguardo inquietante e languido, decorato da folte ciglia viola.

La potenza struggente vocale e corporea riempie la sala, in un monologo che oscilla tra l’italiano e l’inglese creando un’esperienza quasi tangibile. Ogni lamento, ogni gesto di rabbia e di forza è accompagnato dalle sonorità sapientemente prodotte dal vivo di Enrico Casagrande, stimolate dal ritmo post-punk, elettronico e industrial delle musiche composte da R.Y.F. (Francesca Morello).

Gli attimi di tormento e le azioni veloci, permettono al pubblico di avvicinarsi empaticamente alla fragilità di questa donna che va incontro al suo destino nefasto. In un gioco di gesti e ombre cinesi, nell’oscurità avvolti dalle tenebre, il suo dolore diventa una seconda pelle, una maschera destinata a essere portata e che indossano anche gli spettatori.

Tra sfumature cyberpunk, colori purpurei e neon soffusi, la luce sembra come dipinta dalla mano di Theo Longuemare, che riesce a creare al punto giusto transizioni di luci e ombre, che hanno il sapore di fuochi e tramonti. La trasformazione irrequieta di Tansini raggiunge il climax del suo ingiusto destino che viene avvertito come un cortocircuito emotivo, che ci ricorda che l’identità e la differenza vanno oltre la superficie cutanea. Le disuguaglianze e i danni nel mondo, sia ideologici che materiali, sono radicati in strutture di potere ormai insostenibili, a cui non possiamo e non vogliamo più tacere.

Indovina, barbara, donna e straniera, parla ma non viene capita: la figura mitologica di Cassandra, è una di quelle storie senza tempo che non perdono mai la loro forza. I Motus confermano la loro abilità, già evidente nei lavori precedenti, di saper lavorare su un tessuto che viene ricamato da antichi archetipi sui moderni tessuti della comunicazione, della giustizia e dell’empowerment. Il grosso sforzo di sintesi e rimediazione del mito greco è affrontato con maturità da Daniela Nicolò sia a livello drammaturgico che scenico.

Ci troviamo di fronte a una narrazione che, anziché tracciare linee definitive, ci consegna punti interrogativi e spunti profondi di riflessione. La performance dei Motus a New York non è semplicemente uno spettacolo, ma un’esperienza che incita a interrogarsi sulle varie sfaccettature della vita, dell’arte e delle disuguaglianze.

Il gesto conclusivo di Daniela Nicolò, una volta salita sul palco a fine spettacolo con il cartello Cease the fire, ci riporta bruscamente sul pianeta terra, tornando a farci riflettere amaramente su ciò che sta accadendo nel mondo.

Ultimo ma non meno importante, colpisce fin da subito l’esoscheletro/corpetto indossato dalla Tansini che diventa parte integrante della sua stessa fisicità. Tra piume sparse e una grande scritta sanguinolenta “NO” che compone sul pavimento, si impone sulla scena con tutto il suo cupo candore.

Tutte le immagini nell’articolo sono di Lorenza Daverio