ROMA

Il Brancaleone non chiude!

Lo spazio sociale di via Levanna è ancora una volta sotto attacco. Nonostante dal 2019 abbia ripreso le sue attività organizzando centinaia di eventi culturali e sociali, l’amministrazione comunale non ha regolarizzato l’assegnazione e adesso il Brancaleone rischia di essere chiuso. Ma gli attivisti non intendono arrendersi e continueranno a lottare «Per farne uno spazio del comune e del possibile».

Siamo nel quartiere di Montesacro a Roma, dove a partire dal 1920 nasce “Città Giardino Aniene” su progetto di Gustavo Giovannoni. Sono gli anni in cui si diffondono le teorie urbanistiche di Howard, che nascono con l’obiettivo di decongestionare le grandi città, creando nelle aree esterne città satelliti immerse nel verde. Ai bordi della valle in cui scorre il fiume Aniene prende forma il quartiere destinato al ceto medio dei dipendenti pubblici e dei professionisti che abitano nei villini realizzati secondo lo stile conosciuto come “barocchetto romano”. Contemporaneamente vengono realizzati dall’ICP alloggi popolari in edifici di edilizia semintensiva. Fino agli anni ’50 il quartiere conserva la sua immagine, poi con la grande espansione edilizia degli anni ’60 si densifica per la costruzione di numerose palazzine e diventa come lo vediamo oggi.

È in questo quartiere che a febbraio del 1990 nasce il Centro Sociale Autogestito Brancaleone con l’occupazione di un immobile inutilizzato da più di dieci anni di proprietà dell’amministrazione comunale. Lo spazio viene regolarmente assegnato nel 1996 e il canone di affitto è ridotto per le attività sociali no profit che si svolgono nella struttura, fino a quando nel 2016 la giunta Marino a seguito della famigerata Delibera 104/2015 stabilisce che i canoni vanno adeguati ai prezzi di mercato e pretende anche il pagamento degli arretrati. Per il Brancaleone, come per tutti quelli che utilizzano spazi di proprietà dell’amministrazione, è il segnale che ci si vuole sbarazzare di loro, in attesa di un nuovo regolamento per l’assegnazione del patrimonio comunale.

Nel dicembre 2016 il Brancaleone viene sequestrato, i sigilli posti per l’accusa di morosità pongono fine a un’esperienza durata più di 25 anni. Iniziano così due anni di battaglie legali che portano finalmente al dissequestro della struttura e alla restituzione ali assegnatari.

Il 22 febbraio 2019 il Brancaleone riparte. Riapre nel giorno della commemorazione di Valerio Verbano, il ragazzo ucciso da un commando neofascista il 22 febbraio 1980, ricordato ogni anno dal tradizionale corteo che inonda le strade del Tufello e di Montesacro.

Da allora lo spazio è stato recuperato grazie al lavoro volontario degli attivisti. Ha ospitato centinaia di eventi, di presentazioni di libri, spettacoli teatrali, proiezioni cinematografiche, concerti, attività sociali aperte al quartiere, tutti gratuiti o con prezzi accessibili. Nonostante tutto questo e il continuo dialogo con le istituzioni locali per ottenere la regolarizzazione, non è stato possibile ottenere la riduzione del canone prevista per le attività a scopo sociale, continuando a considerare il Brancaleone un’attività commerciale come tante.

A luglio è stato sferrato l’ennesimo attacco. È stata annullata la Scia che autorizzava il servizio di somministrazione e spettacolo organizzate come circolo Arci e consegnato l’ordine di demolizione per tutte le volumetrie che insistono nell’area esclusa la palazzina originaria. Cosa curiosa perché per tutte quelle volumetrie accessorie di proprietà comunale, evidentemente abusive, il comune ha preteso fino a oggi l’affitto!

Cosa faranno ora gli attivisti del Brancaleone lo scrivono in un comunicato: «Abbiamo passato gli ultimi anni affrontando ogni tipo di difficoltà, sempre nell’incertezza e nella precarietà sul futuro della nostra esperienza. Cosa dovremmo fare ora? Fermarci? Interrompere le attività, i laboratori, i momenti di aggregazione e cultura? La risposta è semplice: non lo faremo. Quando la legalità diventa solo un randello con cui mortificare la vitalità di quello che si muove nella società, cancellando l’impegno e il protagonismo di centinaia di persone, siamo disposti a disobbedire».

Se non sarà trovata una soluzione c’è il grosso rischio che quello spazio torni a essere uno dei tanti vuoti abbandonati che popolano la città, mentre potrebbe essere l’occasione di sperimentare una diversa gestione del patrimonio pubblico per creare luoghi di cultura e attività sociali che arricchiscano la collettività. «Per farne uno spazio del comune e del possibile».

Immagine di copertina di Patrizia Montesanti, ottobre 2023, corteo Sarà una bella lotta, in difesa di Spin Time