EUROPA

A Barcellona la casa è un diritto

Mentre in Italia si programmano sgomberi senza proporre soluzioni per chi non ha una casa, a Barcellona si espropriano quelle delle banche lasciate vuote.

Era già successo in Andalusia con il governo Psoe-Iu nel 2013, quando in cinque anni 400 mila famiglie avevano perso la casa a causa del pignoramento delle banche. Case che poi gli istituti lasciavano vuote, in attesa che risalisse il loro valore di mercato. L’Amministrazione, richiamando la funzione sociale delle abitazioni garantita dalla Costituzione, aveva varato una legge regionale che imponeva alle banche una sanzione di 9000 euro ad alloggio lasciato vuoto o l’esproprio temporaneo per tre anni per destinarlo ad affitto sociale, se l’immobile insisteva in una zona con alta difficoltà abitativa. In cambio la banca riceveva quale indennizzo il 2% del valore dell’immobile. Tutte le abitazioni che per più di sei mesi registravano un consumo di acqua ed elettricità scarso o nullo venivano inserite in un registro delle abitazioni vuote. A quelle possedute da banche o assicurazioni si applicavano sanzioni per finanziare un fondo esclusivamente destinato all’affitto calmierato, con aiuti diretti alle famiglie in difficoltà.

Adesso succede a Barcellona.

Il consiglio comunale ha infatti ripreso l’espropriazione temporanea di appartamenti di proprietà delle banche, dopo che a marzo la Corte Costituzionale ha revocato la sospensione richiesta dal governo Rajoy della legge n.4 approvata nel dicembre 2016 dal Parlamento della Catalogna. La legge, che prevede la possibilità di espropriare gli appartamenti rimasti vuoti per più di due anni, è stata giudicata legale. L’articolo 15 consente l’esproprio temporaneo della casa per un periodo minimo di quattro anni e massimo di dieci, a condizione che gli immobili siano situati in aree che necessitano di abitazioni per le fasce deboli. Per loro il canone di affitto da corrispondere alla proprietà non potrà superare il 20% del reddito dell’intero nucleo familiare.

Dopo la revoca della sospensione della legge, il Consiglio Comunale di Barcellona ha ripreso l’esame dei 16 fascicoli di esproprio che erano stati avviati. Alcuni alloggi sono stati affittati, ma per 5 di questi si può procedere con l’affitto a canone sociale. La giunta di Ada Colau sta esaminando adesso i casi di 2.021 appartamenti di proprietà delle banche che potrebbero essere espropriati. Sarà fatto un censimento di quelli che sono realmente vuoti. Molti di questi sono stati infatti occupati da senza casa.

La maggior parte di questi alloggi sono del Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, gli altri sono della Sareb, la bad bank creata nel 2012 dal Fondo statale per la ristrutturazione del sistema bancario, e altre sono di società finanziarie e assicurazioni. Alla Sareb (Sociedad de Gestión de Activos procedentes de la Reestructuración Bancaria), erano stati trasferiti gli attivi bancari in sofferenza, in gran parte costituiti proprio da mutui su immobili già pignorati. Oggi la Sareb ha nel suo portafoglio 119.000 proprietà immobiliari, delle quali 55.700 sono appartamenti.

Un ingente patrimonio immobiliare valutato intorno a 10 milioni di euro che, tuttavia, non riesce a garantire la redditività prevista. La dirigenza di Sareb, ribattezzato dalla Piattaforma abitativa come “malo banco”, sta pensando a nuove formule per contenere i costi di gestione e manutenzione degli immobili e dei condomini. Oltre a quella di sviluppare il settore delle locazioni, che conta un parco di circa 7000 appartamenti, tra le ipotesi che vengono fatte vi è anche la cessione dei crediti a grandi investitori, come le assicurazioni. Vi sono poi gli investitori internazionali interessati a proprietà immobiliari di lusso. Si tratta di ville e abitazioni di prestigio localizzate a Madrid, Barcellona, Costa del Sol, Costa Blanca, alle Baleari e nell’isola di Maiorca. Le altre proprietà rappresentano un peso, tanto che era stata prevista la demolizione delle case nuove non ancora completamente ultimate.

Fra le sue rivendicazioni, la Plataforma de Afectados por la Hipoteca (Pah) aveva avanzato la proposta che la Sareb cedesse gli alloggi ai Comuni, per gli affitti a canone sociale, soprattutto nelle località dove è forte la necessità di case per la popolazione colpita dalla crisi economica. Ed è proprio quello che ora l’Amministrazione di Barcellona sta mettendo in atto.

La sindaca Ada Colau insieme al sindaco di Londra Sadiq Khan sono stati i promotori del network di città sociali.

La rete si pone l’obiettivo di ridurre entro il 2030 le disuguaglianze nelle città mondiali e fronteggiare il problema dell’emergenza abitativa. Insieme a Barcellona e Londra altre dieci città (Montreal, Lisbona, Parigi, New York, Strasburgo, Seoul, Berlino, Montevideo, Madrid e Amsterdam) hanno ratificato la Dichiarazione municipale dei Governi locali per il diritto all’Abitare e il diritto alla Città, presentata all’Onu il 16 luglio 2018. Nel testo si dichiara che l’alloggio deve prima di tutto essere considerato un diritto, non una merce.

La dichiarazione chiede la regolamentazione del mercato immobiliare, più stanziamenti per costruire case popolari, leggi che favoriscano la sperimentazione di modelli ibridi pubblico-privato, pianificazione urbana che tenga conto del tessuto sociale e cooperazione tra i comuni per mettere in atto nuove strategie residenziali. Segregazione, espulsione dei bassi redditi e speculazione edilizia sono tra le questioni più urgenti che le amministrazioni riunite intorno al documento, chiedono ai governi nazionali di affrontare.

Nessuna città italiana fa parte della rete nonostante la questione abitativa sia una delle più pressanti nel nostro paese. Il ministro Salvini ha annunciato il pugno duro contro le occupazioni senza che il suo governo dica una parola su eventuali soluzioni alla scarsità di alloggi a prezzo calmierato nelle città italiane.

Barcellona ha iniziato con l’espropriare le case delle banche tenute vuote.