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MONDO

Geopolitica della Conmebol: la Coppa America in Brasile

Stasera si terrà la finale della Coppa America tra Brasile e Argentina al Maracanà di Rio de Janeiro. Giocata in piena pandemia, questa edizione della competizione mostra come la posta in palio, più che i soldi dei diritti televisivi, è la continuità e l’espansione di un modello di organizzazione sportiva internazionale, e l’accumulazione di potere in America Latina

La Coppa America 2020 si è tenuta in Brasile nel 2021. Annunciato dalla Confederazione Sudamericana del Calcio – Conmebol, tra le polemiche sollevate a livello continentale dall’ostinazione delle autorità calcistiche sudamericane nel voler svolgere la competizione nonostante la crisi sanitaria locale, ancora lontana dall’essere passata.

Cocciutaggine dimostrata anche in altre circostanze recenti, come quando la prima squadra del River Plate è stata costretta a giocare la partita di Coppa Libertadores, uno dei tornei continentali organizzati dalla Conmebol, nonostante avrebbe dovuto schierare un centrocampista infortunato come portiere e non avendo sostituti a causa di un’epidemia di coronavirus nella squadra.

O come quando i lacrimogeni invasero i campi da calcio colombiani nel bel mezzo della repressione poliziesca durante lo sciopero nazionale nei pressi degli stadi dove si continuava a giocare. La fretta di organizzare la Copa America, pittosto che i tornei continentali, risponde ovviamente a un’esigenza economica, anche se non è l’unica e non necessariamente la più importante.

Conti in sospeso

La Conmebol ha delle spese e nell’anno e mezzo in cui il continente ha vissuto le limitazioni a causa della pandemia, è diventato più difficile sostenerle. Per l’anno 2021, ad esempio, la Conmebol distribuirà 168 milioni di dollari di premi tra le squadre che partecipano alla Copa Libertadores, e altri 157 milioni tra quelle che si contendono quella continentale. Nel 2017, la Conmebol ha sottoscritto un contratto con il gruppo IMG-Perform affidandogli l’appalto per la vendita e il post-vendita dei diritti televisivi di tutte le competizioni per il periodo 2019-2022, per un minimo garantito di 1,4 miliardi di dollari distribuiti in 350 milioni l’anno. A questo vanno aggiunti circa 35 milioni degli sponsor, che investono in blocco in tutti i tornei annuali della confederazione.

Ma un evento come la pandemia di Coronavirus non solo mette a rischio l’adempimento di questi contratti, ma aumenta anche le spese della Conmebol. I suoi associati, cioè le 10 federazioni calcistiche sudamericane, sono andate incontro a spese extra per sostenere molti dei loro club, soffocati da debiti, pagamenti e stipendi e con entrate ridotte a causa della sospensione dei tornei.

La Conmebol ha sborsato circa 95 milioni di pesos argentini [circa 835.000 € – ndt] per dare un respiro al calcio sudamericano. Inoltre, alcune società di comunicazione, come O’Globo in Brasile, hanno chiesto l’applicazione delle clausole di rescissione dei contratti televisivi in vista della sospensione delle partite della Coppa Libertadores e della Coppa Sudamericana nel 2020. Una macchina perfettamente oliata, ma che da ferma non funziona. La necessità di far quadrare i conti, garantire lo svolgimento delle partite per poterle trasmettere in televisione e far ripartire l’ingranaggio del calcio è, sotto tutti gli aspetti, impellente.

L’organizzazione traballante della Copa America in Brasile risponde in parte a questo bisogno. Nell’edizione del Centenario della Coppa America del 2016, giocata negli Stati Uniti, la Conmebol realizzò un incasso record di 500 milioni di dollari. Per questa edizione, che doveva svolgersi nel 2020 in Argentina e Colombia, i diritti televisivi sono stati assegnati a Univisión, rete televisiva statunitense per il pubblico di lingua spagnola di proprietà della messicana Televisa, per circa 180 milioni di dollari. Contratti già firmato per un torneo che doveva giocarsi un anno fa e che non ha nessuna possibilità di essere ricalendarizzato vista la vicinanza della Coppa del Mondo in Qatar nel 2022.

(Rio de Janeiro – RJ, 07/07/2019) Presidente da República, Jair Bolsonaro, e o Presidente da Confederação Sul-Americana de Futebol (CONMEBOL), Alejandro Domínguez, durante entrega da premiação da Copa América 2019..Foto: Clauber Cleber Caetano/PR

Il potere del calcio sudamericano

Di fatto, la Conmebol nasce a partire dall’organizzazione di una Copa America. L’iniziativa fu del governo argentino che, per celebrare il centenario dell’indipendenza, organizzò nel 1916 un torneo di calcio tra le federazioni di Uruguay, Brasile, Argentina e Cile. Fu il primo torneo internazionale di calcio al mondo e portò le federazioni dei paesi che vi parteciparono a fondare una confederazione che desse continuità all’esperienza. Da questo lavoro associativo internazionale prese vita, tra l’altro, la prima Coppa del Mondo di calcio, giocata in Uruguay nel 1930.

Erano i tempi del modello delle confederazioni sportive guidate da filantropi eccentrici e conservatori, insegnanti, professori ed ex atleti dediti ad honorem al compito di diffondere i valori dello sport, che di fatto durò fino agli anni ‘70. Nel caso della FIFA, la rottura avvenne nel 1974 con l’elezione a presidente dell’imprenditore brasiliano João Havelange. Da allora, ha iniziato a consolidarsi il modello imprenditoriale di espansione degli interessi calcistici incentrato sulle attività dei dirigenti.

Havelange incluse quante più federazioni possibili, specialmente delle regioni più instabili e remote del mondo. In America Latina ebbe l’appoggio di Teófilo Salinas, presidente peruviano della Conmebol dal 1966 al 1986, che realizzò persino un tour in Asia e Africa per ottenere i voti che consentirono ad Havelange di raggiungere la presidenza della FIFA. In Sud America, questo cambio di visione coincise con il cambio del nome del torneo per squadre nazionali, che nel 1975 da Campionato Sudamericano prese il nome attuale di Copa América.

È da questo momento che ha cominciato a delinearsi questo modo di operare, strettamente legato all’azione dei presidenti delle organizzazioni sportive internazionali, trasformati in agenti del sistema internazionale, depositari di un potere derivato dal mercato nascente ma soprattutto dai legami che lo sport andava tessendo con le élites dei paesi coinvolti.

Da questo momento, le azioni dei padroni del calcio internazionale divennero un elemento importante, anche se non del tutto decisivo, nello sviluppo dell’attività sportiva ed è per questo che il Sud America prese in considerazione la necessità di rafforzare la propria “Agenzia”, la Confederazione.

La Conmebol si è rafforzata come istituzione e attore a livello regionale verso la fine degli anni ‘90, sotto la presidenza del paraguaiano Nicolás Leoz, rieletto per sei mandati consecutivi fino al 2013. Leoz ha ben interpretato il nuovo ruolo di attore senza stati alle spalle inaugurato da Havelange e continuato dallo svizzero Blatter, realizzando tournée e incontri in giro per il mondo per dare lustro al calcio sudamericano. Nel 2009,è arrivato a celebrare l’inaugurazione del Museo del Calcio della Conmebol insieme alla principessa giapponese Hisako Takamado.

Una delle questioni fondamentali da risolvere aveva a che fare con la struttura giuridica aziendale, che doveva costituirsi in uno stato sudamericano per essere sottoposta alla sua giurisdizione ed essere in grado di ampliare le possibilità di costruire relazioni e contratti. La FIFA, il Comitato Internazionale Olimpico e molte altre organizzazioni sportive internazionali lo avevano fatto in Svizzera, approfittando della permissività del suo diritto amministrativo e dell’opacità del suo sistema bancario.

Sotto la guida di Leoz, la Conmebol scelse una sede e un territorio dal quale dispiegare le proprie relazioni. Nel 1990 fu scelta ufficialmente Asunción, capitale del Paraguay, dove si era appena conclusa la lunga dittatura del generale Alfredo Stroessner [1954-1989 – ndt], si costruivano una nuova costituzione, nuove istituzioni e i settori del potere riconfiguravano i propri rapporti senza perdere il controllo della terra e dell’industria.

Il Paraguay non era esattamente un paese modello nel mondo del calcio. Quando fu il suo turno di organizzare la Copa America nel 1924 e nel 1953, non poté fare gli onori di casa per via della mancanza di infrastrutture. Alla fine, quelle competizioni furono organizzate dalla Federazione Calcio del Paraguay ma si svolsero in Uruguay e Perù, e la prima Copa America giocata in Paraguay venne giocata soltanto recentemente nel 1999. La designazione di Asunción come sede permise alla dirigenza del calcio sudamericano, guidata da qualcuno che conosceva molto bene i meccanismi, le élites e le forme locali di costruzione del potere, di affermarsi anticipando quella ristrutturazione generale che la primavera democratica sembrava lasciar intravedere.

Una Conmebol “paraguaiana”

Tecnicamente, la Conmebol è un’associazione senza scopo di lucro regolata dal Codice civile paraguaiano e dalla Legge sullo Sport del Paraguay. Non è regolamentata dal diritto internazionale né si tratta di un’organizzazione internazionale, in quanto composta da federazioni sportive e non da singoli stati. Il suo potere di trattativa con le istituzioni pubbliche non è de jure, ma piuttosto de facto. La Conmebol, infatti, dovrebbe essere soggetta all’autorità delle leggi locali nei luoghi in cui svolge le proprie attività, però anche questo solitamente è oggetto di trattativa.

Oppure a volte le leggi che riguardanola Conmebol sono fatte ad hoc. La Legge 1070 del 19 giugno 1997, del Parlamento della Repubblica del Paraguay, concedeva alla sede del Conmebol (che all’epoca doveva ancora essere ultimata) la stessa immunità di qualsiasi altra sede diplomatica e riconosceva lo svolgimento di funzioni internazionali per i suoi funzionari.

In un’intervista al quotidiano Olé, lo stesso Leoz commentava i dietro le quinte di quella decisione: «La Copa America in Bolivia si è giocata nel 1997, mi sono ammalato e sono rimasto ricoverato in Bolivia. Un giorno, il Presidente della Repubblica Juan Carlos Wasmosy [1993-1998 – ndt] è venuto a trovarmi in ospedale e gli ho chiesto cosa ne pensasse dell’immunità… E lui mi ha detto: «Convinci la Camera dei Senatori e dei Deputati e io ti firmo il decreto». Poi ricordo che mi dissero che avrei avuto il privilegio di guidare auto d’importazione… Ma non ho visto nemmeno un bullone». Un aneddoto che descrive perfettamente le forme che assume l’esercizio del potere in contesti come quello della Conmebol.

Oltre all’azione del presidente e dei funzionari, bisogna guardare alle decisioni del calcio sudamericano dal punto di vista del Paraguay: un paese che non può competere con le capacità industriali e diplomatiche dell’Argentina o del Brasile, ma che rappresenta sicuramente l’asse della politica sportiva sudamericana.

Un ambito il cui apporto al potere “forte” degli Stati è limitato, ma sul quale ogni governo aspira ad avere una qualche forma di controllo. Il calcio a livello globale è uno strumento per la costruzione del soft power, una forma per accrescere l’influenza o l’attrattiva internazionale.

Gli scandali delle tangenti pagate durante le riunioni per l’assegnazione delle edizioni dei Mondiali del 2018 edel 2022 ne sono soltanto un pallido riflesso. Questa è una carta che il Paraguay ha saputo giocare. Il Centro Congressi della Conmebol di Luque, nella Gran Asunción [nome dell’Area Metropolitana di Asunción – ndt], è stata la sede di incontri internazionali e riunioni diplomatiche (più o meno informali) importanti per la politica paraguayana e latinoamericana.

La designazione del Brasile ai tempi supplementari per questa Copa America, oltre a una grossa quota di opportunismo da parte delle autorità della Federazione brasiliana e del governo di Jair Bolsonaro, ha anche un evidente rapporto con cosa significhi guardare al continente dal Paraguay.

Dal disastro della Guerra della Triplice Alleanza (1864-1870) nella quale Argentina, Brasile e Uruguay (sotto l’egida del Regno Unito) riuscirono a schiacciare il progetto di sviluppo nazionale di José Gaspar Rodríguez de Francia y Velasco e del maresciallo Francisco Solano López [rispettivamente ex-dittatore e 2° Presidente del Paraguay – ndt], legando a doppio filo il destino delle relazioni estere di Asunción a quelle di questi tre paesi.

La Triple Frontera [Triplice Frontiera, area di confine tra Argentina, Brasile e Paraguay – ndt] è un’area geopolitica chiave per l’America Latina, e i principali accordi di cooperazione del Paraguay riguardano la produzione energetica e l’approvvigionamento idrico che condivide con Argentina e Brasile.

La creazione del Mercosur, il cui atto costitutivo venne firmato proprio ad Asunción, ha marcato ancora di più questa caratteristica del posizionamento internazionale del Paraguay. Un’organizzazione la cui dirigenza è così marcatamente legata alle vicissitudini delle classi dirigenti del Paraguay, e che lì ha anche la sua sede legale, non può non muoversi nella stessa sfera di relazione geopolitica. Venuta meno la candidatura dell’Argentina in un weekend di fuoco per la dirigenza della Conmebol, e sapendo che l’Uruguay non avrebbe accettato di ospitare la competizione, il Brasile era il partner più ovvio a cui rivolgersi.

Francisco Javier Gutierrez Zuñiga from San Pedro de la Paz, Chile

Un attore internazionale sudamericano

Sebbene l’Uruguay avesse chiarito fin dall’inizio che non fosse in grado di ospitare un torneo con 10 squadre e 28 partite, e ancor meno con così poco preavviso, il presidente uruguaiano Luis Lacalle Pou ha avuto un ruolo molto importante per far raggiungere alla Conmebol uno dei risultati che rimarranno tra i più importanti della sua proiezione geopolitica: la consegna di 50.000 vaccini della società Sinovac Biotech Ltd provenienti dalla Cina e prodotti esclusivamente per la Confederazione del Calcio Sudamericano.

Così come le relazioni internazionali del Paraguay hanno consolidato la proiezione della Conmebol verso il Cono Sud, anche le sue limitazioni possono incidere sulle possibilità della massima entità calcistica. All’inizio dell’anno, quando era già chiaro che per l’avvio dei tornei in Sud America sarebbero state necessarie misure sanitarie forti, la Conmebol ha iniziato a sondare la possibilità di acquisire vaccini per immunizzare tutte le squadre della Copa America e garantire così uno svolgimento “sicuro”.

Però un mercato globale dei vaccini non esiste: le aziende e i privati non possono acquisirli senza la rappresentanza di uno stato nazionale e gli unici vaccini accessibili nei tempi e nelle forme richieste dalla Conmebol provenivano dalla Cina. Tuttavia, il Paraguay è l’unico paese della regione che riconosce ancora la Repubblica di Cina, o Taiwan, e la politica di una Cina unita da sempre auspicata da Pechino limita tutti i rapporti con quei Paesi che riconoscono la sovranità della “provincia ribelle”, come la considera il governo cinese.

Chi è venuto in aiuto della Conmebol è stato il presidente uruguaiano:è stato Lacalle Pou a mediare affinché la Copa America avesse infine i suoi vaccini, che di fatto sono arrivati a Montevideo. «Questo rappresenta uno spartiacque nelle relazioni tra la Cina e la Conmebol in generale e tra la Cina e la Copa America in particolare», ha proclamato con entusiasmo l’ambasciatore cinese in Uruguay, Wang Gang alla consegna delle dosi di vaccino. La Conmebol è diventata così il primo ente non statale ad acquisire vaccini contro il Covid-19 in America Latina.

Il rapporto tra la Conmebol e gli stati sudamericani può essere letto anche alla luce di un problema globale, ovvero la tensione tra gli ordinamenti giuridici locali e le esigenze delle federazioni sportive internazionali per le loro attività.

Le organizzazioni sportive internazionali non sono più semplicemente associazioni che si dedicano all’organizzazione di eventi sportivi negli Stati di appartenenza delle federazioni associate. Dispongono di un proprio quadro normativo, di propri tribunali disciplinari e di norme che in molti casi vengono imposte nel territorio in cui agiscono al di sopra di quelle che regolano l’ordinamento giuridico locale.

In generale, le associazioni sportive internazionali sono soggette alla legislazione degli Stati in cui svolgono la loro attività. Cioè, come regola generale è lo Stato, attraverso le sue leggi, la disponibilità di infrastrutture e le sue decisioni, adintervenire sulle attività sportive, e non viceversa.

Nel caso dei Giochi Olimpici, il CIO richiede addirittura la firma di un contratto con lo Stato organizzatore previa modifica di quelle leggi che possono entrare in conflitto con il regolamento sportivo. Nella maggior parte dei casi mediante un tacito e ovvio accordo. Sarebbe il colmo dell’assurdo se un giudice federale argentino aprisse un caso contro un arbitro per un gol ingiustamente annullato in una partita di Coppa Libertadores giocata nel suo paese. Ma in altri casi si tratta di zone grigie nelle quali il potere di “agenti e agenzie” del mondo dello sport si materializza in decisioni che distorcono o eccepiscono da ciò che gli stati impongono. La continuità delle partite della Conmebol 2021 in barba alle restrizioni può essere letta sotto quest’ottica.

L’esclusione è lo strumento principale attraverso il quale le federazioni sportive cercano di compensare questa asimmetria: escludere uno Stato dall’organizzazione di un torneo, o minacciare di farlo, può servire all’organizzazione sportiva (in questo caso la Conmebol, ma la pressione diventa molto più forte quando si arriva alla FIFA o al CIO) per invertire le posizioni.

(Rio de Janeiro – RJ, 07/07/2019) Presidente da República, Jair Bolsonaro, e o Presidente da Confederação Sul-Americana de Futebol (CONMEBOL), Alejandro Domínguez, durante entrega da premiação da Copa América 2019..Foto: Clauber Cleber Caetano/PR

Trasparenza e oscenità

«L’attuale Conmebol sembra essere più trasparente, ma forse più oscena», ha scritto recentemente Ezequiel Fernández Moores [giornalista sportivo argentino, ha scritto anche su “Il Giorno” – ndt] in un articolo per il quotidiano argentino La Nación, un ottimo riassunto di come si è comportata la Confederazione dopo lo scandalo Fifa Gate del 2015.

Quell’evento ha marcato un prima e un dopo per il calcio sudamericano. Tra i principali accusati dal sistema giudiziario statunitense di aver costruito una vasta rete di corruzione internazionale c’erano lo stesso Nicolás Leoz, l’uruguaiano Eugenio Figueredo, presidente della Conmebol tra il 2013 e il 2015, il paraguaiano Juan Ángel Napout, che gli successe alla guida per alcuni mesi nel 2015, l’ex presidente della Federazione Calcio Brasiliana, José María Marín e il capo della Federazione Venezuelana, Rafael Esquivel.

Nell’aprile di quest’anno è arrivata anche la notizia di un procedimento nei confronti di Ricardo Teixeira, ex-genero di Joao Havelange espulso dalla Conmebol nel 2012. Per permettere alla polizia di poter svolgere le perquisizioni e il sequestro di documenti che provassero la trama di corruzione, nel 2015 il Parlamento del Paraguay ha abrogato la legge che concedeva l’immunità diplomatica alla sede e ai funzionari della Confederazione.

Nel 2016 Alejandro Domínguez, uomo d’affari paraguaiano, membro del consiglio di amministrazione del Club Olimpia [squadra di calcio di Asunción, la più blasonata del Paraguay – ndt] e proprietario di diversi media del paese, è stato eletto come nuovo presidente della Conmebol.

La presenza,in seno alla Conmebol,del dibattito storico pubblico del Paraguay si può osservare anche in questo aspetto. Il quotidiano locale “La Nación”, di proprietà di Domínguez, ha organizzato una vera e propria guerra mediatica contro il suo principale concorrente ABC Color, di proprietà della famiglia Zuculillo, le cui banche sono state utilizzate da Leoz e dai suoi complici per trasferire il denaro sottratto alla Confederazione. Alejandro è il figlio di Osvaldo “el tigre” Domínguez Dibb, facoltoso dirigente di calcio paraguaiano proprietario di un importante gruppo imprenditoriale costruito con l’aiuto del governo Stroessner e padre padrone del calcio paraguayano che non ha mai nascosto il suo fervente appoggio al dittatore.

Finora, Domínguez ha portato avanti una gestione finanziaria ordinata e ha fatto tutto il possibile per riabilitare la Conmebol a livello internazionale. Dal suo arrivo è riuscito a recuperare 50 degli oltre 200 milioni di dollari sottratti alle casse della Confederazione che erano finiti nei conti correnti di ex-funzionari delle federazioni calcistiche locali e, soprattutto, dei loro eredi.

Nel mondo del giornalismo sportivo sono in molti quelli disposti a garantire che l’obiettivo di Domínguez sia quello di diventare il secondo latinoamericano a guidare la FIFA. L’immagine e le relazioni costruite negli ultimi anni gli permettono di avere un discreto consenso per aspirare alla carica, ma la sospensione della Copa America 2020 genererebbe una serie di problemi che potrebbero nuocere alla sua carriera.

All’inizio di giugno di quest’anno, Domíngueznon è stato l’unico ad avere seri problemi. Rogério Caboclo, presidente della Federazione Calcio Brasiliana fino a pochi giorni fa, ha subito forti pressioni per due accuse di molestie sessuali da parte di una dipendente. Anche Jair Bolsonaro, indagato per negligenza di fronte alla pandemia di Covid-19 da una Commissione Parlamentare e contestato con cacerolazos, escraches [azioni mediatiche davanti le abitazioni dei diretti interessati – ndt] e manifestazioni di massa, aveva bisogno di un colpo di mano sull’attualità brasiliana.

Le relazioni tra la Conmebol e le autorità statali locali sono generalmente gestite dai dirigenti delle federazioni. Dopo aver confermato che l’Argentina non sarebbestata la sede di questa Copa America, Caboclo ha interpellato Bolsonaro nella notte del 30 maggio per capire se ci fosse la possibilità di far svolgere il torneo in territorio brasiliano e hanno trovato un accordo.

Il giorno seguente, la sessione plenaria del Consiglio della Conmebol, composta dai presidenti delle 10 federazioni, ha approvato all’unanimità innanzitutto di giocare la Copa America nonostante la pandemia e, nella stessa sessione, la proposta di disputarla in Brasile. Immediatamente sono cominciati anche gli allarmi in quel Paese, il secondo più colpito al mondo dalla pandemia di Covid-19, con quasi mezzo milione di vittime e una media giornaliera di oltre 60.000 casi.

Dopo l’annuncio ci sono state esclusioni di due tipi: da quei governatori che non volevano che le partite si svolgessero nel loro territorio, rimuovendo così dal calendario alcuni dei moderni stadi costruiti per i Mondiali di Calcio del 2016, ad altri considerati rivali politici di Bolsonaro, come il governatore di San Pablo Joao Doria, che sono stati privati direttamente della possibilità di organizzare qualsiasi partita per impedir loro di mettersi in mostra a spese del presidente. Così, a pochi giorni dall’inizio del torneo, le squadre sapevano a malapena in quale città avrebbero dovuto recarsi.

La Conmebol realizza così il suo obiettivo che va ben oltre la realizzazione di un torneo che le permetta di mettere in ordine i conti: è un progetto di consolidamento di un attore con evidenti aspirazioni geopolitiche, con capacità e legami stabili a livello internazionale e che in alcuni casi arriva più lontano dei governi stessi. Più che i soldi dei diritti televisivi, in questo tipo di eventi sono in gioco la continuità e l’espansione di un modello di organizzazione sportiva internazionale e anche l’accumulazione di potere in America Latina.

Articolo pubblicato originariamente in spagnolo su El Pais Digital,.

Traduzione di Michele Fazioli per DINAMOpress

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