editoriale

Che razza di uomo

In questi anni non ci siamo mai abituati e mai rassegnati ad accettare quel meccanismo per cui, giorno dopo giorno, era pubblicamente sdoganato un linguaggio che veicolava idee xenofobe, omofobe e sessiste. Abbiamo denunciato la propaganda di chi fomentava la guerra tra  poveri, sbandierando logiche di tipo securitario, di ordine pubblico, oltre che di disagio economico, funzionali unicamente a celare il razzismo insito in queste scelte politiche.

Poi è arrivato lui a sgomberare il campo da dubbi e incertezze: Attilio Fontana, candidato Governatore della Regione Lombardia per il centrodestra, e quindici anni dopo i “bingobongo da affondare sui barconi”, la Lega Nord ormai nazionale e sovranista, “torna alle origini”, rivelando ancora una volta la sua vera natura.

Intervistato nella trasmissione Sulla strada della libertà su Radio Padania, l’ex sindaco di Varese – interrogato sul tema dell’immigrazione – non è riuscito a trattenersi (nonostante la giacca ed il nodo ben stretto alla cravatta) e in preda a un nostalgico delirio ha dichiarato: «Non possiamo accoglierli perché tutti non ci stiamo, quindi dobbiamo fare delle scelte. Dobbiamo decidere se la nostra etnia, se la nostra razza bianca, se la nostra società deve continuare a esistere o se deve essere cancellata». Poi puntualizza, come se ce ne fosse ulteriore bisogno: «Qui non è questione di essere xenofobi o razzisti, ma di essere logici o razionali. (…) perché loro sono molti più di noi, perché loro sono molto più determinati di noi nell’occupare questo territorio. Non possiamo accettarli tutti, perché se dovessimo farlo, non saremmo più noi come realtà sociale, come realtà etnica. È un discorso a cui dobbiamo reagire, dobbiamo ribellarci».

Dichiarazioni definite scandalose persino dal Presidente della Commissione Europea Moscovici, e che hanno suscitato pesanti reazioni e polemiche nel mondo politico, con alzate di scudi, condanne e tentativi di rettifiche.

Chissà se queste frasi avrebbero destato lo stesso scalpore se non fossimo già in piena campagna elettorale… Riflessione che viene spontanea quando a scandalizzarsi e a erigersi difensori della  società multietnica sono proprio coloro che – da mesi – hanno dichiarato guerra ai migranti in Italia e in Europa, distruggendo il sistema accoglienza e rincorrendo a scopo elettorale le politiche della peggior destra xenofoba.

Ma torniamo al fatto. Dopo il casus, Attilio Fontana ha cercato di recuperare la gaffe, definendola un lapsus, (può capitare!) e affermando che comunque, il senso generale del suo discorso era molto chiaro. Su questo non possiamo che dare ragione all’esponente del Carroccio: il suo è un discorso chiarissimo.

É un discorso che conosciamo bene, disumano e violento, un discorso di quelli che oggi siamo costretti a dover sentire sempre più spesso: riproposti, sdoganati, tollerati  nei bar come nei talk show televisivi, negli stadi come nelle strade.

Ed ecco allora che la nostra razza, quella bianca (in assenza di quella padana?), torna a essere l’ultimo vessillo sotto il quale unire il popolo italico, nella speranza che i “nostri” poveri si scannino con “gli altri poveri , quelli dell’altra razza, diversi, ma più numerosi di noi, forse pericolosi, ma di certo  geneticamente più affamati e inclini alla nostra estinzione.

Su qualsiasi enciclopedia medica, che non risalga a prima del Ventennio, o che non sia stata scritta in Sud Africa durante l’Apartheid, si può trovare scritto che “(…) Oggi il concetto di razza umana è considerato destituito di validità scientifica, dacché l’antropologia fisica e l’evoluzionismo hanno dimostrato che non esistono gruppi razziali fissi o discontinui. Al contrario, i gruppi umani mutano e interagiscono continuamente, tanto che la moderna genetica delle popolazioni si focalizza su modelli di distribuzione di geni specifici anziché su categorie razziali costruite artificialmente. Il concetto di razza umana è stato sostituito con quello di popolazione, e dunque legato a studi di tipo prettamente geografico, genetico e culturale”.

Proprio così, “i gruppi umani mutano e interagiscono continuamente, o almeno dovrebbero! Ciò che non è mutato e che non è in grado di interagire con la realtà di una società multietnica è invece proprio quel sentimento d’ignoranza, suprematismo e stupidità che Fontana riesce a rappresentare perfettamente.

Nei giorni seguenti, l’esponente leghista – nel tentativo di far rientrare la polemica – arriva addirittura a tirare in ballo l’articolo 3 della Costituzione, che sì, usa la parola “razza” nel testo (Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di  sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali), ma con una precisa funzione: quella di rimuovere le differenze socio-culturali per uniformare il diritto e la dignità sociale per tutti gli individui, disposizione della quale il candidato governatore evidentemente non ha compreso appieno il significato.

La campagna elettorale è appena iniziata e non sappiamo se Attilio Fontana, come evidenziano i sondaggi, diventerà il successore di Maroni al Pirellone; dobbiamo però riconoscergli il fatto di essere riuscito a sintetizzare in poche frasi tutta la “non-evoluzione” del pensiero leghista: dal Senatùr a Borghezio, passando per Calderoli e il leader attuale Matteo Salvini…  loro sì, piccoli uomini, tutti della stessa razza.