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Il canto di Riace

Lina e il canto del mare pubblicato da Mesogea edizioni e vincitore del Premio Malerba per l’albo illustrato 2018 classificandosi terzo, è un libro sull’immaginario che prende a prestito la letteratura dell’infanzia ma guarda ai sogni collettivi. Osa portare la convenzione del «c’era una volta» su sentieri in cui pochi autori per bambini hanno rischiato di addentrarsi. Le autrici Flora Farina e Laura Riccioli trasformano il tempo dell’imperfetto, usato dai bambini per prendere le distanze dal mondo reale, nell’esplicito sostegno al sindaco Domenico Lucano di Riace, situando questo racconto tra il vero per davvero e il vero per gioco.

Ispirato all’esperienza vissuta dagli abitanti dei comuni di Badolato e di Riace e dall’esempio del primo cittadino di quest’ultimo paese nell’accoglienza dei migranti, questo racconto confonde e inganna chi vuole rendere le fiabe innocue: nell’ambito volutamente favoloso, distaccato, surreale, severamente censurato che possiede di solito la letteratura per l’infanzia, sfogliando le pagine di questo lavoro si sente l’eco persuasiva, molesta e contradditoria dei problemi dell’attualità.

 

 

La protagonista è Lina, una bambina di sette anni con una voglia a forma di cuore sotto l’occhio sinistro che vive con Gelsomina, sua nonna, a Riace, piccolo «paese fatto di case antiche, strade strette, piazze larghe e vicino al mare» con tante case vuote perché chi le abitava è emigrato, come i genitori di Lina.

In questa storia i problemi di oggi, i sogni, i condizionamenti, gli incubi, le ansie e i turbamenti della nostra società diventano immediatamente permeabili allo sguardo dei più piccoli grazie a quell’unica bimba di Riace senza amici con cui giocare, perché tutti partiti. Fino a quando, nel bel mezzo di una notte tempestosa, da una nave mal in arnese che solca il mare grosso sbarcano uomini, donne, bambini, «sorelle, fratelli, madri e padri».

Il sindaco Domenico Lucano prende in mano la situazione, con trepidazione fa gli onori di benvenuto e, di fronte a chi domanda il da farsi, consegna ai nuovi arrivati le chiavi delle case vuote e accoglie chi ha viaggiato a lungo come viaggiano, da sempre, le favole che trasvolano come un polverio disperse sulle orme degli uomini. Il sindaco, inoltre, si adopera per far riaprire negozi e botteghe dove si riscoprono i mestieri e gli artigiani da una parte e dall’altra del mare. Un libro che è un documento storico per immagini: tra accoglienza, immigrazione, emigrazione, lavoro, amicizia i personaggi riflettono le utopie in cui il nostro tempo ha trovato rifugio. Tra le sue ampie illustrazioni si scopre come quasi tutto ciò che il nostro mondo contiene oggi, lo si può trovare ripugnante; basta mutare il punto di vista, basta guardare con gli occhi di Lina per scoprire come quello che sta succedendo oggi lo si può perfino odiare. Odiare perché incomprensibile, come lo è la solitudine. Come incomprensibile è l’arresto di quel sindaco sognatore che ha deciso che quel sogno poteva diventare vero. Incomprensibile come il razzismo delle istituzioni.

È il racconto su un sogno diventato vero, ma che la realtà adesso vuole cancellare; proprio per questo Lina e il canto del mare è da leggere, per rinegoziare quanto sta avvenendo in questi tristi giorni. Le sue pagine sono un serbatoio di possibilità a tutela del pericolo che tale possibile venga estromesso dalla nostra realtà. I recenti fatti di cronaca sembrano infatti aver trasfigurato questo favola in una lontana immagine ricordata, seppur chiaramente, ma immersa nella luce assurda dalle misteriose e inquietanti ombre.

Di questa narrazione disallineata alla realtà, testarda quanto tenera, naturalmente di parte, le tavole di Laura Riccioli non vogliono necessariamente persuadere, esporre, spiegare; piuttosto istigano a una presa di posizione. Il colore che emerge dal segno deciso simile al cupo e torvo vigilare del ministero dell’interno, rendono le immagini sempre in movimento, sempre indaffarate a confabulare con la realtà, introducendo il lettore a un pensiero che non si può arrestare. Ci ricordano che per mantenere in vita l’immaginazione bisogna essere forti come i bambini che giocano con il tempo e la storia, ridendo tra gli scenari refrattari alla realtà, nelle molteplici possibilità che essa può contenere.