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MONDO

Cali capitale della resistenza: reportage fotografico dalla rivolta in Colombia

Medios Libres Cali è un collettivo di comunicazione indipendente popolare che collabora con DINAMOpress. Con questo approfondimento fotografico l’obiettivo è raccontare attraverso le immagini le molteplici dimensioni della rivolta colombiana, le rivendicazioni, le soggettività e le pratiche di lotta

La narrazione del conflitto colombiano nel reportage fotografico dei nostri collaboratori di Medios Libres Cali: immagini che raccontano la dimensione quotidiana del Paro Nacional nella capital del Valle del Cauca, epicentro dello sciopero indefinito che da un mese sta trasformando la Colombia. Dalle manifestazioni di massa agli eventi culturali, dai blocchi stradali ai momenti di socialità e cultura, dalle barricate alle repressioni della polizia, dal cordoglio per le vittime della violenza statale agli spazi di autogestione nei territori e nei punti di resistenza. La capacità di creare nuove relazioni, spazi e infrastrutture per la difesa della vita e la solidarietà è fondamentale per comprendere quello che sta avvenendo e i molteplici spazi di organizzazione dove differenti soggettività inventano giorno dopo pratiche di resistenza.

Dagli studenti ai giovani dei quartieri popolari, dalle comunità indigene a quelle afrodiscendenti, dagli sfollati del conflitto armato ai contadini, dai docenti ai lavoratori ambulanti, dal movimento transfemminista alle donne dei quartieri popolari, dai sindacati ai lavoratori dello spettacolo: una molteplicità di soggettività inventano nella lotta nuove relazioni sociali e politiche, fome di decisione comune e pratiche di resistenza.

Dalle cucine comunitarie alla Primera Linea, dalle biblioteche popolari alle assemblee di quartiere, dalla Minga indigena alle manifestazioni femministe, i fotografi e le fotografe di Medios Libres Cali raccontano la dimensione quotidiana della ribellione popolare che non si oppone solo al governo di estrema destra del presidente Ivan Duque, ma ad un sistema di governo e di oppressione coloniale, patriarcale e narco-militare profondamente radicato nel paese. (nota della redazione)

4 giugno, Lo sgombero del punto di resistenza Paso del Aguante

Hanno sgomberato il posto di resistenza di Paso del Aguante e la polizia ha recuperato il suo CAI [la caserma territoriale che era stata occupata e trasformata in biblioteca popolare, vedi foto sopra ndr]. L’ordine di Duque è stato quello di farla finita a tutti i costi con i blocchi stradali, perché “violano i diritti dei colombiani”…. ma non gli importa nulla dei nostri diritti, gli interessa solo che le loro imprese non perdano soldi. Hanno sgomberato più di tre chilometri di blocchi che i giovani dei quartieri popolari hanno mantenuto per oltre un mese, con il sostegno della comunità. Hanno presentato questo sgombero come una conquista, mentre entravano con violenza nelle case per portare via i manifestanti che gli abitanti del quartiere hanno difeso. Hanno presentato come una conquista il fatto che finalmente le macchine potranno tornare a transitare, ma non hanno mostrato la repressione con gas lacrimogeni e armi da fuoco. Si, colpi di armi da fuoco. Sono morti quattro giovani manifestanti il 4 giugno a Paso del Aguante,  a causa dei proiettili sanguinari la cui traiettoria di morte segue gli ordini di chissà chi. Questo non lo mostrano nelle televisioni, ma gli abitanti, il quartiere non dimenticano, ricordano per sempre. Per tutto il sangue versato, pagheranno. Ore di scontri fino all’alba, persecuzioni contro le brigate sanitarie, contro le persone che stavano documentando i fatti e contro giornalisti riconosciuti ed amati dalla comunità. Ci sono stati morti a Paso del Aguante, ma cosa hanno mostrato in televisione? Che è stata recuperata una strada, una stazione dell’autobus e un centro territoriale della polizia. La gente degna non dimentica, sa chi sono gli assassini, la polizia e il malgoverno. Non ci arrenderemo fino a quando non cambieremo questo paese…

2 giugno. Contro lo stato narco-fascista, ancora in piazza

A Cali, capitale della resistenza e della dignità, siamo tornati ancora una volta a lottare ed occupare le strade, dall’Unità Sportiva in corteo per la Quinta Strada fino alla Piazza San Francisco. Dopo 36 giorni di sciopero nazionale, la ribellione continua, come possiamo fermarci, se ci stanno assassinando? Per i nostri morti e contro uno stato narco-fascista, continuiamo a mobilitarci resistendo con l’allegria della ribellione. Lo sciopero non si ferma, lo sciopero avanza e si trasforma in lotta quotidiana.

30 maggio. Per i nostri morti, non un minuto di silenzio, tutta una vita di lotta

Perdere un essere amato è una tragedia, perderlo perché assassinato dallo Stato è un destino che nessuno merita. Sono molte le madri che piangono per i loro figli scesi in piazza per rivendicare i propri diritti e mai più tornati, sono molte quelle che piangono per le persone amate desaparecide, senza sapere dove si trovano. Dove sono i desaparecidos? L’indignazione è molto forte, questo massacro è assurdo e non si può perdonare. Stanno massacrando una meravigliosa generazione!

29 maggio. Biblioteche comunitarie e musica popolare

Basta avvicinarsi ai punti di resistenza, per sentire l’energia della gente, la forza con cui sostiene la resistenza… le risate, la rabbia e la nostalgia per quelli che sono caduti sono le sensazioni che narrano al meglio tutto quel che è successo in questi giorni di Paro Nacional… quello che abbiamo ottenuto come popolo in lotta e quello che ci hanno tolto.

Il nostro sogno è una Colombia in pace, ma sappiamo che è una sfida immensa ottenerla, perché ci governa uno stato paramilitare che da tempo ha perso la vergogna ed ha scelto ancora una volta la guerra contro il popolo, la menzogna e la manipolazione come strategie per mantenere il potere. Il 29 maggio al Paso del Aguante abbiamo detto ancora una volta: succeda quel che succeda sappiamo che solo il popolo salva il popolo, che siamo uniti e continueremo a resistere uniti fino ad ottenere un cambiamento reale.

28 maggio. Un mese di protesta sociale

Immense giornate di mobilitazione di massa in occasione del primo mese dall’inizio dello Sciopero: un mese di resistenza, solidarietà e forza del popolo unito nel cammino per la costruzione dal basso di un nuovo paese. Una grande diversità di persone si apre il camino nelle strade di Cali, da vari punti della città verso il sud, resistendo agli attacchi della polizia contro i manifestanti che cominciano fin dalla mattina presto, mentre uomini in abiti civili sparano sulla manifestazione. Basta attentati contro il popolo in lotta!

24 maggio cacerolazo sinfonico a Siloé

Questo sciopero non è solamente una marea di notizie genocide sui media, che attraverso la menzogna provano sempre a costruire un immaginario collettivo in cui il popolo appaia come nemico colpevole e lo stato come eroe. Questo sciopero non è solamente caratterizzato dalla morte che non possono più nascondere, né dal desiderio di guerra che il governo dell’estrema destra uribista non riesce più nemmeno a dissimulare.

Questo sciopero è anche il soffio di venti nuovi, di venti che portano speranza e giustizia. E’ la decisione collettiva più importante della nostra storia recente. Questo sciopero, fondamentalmente, significa risveglio. Significa costruire, senza chiedere permesso a nessun governo, la vita come ce la meritiamo, e in questo mondo migliore l’arte e la cultura sono i fiumi dove scorrono queste acque di libertà. Oggi abbiamo vissuto a Siloé una Cali possibile, giusta, degna, grazie alle bella gente, alla gente umile, alla gente che porta avanti l’arte come nostra bandiera.

19 maggio. Capitale della resistenza: memoria visuale

Stiamo vivendo tempi che resteranno nella storia, per la prima volta in tanti anni di malgoverno, sono i popoli e le maggioranze popolari ad imporre un cambiamento, a fare la storia. Questi tempi di resistenza dimostrano che la storia ci appartiene, la nostra amata Cali è diventata la capitale della resistenza, possiamo guardarci l’un l’altrx con orgoglio e affetto. Anche se Iván Duque e l’uribismo hanno dichiarato guerra al popolo, non ci toglieranno mai l’amore e l’allegria di essere un popolo unito

14 maggio, furia femminista

Le donne di Cali sono scese in piazza ancora una volta contro i ripetuti atti di violenza sessuale e di genere compiuti dalle forze del terrore di Stato. Dall’Università del Valle fino a Puerto Resistencia si sono mosse in corteo contemporaneamente alle tantissime altre mobilitazioni a livello nazionale per ripudiare l’ultomo caso di violenza sessuale che nella città di Popayán ha portato Alison, una minorenne abusata dalla polizia, al suicidio.

Nell’ambito dello sciopero sono state denunciate molteplici casi di violenze sessuali da parte della polizia: fino al 9 maggio, sono state catturate e aggredite sessualmente 47 donne, di cui 10 sono state abusate sessualmente, tra di loro 2 sono minorenni. Secondo i dati dell’organizzazione Temblores, 19 donne sono state ferite e 33 desaparecidas. I corpi delle donne non sono bottino di guerra!

12 e 13 maggio. Siamo tutti Minga indigena

Dopo diverse giornate in piazza a Cali, e dopo aver subito il gravissimo assalto paramilitare il 9 maggio, la Minga indigena riparte da Cali e torna verso i suoi territori del Cauca. Nelle strade di Cali, l’omaggio e il saluto del popolo in lotta. “Siamo certi che non sarà la prima volta, né l’ultima, in cui in questa terra libera si sentirà profondo il grido del popolo: noi siamo la dignità!”

La Minga non se ne va, la Minga si prepara a nuovi territori, si dirige verso le proprie terre per continuare la lotta, ma prima di lasciare Cali la Minga passa per tutti i punti di resistenza e i quartieri in lotta con la sua carovana di chivas, va a Meléndez, La Luna, Calipso, Puente de las Mil luchas e Puerto Resistencia con un messaaggio di forza e gratitudine. “Grazie Primera Linea, grazie, giovani, grazie vicini e vicine, grazie a tutte quelle persone che alzano lo sguardo verso il sole per difendere la vita in questo paese!”

8 maggio: le donne scioperano

Donne, nonne, madri, zie, sorelle, siamo scese in piazza rivendicando il nostro diritto a dire: basta, vogliamo una Colombia differente, una vita degna! Siamo scese in piazza con bandiere multicolori, con il verde e il viola che sono i nostri colori, griadando “Vincerà la vita!”. Veniamo da diverse zone della città, e siamo andate in ognuno dei “punti di dolore” dove la morte è arrivata a colpi di armi da fuoco, senza mostrare il suo volto. Così abbiamo cominciato dal quartiere di Siloé, abbiamo abbracciato la luna e ci siamo incontrate in un forte abbraccio per continuare a lottate assieme, perché finché siamo unite possiamo ottenre i cambiamenti che desideriamo.

Tutte le foto e i testi sono di Medios Libres Cali