ROMA

A Roma torna uno stadio “fatto bene”

È stato approvato il nuovo progetto dello stadio della Roma. Il progetto è migliore del precedente, prevede meno cubature e sono tutte dedicate alle attività sportive. Ma Roma ha veramente bisogna di un nuovo stadio? E cosa faremo di quello vecchio?

Ancora risuonano le parole della sindaca Raggi che prometteva “uno stadio fatto bene” quando viene annunciato che lo stadio della Roma finalmente si farà e ancora una volta ci promettono uno “stadio fatto bene”. Dal progetto preliminare consegnato all’Amministrazione, adesso reso noto, in effetti dobbiamo convenire che il nuovo progetto è molto differente da quello presentato dalla vecchia proprietà. Sono spariti i grattacieli e tutte le cubature che nulla avevano a che fare con le attività sportive, ma servivano a garantire la “sostenibilità economica”, che tradotto vuol dire che avrebbero garantito lauti guadagni per i promotori.

Il nuovo stadio sorgerà a Pietralata, nei terreni che il piano regolatore del 1962 destinava al Sistema Direzionale Orientale, per spostare le funzioni direzionali fuori dal centro storico.

La cubatura totale prevista era di 40 milioni di metri cubi, in massima parte destinata a uffici. Ritenuta troppo grande e poco rispondente alle esigenze della città, fu dimezzata dalla variante generale al piano del 1974. Intanto l’area era stata occupata in alcune zone da nuclei di edilizia abusiva, espansione tipica della Capitale che nessuna amministrazione è mai stata in grado di fermare. Nel 1990 vennero istituiti i fondi per Roma Capitale e la legge prevedeva che le aree pubbliche demaniali fossero cedute al comune di Roma, mentre attraverso un Programma Pluriennale si sarebbero dovuti programmare gli espropri delle ormai rimanenti aree SDO.

Dopo più di trent’anni ancora dello SDO non era stato realizzato nulla, nonostante nel 1995 fosse stato approvato il Progetto Direttore, con il solo valore di indirizzo, rinviando la successiva elaborazione dei progetti attuativi. Furono invitati 13 architetti per elaborare progetti per l’area di Pietralata e Tiburtina. Per quest’ultima fu selezionato il progetto presentato da Renzo Piano, mentre per il Comprensorio di Pietralata fu scelta la proposta di Franco Purini e Paolo Portoghesi. Neanche questo risultò determinante per vedere le prime realizzazioni.

A cancellare definitivamente lo SDO fu il piano regolatore approvato dalla Giunta Veltroni nel 2008, che prevedeva la diffusione su tutto il territorio di Centralità Metropolitane, nelle quali si sarebbero dovute concentrare le cubature direzionali e amministrative insieme a centri culturali e sportivi. Di quelle centralità solo poche sono state realizzate e tutte ospitano enormi cubature residenziali e centri commerciali, mentre di tutto il resto non c’è traccia. Le aree dello SDO furono abbandonate al loro destino.

La nuova proprietà della società sportiva ha deciso di costruire lo stadio a Pietralata, senza cadere per l’individuazione dell’area nella rete di proprietari, di banche, di trafficanti come era accaduto a Pallotta. Anche se non è chiaro come verrà risolta la questione degli espropri legati all’interesse pubblico.

A noi la scelta della nuova localizzazione sembra giusta. La domanda che ci poniamo è però un’altra. La stessa che ci poniamo da anni e che oggi ci appare ancora più importante. Ha senso costruire un nuovo stadio? Anche se “fatto bene”.

Il progetto elaborato prevede un impianto per 55mila posti, ampi parcheggi, aree fitness e di intrattenimento, un playground con campi sportivi e auditorium, il tutto circondato da un parco con piste ciclo-pedonali. L’esistenza del trasporto pubblico consentirà di arrivare senza utilizzare il mezzo privato. Comunque è prevista una nuova sistemazione viaria che sarà utile anche al Campus de La Sapienza e la sede dell’ISTAT adiacenti.

Eppure si consumerà ancora suolo. I dati che leggiamo nell’ultimo rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” a cura del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) sono drammatici, con una media di 19 ettari consumati al giorno in Italia, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i due metri quadrati al secondo. Il consumo di suolo nel 2021 sfiora i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un solo anno. Le conseguenze sul degrado del territorio le conosciamo e sappiamo che sono anche economiche. Il rapporto indica «che i costi nascosti dovuti alla crescente impermeabilizzazione e artificializzazione del suolo degli ultimi 15 anni, sono stimati in 8 miliardi di euro l’anno che potrebbero incidere in maniera significativa sulle possibilità di ripresa del nostro Paese».

In termini assoluti, la città metropolitana di Roma si conferma quella con la maggiore superficie consumata al 2021, con oltre 70.100 ettari, anche grazie agli ulteriori 216 ettari dell’ultimo anno, di cui oltre 95 nel territorio comunale della Capitale

Ci chiediamo anche che ne sarà dello stadio Olimpico, attualmente utilizzato dalle due squadre della Capitale. L’impianto progettato da Enrico Del Debbio nel 1927, ristrutturato da Luigi Moretti dieci anni dopo e completato nel dopoguerra da Annibale Vitellozzi, è stato dotato di coperture in occasione dei mondiali del ’90. Ha una capienza molto grande (fino a 70mila posti) ma ha il difetto di avere anche le piste di atletica che allontanano gli spettatori delle due curve dal campo di gioco, rendendo impossibile una buona visibilità. L’impianto è di proprietà del CONI, ma la gestione dal 2019 è passata a Sport e salute S.p.A società interamente partecipata dal MEF. In occasione della finale di Champions League del 2007 lo stadio è stato completamente ristrutturato per renderlo conforme alle norme UEFA. È stata migliorata la sicurezza, sono stati adeguati gli spogliatoi, sostituiti tutti i sedili e fatto tutto quello necessario perché rientrasse nella categoria 4. Un ottimo impianto dunque, che si vuole abbandonare.

Cosa ne sarà adesso? A noi sembra uno spreco, che in un momento così delicato per il nostro ecosistema sarebbe stato meglio evitare. Evidentemente sembra naturale continuare come se le risorse del nostro pianeta fossero illimitate e non fossimo già sull’orlo del baratro. Pensare che basti piantare qualche albero intorno alle cubature che si continuano a costruire è folle. Non possiamo più ignorare i costi ambientali e di conseguenza sociali che ogni nostra scelta comporta. Uno stadio “fatto bene” forse sarebbe stato quello che già c’è.

foto di copertina di wikicommons