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L’energia del conflitto sociale in Cile disegna una nuova mappa politica

Il Cile delinea un nuovo scenario politico per il 2021. I prossimi mesi saranno decisivi per concretizzare alcune delle istanze emerse durante più di un anno di rivolta, di estallido social. Un anno in cui il Cile, oltre a eleggere l’11 aprile la Commissione che redigerà una nuova costituzione, voterà a novembre anche per il rinnovo di consiglieri, sindaci, governatori e per il futuro presidente

«L’estallido social [letteralmente “esplosione sociale”, espressione utilizzata per definire le proteste del 2019 in Cile – ndt] ha segnato un prima e un dopo nella politica cilena, soprattutto per quanto riguarda il superamento delle istanze tradizionali di partecipazione politica», dice Manuela Royo, candidata elettorale, riassumendo il clima nel Paese sudamericano.

Le rivolte sociali che hanno avuto luogo in Cile per più di un anno sono state proteste di massa, senza leadership definite, che hanno rappresentato una rottura con la dittatura e con le forze della Concertación [Concertación de Partidos por la Democracia, coalizione di partiti socialdemocratici al governo in Cile dal 1990 al 2010, confluita poi in Nuova Maggioranza per le elezioni per il secondo mandato Bachelet nel 2013 – ndt] che avevano mantenuto in piedi, tra l’altro, una Costituzione redatta sotto il regime di Pinochet.

 

Questa “energia destituente” che si è espressa inizialmente nelle strade, ha definito le proprie richieste attraverso assemblee di quartiere e i cosiddetti “comizi auto-convocati”.

 

Una di queste era la necessità di un processo costituente aperto e paritario, al quale partecipassero nuovi attori politici e territoriali, come le comunità native o candidature indipendenti lontane dalle logiche dei partiti tradizionali.

Una questione non minoritaria, in un Paese in cui l’81% delle persone intervistate da un sondaggio di Data Influye ha espresso l’intenzione di votare per candidati indipendenti o provenienti dal mondo del sociale e non per i partiti politici.

 

“L’energia costituente”

Il processo costituente è iniziato con il controverso Accordo per la Pace Sociale e una Nuova Costituzione, preparato a porte chiuse dai partiti politici per cercare di chiudere la crisi politica e sociale che attraversava il Paese. Questo patto, con il quale si annunciava una consultazione cittadina per iniziare la stesura di una nuova costituzione, è stato criticato da parte della società cilena in quanto disattendeva una delle richieste più importanti della rivolta: un’Assemblea Costituente.

Nonostante questo, il plebiscito si è tenuto il 25 ottobre e la mozione di approvazione ha ottenuto una maggioranza decisa. Da quel momento, il Cile ha attraversato una rinnovata fase politica. In questi mesi sono nate nuove candidature, organizzazioni, alleanze tra diversi movimenti sociali per presentare candidature indipendenti e nuovi progetti comunali e regionali nei diversi territori del Paese.

 

 

Sebbene gli obiettivi siano diversi, molte delle candidature concordano sull’importanza di farla finita con uno Stato che antepone gli interessi privati ai bisogni della popolazione. «Vogliamo mettere fine allo stato sussidiario in cui viviamo, nel quale molte delle sfere della vita: la salute, l’abitare, l’istruzione o le pensioni sono alla mercé del libero mercato», spiega Royo.

Secondo Rodrigo Ruiz, del municipio popolare di Valparaíso, il processo costituente, a differenza di altri in America Latina, «non si trova in una situazione di collasso completo del vecchio sistema, come successo in Bolivia, Ecuador o Venezuela».

 

E sottolinea che, vista l’assenza di leadership o attori costituenti definiti, non si risolverà con un leader come successo in altri processi populisti.

 

«Qui non è possibile, proprio perché uno degli effetti che il sistema neoliberista ha avuto in Cile è stato quello di disintegrare gli attori sociali, i sindacati, le organizzazioni. Non esiste una cultura organizzativa; è interessante ma è una sfida continua. Non è ancora stabilito che direzione prenderà».

Tra le difficoltà che i candidati indipendenti hanno incontrato c’è l’asimmetria di forza rispetto ai partiti tradizionali nella disputa elettorale dell’11 aprile. Per ridurre le differenze, il Servizio Elettorale (Servel) ha messo a disposizione, a un mese dalla scadenza per la presentazione delle liste, una piattaforma per permettere di finanziare più facilmente le candidature indipendenti. Inoltre, su richiesta di alcuni gruppi, ha ridotto i requisiti richiesti ai candidati indipendenti con il fine di garantirne la partecipazione.

A prescindere da questi inconvenienti, i candidati indipendenti sono riusciti a determinare le proposte e hanno cercato di raccogliere le firme necessarie, indicate dal Servel, entro la scadenza del termine per la presentazione dei candidati: l’11 gennaio.

 

Una Commissione Costituente che sarà composta da 155 seggi che saranno divisi equamente e che avrà 17 seggi riservati ai popoli originari.

 

Per Antonia Orellana, che si candida per il Fronte Femminista Convergenza Sociale [partito fondato nel 2018 da alcuni partiti di sinistra all’interno della coalizione del Frente Amplio – ndt], far parte della Commissione è un’opportunità storica per le donne. «Per la prima volta possiamo partecipare alla costruzione della nostra Costituzione, non abbiamo mai avuto un’occasione di questa portata, prima perché non avevamo il diritto di voto e poi perché eravamo sotto una dittatura».

 

Voci dai territori

Alejandra Parra Muñoz è una candidata costituente indipendente, in lista insieme a 40 Organizzazioni Sociali e Territoriali del Wallmapu [nome del territorio storicamente abitato dai Mapuche – ndt], iniziativa che porterà alla Commissione Costituzionale le voci dei movimenti sociali e territoriali di una delle regioni con i maggiori conflitti socio-ambientali in Cile: La Araucanía. «Nell’attuale Costituzione, abbiamo pochissimi diritti garantiti. Ad esempio, è l’unica al mondo che permette di privatizzare l’acqua».

 

Una delle proposte che presenterà nella sua candidatura sarà che l’acqua venga riconosciuta come diritto umano.

 

«Nella nostra regione abbiamo un grosso problema con l’acqua e ci sono centinaia di famiglie che non ne hanno accesso, mentre viene sprecata nelle piantagioni forestali o in molti casi è contaminata».

La Araucanía è una regione segnata da conflitti socio-ambientali e un luogo in cui storicamente vivono le comunità indigene. «Abbiamo problemi, soprattutto con i progetti di energia elettrica a causa di dighe o impianti idroelettrici, che piombano sul territorio senza consultazioni e senza la partecipazione delle popolazioni autoctone che lo abitano».

Per questo motivo, una delle discussioni che saranno presenti nella Commissione Costituzionale è che il Cile si dichiari Stato plurinazionale con la garanzia della preservazione dei diritti politici e collettivi dei popoli indigeni, compresa la possibilità della loro autodeterminazione.

 

 

Un altro dei temi che faranno parte del dibattito sarà la possibilità di decentralizzare l’amministrazione statale. Secondo Parra, molte volte quello che alla fine si verifica nella regione in cui vive è che «le decisioni vengono prese dalla Capitale e chi ne trae beneficio non subisce gli effetti ambientali negativi che patiscono le comunità che vivono nei territori».

Per le Organizzazioni Sociali e Territoriali del Wallmapu è importante che a decidere sulla destinazione delle risorse naturali siano le comunità stesse.

 

Città che illuminano

Il municipio popolare di Valparaíso lavora su questa linea già da quattro anni e proverà a rinnovare il mandato in aprile. Un esperimento politico il cui obiettivo è «gestire meglio e trasformare, costruendo una forza sociale che si esprima successivamente in modo elettorale».

Per il sindaco di Valparaíso, Jorge Sharp, e Rodrigo Ruiz con i quali “El Salto” ha avuto occasione di dialogare, l’effettiva partecipazione del “paese reale” al governo di città e regioni è essenziale per dare una risposta al momento politico che sta vivendo il Cile. Si impegnano quindi a dare risalto agli attori territoriali nel processo decisionale e nella gestione della città.

 

Con questo scopo e per sopperire alle carenze sanitarie, hanno lanciato diversi punti medici come farmacie popolari, ottici e laboratori clinici gestiti dalla comunità.

 

«Così facendo – spiegano – c’è la possibilità di progettare un nuovo modo di intendere la produzione della ricchezza e il rapporto con le risorse. È essenziale avere un’immaginazione radicale, più audace, per cercare una via di uscita da un mondo neoliberista che sta già soffrendo una crisi economica, alimentare, ambientale e sanitaria senza precedenti. In questo senso, crediamo che le energie territoriali abbiano molto da offrire».

A loro avviso, affinché i territori e i loro governi costruiscano nuovi modi di fare politica, è necessaria una nuova Costituzione che doti i comuni e i governi regionali di autonomia politica ed economica. Per questo, insieme alla candidatura per la città, propongono anche una lista indipendente per la Commissione e una candidatura a governatore regionale, perché, afferma Sharp, «se un progetto comunale non illumina altri territori e non dialoga a livello nazionale, è condannato all’irrilevanza».

«Pur non disponendo di meccanismi di finanziamento autonomi e dipendendo da una struttura statale disfunzionale, è il Municipio a farsi carico del dramma quotidiano della popolazione più povera». Per loro, uno degli aspetti urgenti che la Costituzione dovrà cambiare è che i governi locali possano governare realmente e smettano di essere “amministratori della povertà”.

 

Nonostante l’impegno e la dedizione di questo periodo, c’è la possibilità che il processo costituente non soddisfi le aspettative di chi ha passato mesi in strada con le caceroladas.

 

A ogni modo, per molti, una delle forme che determinerebbe il successo della stesura del nuovo testo passa per lo stabilire meccanismi di partecipazione vincolanti, anche durante il processo di scrittura che durerà nove mesi. Perché, come detto, la Costituzione che ne uscirà dovrà essere approvata dai 2/3 della Commissione per poi essere ratificata dalla popolazione con un referendum confermativo.

 

Tutte le foto di Luca Profenna, dal catalogo della mostra Plaza de la Dignidad organizzata con Chile Despertò Italia

Articolo apparso originariamente su El Salto

Traduzione a cura di Michele Fazioli