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Gesuiti nello spazio

E’ notizia di pochi giorni fa (il 19 Settembre per la precisione) la nomina del nuovo direttore della Specola Vaticana. Per chi non lo sapesse (molti, chi scrive in primis) la Specola Vaticana è l’osservatorio astronomico nonché centro di ricerca scientifica della Chiesa cattolica. Fondato nel 1891 da papa Leone XIII, l’osservatorio è stato sin da subito affidato alle amorevoli cure della Compagnia di Gesù, che della sua propensione a investire (a suo modo) nella ricerca non ha del resto mai fatto mistero.

Ciò che salta agli occhi non è tanto l’esistenza di un tale osservatorio, quanto piuttosto la particolare personalità che papa Francesco ha deciso di porvi alla direzione. Si tratta di padre Guy Consolmagno, gesuita per l’appunto, ma anche astronomo statunitense, diplomato presso il MIT e con un dottorato in planetologia. In parole povere un planetologo gesuita: epiteto quantomeno ambiguo che riesce a riassumere in sè numerose contraddizioni. Contraddizioni che lo stesso Consolmagno non ha paura ad affrontare direttamente: “Io sono la prova vivente che chiunque può essere, al tempo stesso, sia un fanatico che un cervellone – ammette in un’intervista di qualche tempo fa – sono infatti un fanatico nei confronti della scienza e un cervellone riguardo alla mia fede”. Giunto al suo incarico attuale sull’onda di una brillante carriera accademica, il nostro Guy si è addirittura visto dedicare, quale altissimo riconoscimento da parte dell’International Astronomic Union, un asteroide, denominato appunto “4597 Consolmagno”.

“La religione – afferma altrove – ha bisogno della scienza per tenere a distanza la superstizione e vicino a sé la realtà, per proteggersi dal creazionismo, che in fondo è una forma di paganesimo”. Non si scompone neppure a parlare di vita extraterrestre: “Non possiamo pensare che Dio sia così limitato da aver creato esseri intelligenti solo sulla Terra. L’universo potrebbe benissimo contenere altri mondi con esseri creati dal suo stesso amore”.

Dal rifiuto del creazionismo all’astrobiologia, non sembra esserci limite agli interessi di Consolmagno, che infatti (com’era del resto prevedibile) è un appassionato di fantascienza. Tra i suoi lavori spicca infatti un articolo dal titolo Guida di un astronomo gesuita per evitare la pessima fantascienza, in cui si diletta a recensire alcuni romanzi, ad esempio Guerra al grande nulla (A case of conscience) di James Blish.

Del resto la Compagnia di Gesù non è nuova a escursioni nel genere fantascientifico, per il quale ha rappresentato a volte una eccellente fonte di ispirazione. E’ il caso de La stella (The Star), celebre racconto breve di Sir Arthur C. Clarke, insignito del premio Hugo a New York nel 1956, in cui – tra l’altro – fa la sua prima apparizione il noto monolite di 2001: Odissea nello spazio. Protagonista di tale racconto è appunto un gesuita, cappellano di bordo di una nave spaziale. Di ritorno da un lungo viaggio in un sistema il cui Sole è esploso in una supernova, questi trova le tracce di un’antica e meravigliosa civiltà, estinta in seguito all’esplosione della sua stessa fonte di vita. Le proporzioni della tragedia si fanno però insopportabili, soprattutto per lui, quando scopre che la supernova è stata vista sulla Terra, una notte di 2000 anni fa, per annunciare la nascita di Cristo a Betlemme.

Che i gesuiti, oltre a nutrire fin dalla fondazione dell’ordine un forte interesse per la scienza, accompagnassero le prime missioni di esplorazione scientifica, giungendo nei più remoti angoli del pianeta, è noto. Questo sulla Terra; ma nello spazio? Secondo le ultime previsioni della NASA un equipaggio umano dovrebbe giungere su Marte entro il 2030. Ci sarà anche un gesuita in quell’equipaggio? E se sì, troverà sul pianeta rosso tracce di quell’ “amore di Dio in altri mondi” di cui ci parla Consolmagno?