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MONDO

Dal Messico all’Italia, intrecciando resistenze

In questi giorni transita per Roma La Gira Zapatista nel suo Viaggio per la Vita con un fitto programma di iniziative. Una delegazione di 180 indigeni messicani provenienti da comunità zapatiste in resistenza chiapaneche stanno attraversando l’Europa, accompagnata da membri del Congresso Nazionale Indigeno (CNI) messicano. Abbiamo intervistato due di loro, Marcela e Angel, entrambi provenienti dalla penisola dello Yucatan

Che cosa è il CNI e quando è nato?


Il Congresso Nazionale Indigeno è uno spazio in cui ci incontriamo come popoli indigeni messicani, condividiamo parole, lotte, resistenze e in modo collettivo e orizzontale affrontiamo la situazione politica. Quando gli zapatisti si ribellarono nel 1994 invitarono tutti i popoli indigeni del paese a fare altrettanto. Dopo due incontri nazionali, nel 1996 nasce il CNI con la presenza della compagna Ramona dell’EZLN. Oggi il CNI è la casa di tutti i popoli indigeni messicani. In tutto il Messico il CNI offre appoggio logistico, politico e organizzativo alle lotte che costruiamo per difendere le nostre terre, l’acqua, le case. Il CNI ci appoggia, ci offre copertura, e assieme a lui lo fanno i compagni zapatisti.

In Messico ci sono 68 popoli indigeni e nel congresso sono rappresentati quasi tutti. Dalla sua nascita abbiamo cercato che ci fosse partecipazione pari di uomini e donne. In ogni comunità si nominano due consiglieri che partecipano al CNI, uomo e donna che rappresentano i popoli nei momenti collettivi e decisionali.

Nella penisola dello Yucatan i popoli indigeni hanno iniziato una lotta contro un megaprogetto, il Treno Maya, potete raccontarla?


Va premesso che il governo di AMLO ha dato piena continuità alle politiche neoliberiste dei governi anteriori anche se nel suo discorso ufficiale si rappresenta come un governo di sinistra che appoggia i popoli indigeni e la classe operaia. Si stanno invece aggravando le politiche neoliberali che attentano alla vita dei popoli indigeni. Detto ciò, va precisato che il soprannominato Treno Maya non è un treno, né è maya.

Consiste in una serie di progetti associati al treno stesso ma organici rispetto alla trasformazione del territorio dal punto di vista logistico, turistico, energetico, agricolo. Sono progetti che hanno un impatto enorme sul nostro territorio. Non è maya perché non è pensato a partire dai bisogni della popolazione maya che vive il territorio ma solo a partire dalle esigenze del governo e delle imprese che investono per fare profitto sulla ricchezza locale.

Attraversa cinque stati del paese e si sta imponendo violando diritti della popolazione indigena. Tra questi, il diritto alle consultazioni adeguate prima di realizzare opere nel territorio, che è un diritto stabilito dalla Convenzione 169 della Organizzazione Mondiale del Lavoro, che il Messico ha ratificato. Per imporre l’opera, il governo federale ha realizzato consultazioni fraudolente per poter dire che la popolazione è d’accordo.

Come popoli indigeni vediamo già i danni ambientali, sociali e culturali che verranno causati dal progetto. Ricordo che il progetto prevede la realizzazione di 19 città o poli di sviluppo nelle zone attraversate dalla linea ferroviaria. Inoltre, provocherà la devastazione della selva per lo sviluppo dell’agroindustria, permetterà il fiorire di narcotraffico e criminalità. Nella penisola dello Yucatan c’è già un esempio di quello che non vogliamo, la zona turistica Cancun-Playa del Carmen, dove c’è uno sviluppo turistico iniquo, che non porta ricchezza alla popolazione, che violenta i nostri diritti e porta disuguaglianze e tassi elevati di criminalità. Vogliono allargare quel modello a tutta la penisola.

Ricordiamo che c’è pure un interesse statunitense rispetto a questo progetto, perché permetterà la creazione di un muro fatto di infrastrutture militarizzate che può essere un ulteriore disincentivo alla migrazione centroamericana che attraversa la nostra penisola per risalire il Messico e giungere negli Stati Uniti.

Ci sono stati già episodi di repressione?


Ci sono già stati sgomberi forzati, inganni e frodi nei confronti dei rappresentanti delle comunità. In questo ha un ruolo fondamentale Fonatur, il Fondo Nazionale per il Turismo che è promotore del progetto. Pagano molto poco per i terreni che espropriano, ma poi hanno altri strumenti per convincere le persone e comprarne il silenzio, cioè i programmi socioeconomici.

Gli sgomberi sono accompagnati da estorsioni, inganni, bugie. Ad alcuni non è stata data la casa alternativa che era stata promessa. A Campeche invece un gruppo di compagni si è organizzato e con un ricorso giuridico è riuscito ad evitare che il treno entrasse in città. Il giudice ha dato ragione e ha stabilito che il treno faccia il giro attorno alla città. Però è solo una modifica al tragitto, la costruzione continua.

Quali interessi ci sono dietro ad un progetto di questo tipo?


Bisogna analizzare la situazione che esiste nella regione. C’è una ricchezza di biodiversità molto alta, la più alta d’America dopo l’Amazzonia. È anche una zona strategica per l’ubicazione geopolitica, oltre che per le sue ricchezze ambientali e idriche. C’è un grande potenziale che nella narrazione che vendono diventa promessa di investimenti e crescita economica, generazione di posti di lavoro.

La realtà è che si genereranno migliaia di posti di lavoro ma che saranno precari e non degni, similmente a quanto accade oggi a Cancún. Nulla del denaro che circola in quella che è chiamata la “Riviera Maya” va alla popolazione locale, finisce tutto in imprese del grande turismo internazionale. A Cancún le imprese sono soprattutto spagnole.

La popolazione maya del territorio diventerà braccia da lavoro per queste infrastrutture e questo turismo devastante. Oltre all’industria del turismo spagnolo e ci sono varie imprese internazionali coinvolte tra queste la spagnola Renfe, la tedesca Deutsche Bahn, ma anche nazionali, come il gruppo imprenditoriale di Carlos Slim. Il governo vede l’opportunità di generare ricchezza in quel posto, ma è una ricchezza solo per loro, per il potere economico. Il governo è al servizio del grande capitale internazionale. Un altro interesse economico importante in zona è legato all’acqua. Si sono già affacciate imprese imbottigliatrici o imprese dell’agroindustria che pianificano forme di sfruttamento del suolo molto impattanti a livello di uso del terreno e di sfruttamento delle fonti idriche, alcune già in sofferenza per il turismo attuale.

Vivete già episodi di persecuzione e minacce per il vostro attivismo?


Siamo già sotto mira del governo. Nella comunità di Escarcega, in Campeche già c’è stato un omicidio di un figlio di una commissaria del territorio che ha scoperto una frode portata avanti da Fonatur.. Non ha accettato i soldi offerti per rimanere zitta e così le hanno sequestrato e poi ucciso il figlio e le hanno restituito il corpo morto. Ora ha dovuto nascondersi per fuggire dalle minacce.
Sia AMLO che il Fonatur agiscono forme di diffamazione contro le attiviste e gli attivisti coinvolti nella lotta. Hanno dichiarato che siamo persone di destra, conservatrici, ci hanno segnalato e diffamato in situazioni pubbliche e di rilevanza mediatica come le conferenze stampa mattutine del Presidente. In un paese in cui sono comuni le esecuzioni extragiudiziarie, le scomparse forzate, le violenze, minacciare in questo modo le persone con tanto di nome e cognome, in contesti pubblici, è molto grave.

A che punto è l’opera?

Il “treno” è lungo 1500 chilometri divisi in sette tronconi. In cinque di questi sette ci sono già avanzamenti significativi, grazie ad alcuni ricorsi giuridici siamo riusciti a fermare la costruzione in alcune aree. Il governo dice che sta realizzando riabilitazione di strade, e non lavori strutturali, ma con foto da monitoraggio aereo abbiamo invece già visto che ci sono già opere nuove e si avanza molto più di quanto non si dichiari ufficialmente. I tratti sei e sette verranno costruiti dai militari.

Questo è pure un aspetto importante da ricordare. Il treno verrà gestito dai militari, e gli introiti serviranno alle pensioni dei militari. Il potere politico in Messico è già militarizzato e questo treno aggrava la situazione. Il fatto che il presidente abbia questa popolarità fa sì che la gente non metta in discussione le posizioni di AMLO e la nostra resistenza si è complicata molto di più. L’informazione è manipolata e si fa credere che tutto questo avvenga per il benessere del paese.

Cosa si può fare dall’Europa?


La cosa più importante è tessere reti. Il capitalismo è il nostro grande nemico comune. Il danno che provocano i megaprogetti è diretto alla Madre Terra. Il gran capitalismo ci fa credere che l’alimento di tutti i giorni siano i centri commerciali invece è la terra che ci da vita. Per questo vogliamo salvarla.

Dobbiamo difendere l’ambiente. Ci sono un sacco di cose che dimostrano che o queste reti si rafforzano, oppure non ce la faremo da soli. I compagni e le compagne zapatiste ci dimostrano proprio questo. La solidarietà da qui è una arma essenziale per combattere il capitalismo che colpisce tutti quanti.

La lotta per la difesa della vita ha differenti strumenti di battaglia. In Germania ci sono state organizzazioni e collettivi che hanno organizzato una giornata di lotta contro Deutsche Bahn che è coinvolta nella costruzione e per questo è direttamente responsabile della violazione a diritti umani che sta avendo luogo nel territorio. È importante fare pressione all’impresa e al governo. Anche qui in Europa state resistendo contro progetti simili che distruggono il pianeta, malgrado i contesti siano differenti.

In Francia lottano in questo momento contro Danone Volvic che lascia senz’acqua alcune comunità del centro del paese. In Messico si è portata avanti una lotta molto forte contro Danone Bonafont nello stato di Puebla. Questa lotta è riuscita a interrompere il prelievo massivo di acqua e l’impresa ha dovuto lasciare la fabbrica e ora lentamente i pozzi d’acqua tornano a rivitalizzarsi. Non si tratta di un aiuto assistenziale verso i popoli indigeni, non ne abbiamo bisogno. Deve essere una lotta congiunta contro il capitalismo. Intrecciare queste lotte è parte centrale della nostra visita in Europa.

20 anni fa ci fu Marcia del Colore della Terra. Dopo venti anni, quale è la relazione tra popoli indigeni, governo e società civile?


20 anni fa nella marcia c’era Adelfo Regino Montes, che ora è presidente dell’Istituto Nazionale Popoli Indigeni, espressione della volontà del governo. Molti di coloro che furono all’inizio della resistenza con i popoli indigeni, ora sono parte di MORENA e del governo. C’è una evidente divisione nei popoli indigeni causata dal governo, al fine di debilitare la lotta del popolo contro il sistema politico nazionale. I popoli indigeni sono a livello statistico, circa il 20%, ma la politica dello stato è finalizzata a costruire il “discorso del meticcio”, perché ci siano sempre meno persone che si identificano come indigeni e perché tutti invece si considerino meticci. Per questo si cerca di rendere la popolazione indigena minoritaria. La maggioranza della popolazione che ha votato AMLO nel 2018 continua a pensare che è meglio lui piuttosto che ritornare al Pri e Pan. AMLO ha ancora una grande popolarità forse in parte diminuita perché la gente ha visto cosa implica la militarizzazione o il non compimento delle sue promesse di campagna. La situazione è ovviamente a sfavore nostro che mettiamo in discussione il sistema nel suo complesso, tuttavia la resistenza va avanti con molti giovani che si sono uniti e che porteranno avanti con continuità la lotta nei territori.

Intervista reliazzata in collaborazione con Mari degli spazi TRANSfemmINonda e QUEERzionario di radiosonar.net

Immagine di copertina La Paz Italia