editoriale

L’Italia affonda con l’Aquarius

La decisione del governo italiano di chiudere i porti e di non consentire l’attracco della nave ong con 629 persone a bordo, ha scatenato nelle ultime ora un incredibile dibattito in rete. Ma gli argomenti utilizzati per giustificare il comportamento del governo, nascondono il baratro dentro cui noi stessi stiamo affondando

Si può stare dietro ai cavilli del diritto internazionale in queste ore, e cercare di spiegare come l’Italia non sia obbligata a tenere i porti aperti. Si può dire come il nostro paese sia stato lasciato solo dall’Unione Europea e dagli altri stati membri nella gestione di flussi migratori. Ancora si può parlare del “business dell’accoglienza”… tutte queste sono parole vuote di fronte alla possibilità che delle persone vengano abbandonate in mezzo al mare su una barca.

«Ma la barca non sta affondando, non sono in pericolo di vita, non possiamo accoglierli tutti noi…» ancora tuonano dalle proprie bacheche facebook e sui commenti sotto i giornali. Potremmo poi cominciare la guerra dei numeri e ricordare quanti rifugiati riconosce l’Italia rispetto agli altri paesi europei, potremmo spiegare come chiudere le frontiere non fa che creare ancora più illegalità – proprio quella contro cui tuonate – e situazioni di marginalità e criminalità. Come ci ricorda l’omicidio di Sacko Soumayla, sindacalista e bracciante, prima ancora che migrante. Potremmo ritornare sul diritto del mare e l’obbligo di salvare chi è in pericolo.

Potremmo fare tutto questo e appellarci ancora una volta alla razionalità che dovrebbe guidare le nostre azioni. Ma sono proprio le vostre spiegazioni razionali che non riusciamo più a sopportare, il vostro realismo politico, sempre pronto a dimenticarsi della nostra storia coloniale, a nascondere il nostro sviluppo capitalista sporco di sangue, la nostra produzione industriale che ha distrutto il pianeta e rifornisce di mine e armi tutte le guerre in corso. Potremmo continuare a convincerci del sacro valore del diritto, quando ogni giorno camminate sopra delle vite umane, calpestandole e facendo finta di niente.

629 persone su una barca in mezzo al mare, e c’è chi trova scusa per dire «lasciate fare questo governo», o «è colpa dell’Europa». Mentre quelle persone aspettano, noi ci stiamo abituando anche a questo. Le barche non devono più sbarcare in Italia, lasciamole in mezzo al mare e fermiamo le Ong che le vanno ancora a salvare, malgrado i regolamenti di Minniti e le minacce di Salvini. Lasciamoli lì in mezzo all’acqua, che anneghino, ma che non vengano sulle nostre coste a ricordare che esistono morte, povertà e fame che noi abbiamo contribuito a creare. Lasciamoli lì, nell’acqua, in mezzo al mare. E autoconvinciamoci sui social network che noi non li potevamo salvare.

È una cantilena triste e stanca. Mentre l’Aquarius è lasciata in attesa nel mare e qualcuno urla che è sempre colpa di qualcun altro e che non possiamo fare nulla di diverso da questo… lasciamo cadere quelle urla, mettiamo una mano accanto alle orecchie, cercando di sentire il rumore del mare, come facevamo quando eravamo piccoli. E ricordiamoci che stiamo affondando anche noi, lasciando quella barca in mezzo al mare in attesa.