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Venezia 2/ “Molecole” di Andrea Segre

Il film di pre-apertura di Venezia 77 parla di due vuoti, quello lasciato dalla morte del padre del regista Andrea Segre e la città di Venezia svuotata dalla pandemia a febbraio e marzo. Un documentario al tempo stesso personale e universale, tra vecchi super 8 e immagini di una Venezia sconosciuta. È in sala in questi giorni

A febbraio di quest’anno il regista Andrea Segre si trova a Venezia per un progetto di film. Nella Laguna ha ambientato Io sono Li (2011), e soltanto l’anno scorso il documentario Il pianeta in mare raccontava il rapporto tra le fabbriche di Marghera e l’ambiente circostante. Venezia, ci dice subito Segre all’inizio di Molecole (presentato in pre-apertura alla Mostra del cinema di Venezia, in sala in questi giorni), è la città del padre, mentre lui l’ha sempre sfiorata, come uomo e come regista, è cresciuto altrove – nella vicina Padova – e ha ambientato i suoi film intorno. L’arrivo della pandemia diventa per il regista l’occasione per indagare due vuoti: la prematura morte del padre e la città che si è svuotata.

 

 

Ad entrambe queste assenze arriviamo con calma, portati per mano da Segre che ci aiuta ad immergerci in vicende al tempo stesso molto personali e molto universali. La famiglia appare sullo schermo grazie a foto d’epoca e bellissimi super 8 girati dal padre, scienziato chimico-fisico esperto di molecole, di origine ebraica, cresciuto in una Venezia che non esiste più. O meglio, non esiste in situazioni normali, rinasce in un certo senso tra febbraio e marzo di quest’anno quando progressivamente si svuota, se ne vanno i turisti, rimangono i veneziani protagonisti del film (pescatori, vogatrici, il responsabile dell’osservatorio delle maree etc.) che ricordano che venti, trenta, quaranta anni fa la città era proprio così. Nelle loro parole si sente sicuramente rimpianto per quella città meno turistica, meno svenduta, ma anche una grande confusione, l’incertezza sul come affrontare questo vuoto che ora sembra pervadere tutto.

 

 

Il corpo a corpo che il regista ingaggia con questi due vuoti è completo: sentiamo Segre fuori campo fin dalla prima scena, che spiega racconta analizza (mai didatticamente, mai troppo prolisso), nella migliore tradizione del film-saggio. Le immagini girate nel 2020 raccontano una Venezia conosciuta, monumenti, canali, nebbia, acqua alta, e al tempo stesso completamente straniante, svuotata, e inedita; sono intersecate con quelle d’epoca, molto belle come lo stesso regista sottolinea, stupito egli stesso dall’attenzione all’inquadratura che il padre metteva in questi rudimentali filmati amatoriali. Diverso statuto hanno i filmati della famosa acqua alta del 2019 fatti vedere con il cellulare da una coppia che abita al primo piano in Laguna: Segre riprende la donna che mostra le immagini sul cellulare, filtrando con il suo punto di vista queste immagini, che non hanno una loro indipendenza come i vecchi super 8.

 

 

Nei prossimi mesi, ma sta già accadendo, saremo probabilmente oberati di film e romanzi sulla pandemia. Questo è soprattutto un film su cosa la pandemia può suscitare, quali sensazioni e emozioni scatena vedere una città perennemente piena di turisti praticamente vuota. E quali ricordi e necessità di fare i conti con il proprio passato ci pone davanti il senso di vulnerabilità e la fragilità che abbiamo vissuto in questi mesi passati. Il regista si guarda allo specchio con la propria cinepresa, riprendendo e facendo maturo lo sguardo bambino della bellissima fotografia che chiude il film, in braccio al padre che scatta una fotografia davanti allo specchio. Solo a fine film conosciamo il nome del padre del regista, e solo a fine film vediamo il futuro della famiglia, la figlia di Segre che corre in circolo intorno al tavolo nella casa occasionale del lockdown. Il tempo non si è davvero fermato, è il compleanno della piccola (sui compleanni su Zoom qualcuno dovrebbe scrivere un saggio), il passato del padre può lascare spazio al futuro della figlia.

Molecole, lungo poco più di un’ora, è un film a bassissimo costo, non pianificato, in un certo senso successo; Segre dice che è sgorgato come l’acqua. Dimostra una cosa tanto banale quanto vera, vecchia quanto il cinema: per fare un film bellissimo e importante possono bastare qualche buona idea, una cinepresa che si muove bene, un attento lavoro sul proprio punto di vista, i volti giusti.

 

In copertina e nel testo alcuni fotogrammi di Molecole di Andrea Segre