Il castello di via Arenula

“Dal castello di via Arenula la metropoli ci dice, ora, che ogni luogo dell’abitare metropolitano diviene privato. Cosa loro. Da cui cacciare chi osa uscire da percorsi prestabiliti. Sarà così anche per le strade”.

Roma #14N primo pomeriggio scappi per via Arenula. Solo dopo due giorni scopri, da un filmato girato con un telefonino da una finestra di un ufficio, che il gas dei lacrimogeni caduto davanti a te non è il risultato di lanci a “cucchiaio”, ma, come apprendi dalla voce interdetta di chi quel video ha girato: “dall’alto !! glieli lanciano dal Ministero!!”.

Come dagli spalti di un castello, dalla stanze sopra quella del castellano ( il ministro) trasformate in feritoie, vengono sparate ogive tossiche. Verso il selciato o, poteva capitare, verso qualche testa. Solo che a questo castello del Signore e dei suoi vassalli nessuno aveva appoggiato testuggini o scale né lanciato corde uncinate.

A Roma #14N, come stava accadendo in altre città capitali d’Europa, s’intendeva portare il diritto di manifestare nel luogo delle decisioni.Averlo voluto impedire carica la gratuita e sfacciata violenza con il preciso progetto di annientare ogni possibile luogo dello spazio pubblico cittadino.

Questo è accaduto a Roma #14N primo pomeriggio. In quei medesimi luoghi a ridosso del tessuto rinascimentale della città. Dove Roma si è costruita, esaltando il rapporto tra edifici e strada, quale luogo pubblico per eccellenza; dove lo spazio esterno, fatto di strade e piazze, è diretta conseguenza delle forme architettoniche che, a loro volta inserite in una plasticità diffusa, estendono all’esterno dei propri muri i propri ritmi, le proprie misure, le proprie proporzioni.

Palazzi e case che con le loro facciate parlano alla città. Riuscendo a farlo da oltre cinque secoli anche quando, è il caso di via Arenula, un intero tessuto viene distrutto e con esso due chiese (1880) per collegare il fiume con largo Argentina e marcare questo asse che si prolungherà oltre il Tevere con un nuovo ponte (1988), con un nuovo palazzo del potere: il ministero di Grazia e Giustizia.

Un edificio tuttavia realizzato solo nei primi anni venti del secolo successivo posto a chiudere lo spazio rinascimentale come un ingombrante catenaccio rivestito da un bugnato a punta di diamante.

Che ora, con il lancio degli ordigni dalle sue alte finestre, assume anche visivamente nell’immaginario costruito dagli accessi a quel video la volontà di segnare la fine della città nata intorno allo spazio pubblico della piazza, dei luoghi dell’abitare.

Dal castello di via Arenula la metropoli ci dice, ora, che ogni luogo dell’abitare metropolitano diviene privato. Cosa loro. Da cui cacciare chi osa uscire da percorsi prestabiliti. Sarà così anche per le strade. Come già succede per le case, i luoghi del commercio, della mobilità, dello svago, della formazione.

Tutto assume la connotazione che si vuole imporre intervenendo sulle vite dei suoi abitanti: togliendo,tagliando, annettendosi la vita di tutti noi. Ricorrendo alla paura dopo aver registrato che non regge l’immagine securitaria che sarebbe dovuta esserne l’antidoto.

Il fuoco dagli spalti, aldilà delle promesse di inchiesta sulle responsabilità dei singoli espresse ora dalle ministre, sembra dirci che l’immagine delle telecamere che ci riprendono ovunque, delle sbarre che circondano parchi e giardini, senza dimenticare i sagrati delle chiese, accessi controllati per entrare negli spazi più disparati, non è più sufficiente.

Vogliono concederci solo piccoli controllati spostamenti per ricacciarci in luoghi in cui catturarci e destinarci a contrarre ovunque debiti prestiti sotto qualunque forma.

Eppure il progetto per una nuova metropoli è iniziato. Ed è iniziato proprio da come era partita la fondazione urbana. Lo spazio pubblico la “ civitas “ il luogo del riconoscersi stessa comunità e della decisione è tornato a vivere. Le piazze sono state occupate e sono tornate ad assumere il ruolo fondamentale che avevano avuto. Reali spazi pubblici.

E il #14N deve essere ricordato anche come data della fondazione della nuova metropoli europea, i ragazzi giovanissimi che hanno riempito le strade d’Europa hanno aperto le sbarre dei recinti nei quali intendevano rinchiuderci .