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L’iscrizione anagrafica: un paradigma per comprendere il presente

Nel libro “Appartenenze precarie”, Enrico Gargiulo spiega la dimensione sociale, politica e giuridica della residenza e come la legge interviene per adattarla alle logiche di esclusione e inclusione differenziale di volta in volta dominanti

In alcune circostanze, le politiche di controllo e disciplinamento godono di ampia visibilità. Si pensi, a titolo di esempio, all’impianto scenografico – blindati in lunga fila indiana, strade bloccate, polizia in assetto antisommossa – che spesso accompagna le operazioni di sgombero degli spazi e delle abitazioni occupate. Altre volte, le procedure finalizzate alla gestione e alla selezione della popolazione sono attuata attraverso il capillare, meccanico e tendenzialmente anonimo dispiegamento di precise procedure e prassi all’interno di grigi uffici.

Che le operazioni di polizia nello spazio urbano – molto spesso spettacolarizzate attraverso l’utilizzo spropositato di personale e mezzi – abbiano a che fare con il disciplinamento sociale è piuttosto evidente. Che anche le politiche di gestione dei registri anagrafici abbiano a che fare con il controllo della popolazione è, viceversa, molto spesso ignorato. Qui si iscrive il primo merito del libro Appartenenze precarie. La residenza tra inclusione ed esclusione di Enrico Gargiulo (UTET, pp. 240, 2019).

 

L’opera esplora, a tutto tondo, la dimensione sociale, politica e giuridica della residenza.

 

Traccia un percorso che consente di acquisire fondamentali informazioni sull’ambivalente funzionamento di uno dei dispositivi salienti del nostro tempo, eppure spesso ai margini del dibattito pubblico.

 

Doppio movimento

Appartenenze precarie permette, in prima battuta, di orientarsi efficacemente davanti a una domanda apparentemente banale: che cos’è l’iscrizione anagrafica? Per le persone in linea con l’immagine stereotipata del “buon cittadino” – proprietario o locatario di un’abitazione considerata decorosa, titolare della cittadinanza italiana o di altre cittadinanze d’élite – l’ostacolo più significativo per il conseguimento dell’iscrizione anagrafica è spesso rappresentato, al più, da una piccola fila all’ufficio anagrafico. Per altre persone con specifiche caratteristiche – reali o attribuite – l’effettiva registrazione della residenza è molto meno lineare e più complessa di quanto generalmente si ritenga.

 

«Anagrafi e censimenti, insomma, sono strumenti retorici e amministrativi, impiegati per portare avanti una specifica visione della società e difendere interessi di parte: ossia, rendere visibili e proteggere alcune categorie di persone e, al contempo, occultarne e reprimerne altre» (p. 163).

 

Ecco la traccia all’interno della quale si muove l’opera di Gargiulo: l’attribuzione delle membership – tra le quali la residenza ha un’attenzione specifica – e la loro dimensione teorica e pratica. Chi sono, dunque, i soggetti per i quali l’effettiva registrazione della dichiarazione di residenza è problematica? La stagione delle modifiche normative finalizzate ad accentuare il carattere selettivo dell’anagrafe è lunga più di un decennio. Ciascun intervento normativo è stato specificatamente indirizzato all’esclusione dai registri anagrafici di alcune persone con particolari caratteristiche.

 

Foto di Max Cavallari dall’archivio Dinamopress

 

Si pensi, a titolo di esempio, al contenuto del cd. decreto Lupi del 2014, secondo il quale è escluso dalla residenza chi occupa in maniera «abusiva» e «senza titolo» un immobile, e all’esclusione dall’anagrafe dei richiedenti asilo in ragione del cd. decreto sicurezza del 2018, successivamente oggetto di dichiarazione di incostituzionalità da parte della Consulta.

Più in generale, l’opera di Gargiulo si dispiega attraverso un costante doppio movimento: dalla puntuale descrizione della normativa, delle procedure e delle prassi attraverso le quali agiscono i dispositivi amministrativi di inclusione, esclusione e differenziazione all’analisi dei caratteri generali di tali dispositivi e viceversa.

 

Pensare l’ambivalenza

Appartenenze precarie si presta a molteplici usi. È innanzitutto un antidoto contro ogni lettura semplicistica delle «politiche della residenza». Fin dal sottotitolo, «la residenza tra inclusione ed esclusione», è segnalata la profonda ambivalenza che accompagna, senza sosta, le prassi anagrafiche. Le procedure applicate in sede di iscrizione anagrafica, infatti, non sono niente affatto neutre. Al contrario, la residenza è uno dei campi nei quali alcuni soggetti fanno diretta esperienza del carattere irrimediabilmente selettivo del diritto.

 

È opportuno, in una prospettiva critica, rivendicare il diritto generalizzato alla residenza, senza ulteriori specifiche? La risposta è meno immediata di quanto si possa ritenere.

 

L’opera di Gargiulo, infatti, permette di mettere accuratamente a fuoco il doppio volto della residenza. Il conseguimento dell’iscrizione anagrafica determina «il diritto a esercitare altri diritti» (p.140) che afferiscono nei fatti – e a volte in controtendenza rispetto al puntuale contenuto della normativa –, a titolo di esempio, alla sfera sanitaria, sociale, formativa e lavorativa.

Se la dimensione della residenza fosse tutta qui – nel costituire la porta d’accesso all’esercizio dei diritti – si potrebbe senza dubbio richiedere, a gran voce e senza troppi dubbi, che ogni persona abbia effettivamente il diritto all’iscrizione anagrafica. Viceversa, la gestione dell’anagrafe e la sua stessa esistenza sono segnati da una strutturale ambivalenza che è molto importante mettere a fuoco anche quando – in una dimensione tattica o strategica – ci si mobilita per il diritto alla residenza.

 

Foto dall’archivio Dinamopress

 

«Chi difende l’idea che l’anagrafe debba rendere gli individui quanto più possibile visibili in senso amministrativo è mosso da intenzioni che possono essere differenti e non necessariamente compatibili tra loro. Ottenere una rappresentazione accurata della popolazione materiale serve a monitorare il territorio e chi lo abita in maniera capillare, così da tutelare la sicurezza civile delle persone e delle proprietà facilitando la prevenzione e la repressione di crimini di vario tipo.

 

Ma può servire anche a consentire una redistribuzione più efficace delle risorse e un esercizio più completo dei diritti, consolidando la sicurezza sociale» (p. 201).

 

Rivendicare il diritto alla residenza è un’arte a suo modo complessa e Appartenenze precarie è un invito a maneggiarla con consapevolezza e cura.

 

Come stanno i confini?

Appartenenze precarie, in ultimo, è attraversata da un ulteriore doppio movimento. L’iscrizione anagrafica è analizzata alla luce delle politiche complessive di controllo e gestione dei confini. La tendenza alla differenziazione – una delle macro caratteristiche delle attuali politiche migratorie – è puntualmente rintracciabile, con le opportune lenti, nelle prassi attuate negli uffici anagrafici. Nella gestione dell’anagrafe risuonano le tensioni che attraversano, più in generale, l’articolato universo dei confini.

 

L’opera di Gargiulo, da questa prospettiva, è un invito a leggere le politiche della residenza pensando al funzionamento dei confini.

 

È possibile compiere anche il movimento inverso. Una ricognizione puntuale, al contempo politica, sociale e giuridica sul funzionamento dell’anagrafe consente di acquisire elementi imprescindibili per comprendere, in maniera più complessiva, qual è lo stato di salute dei confini.

Oltre ogni lettura bidimensionale o estetizzante del confine, l’analisi delle politiche della residenza consente di cogliere le specifiche caratteristiche dei confini e una loro più puntuale collocazione: non ai margini della società ma al centro della sua dimensione sociale, economica e politica.