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RedStar Press ripubblica “Teppa” di Valerio Marchi

“Hanno sparato fuori l’Olimpico”. Appena all’orecchio mi è arrivata la notizia ho alzato il volume del televisore che nel centro sociale trasmetteva distrattamente la finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, rinunciando a gustarmi con calma la cena ordinata. La seconda cosa che ho pensato invece è stata, immaginando il bailamme di stronzate da sociologi d’accatto e la spirale repressiva, la confusione e le strumentalizzazioni, “cazzo, quanto ci manca Valerio Marchi”. La stessa cosa ho pensato guardando d’estate in tv i riot di Londra e leggendo i commenti al tumulto studentesco e precario del 14 dicembre 2010 in Piazza del Popolo.

Per questo quando ho esultato quando ho letto che Red Star Press stava ripubblicando “Teppa” (con una prefazione di Wu Ming 5), il libro in cui Valerio Marchi mette insieme e racconto con precisione storiografica e passione militante le storie del conflitto giovanile. Storie e non Storia, come precisa nell’introduzione del conflitto giovanile perché una Storia con la esse maiuscole ha altri crismi e criteri di ricerca, e Valerio ha fatto quel che ha potuto al suo meglio e con i mezzi che aveva; ma storie e non storia per appassionare i ribelli e i teppisti di oggi e non regalare all’accademia e basta i sassi che volano per le strade di ogni epoca.

Marchi ci porta così a conoscere le storie di giovani riottosi di tutti i tempi, a scoprire la profonda politicità dei loro atti ascrivibili al semplice “teppismo”. Una violenza che il potere definisce come gratuita e insensata, perché non iscritta nella bilancia dei delitti e delle pene propria del monopolio della violenza di Stato o nel lessico della guerra. E’ un violenza che esplode in occasione dei baccanali o del carnevale, quando il mondo si capovolge e tutto è permesso, per poi rivolgersi verso le macchine degli opifici e i simboli del potere. Così scopriamo le rivolte dei giovani, delle bande di strada del medioevo e dell’età moderna. La rivolta dei Ciompi fiorentini, guidati in battaglia da giovanissimi apprendisti supersfruttati, le bande di orfani e sbandati, vagabondi che sono forza di lavoro di riserva difficilmente addomesticabile, pigri e ubriaconi.

Fino ai Moichani di Londra (quelli raccontati anche nel romanzo Manituana dei Wu Ming) e i Meravigliosi di Parigi del ‘700, giovani aristocratici insoddisfatti della morale dominante, selvaggi metropolitani che si distinguono anche per un particolare tipo di abbigliamento, qui l’estetica comincerà ad essere segno di divisione con il resto della società e di rivolta, proprio come nelle sottoculture giovanili working class dagli anni ’60 in poi. Qui i codici e i consumi culturali saranno il segno della diversità verso il resto e del desiderio di appartenenza e comunità: ted boy, rockers, mods, punk, skinhead, fino ai black bloc e i gli ultras, spesso alleati nel distruggere e saccheggiare le città nelle fantasie di appuntati e cronisti. Il giovane e il teen ager sono categorie e invenzioni che appartengono alla contemporaneità, quel limbo di formazione che allunga il passaggio dall’essere bambini all’essere adulti, e che diventa tempo di rivolta e di ricerca della propria identità e di sperimentazione. Sono i folks devil che agita i sogni di una borghesia che si sente minacciata nella sua tranquillità, che riempie i faldoni delle questure di strampalati rapporti a metà tra l’indagine sociologica e la legenda metropolitana.

La capacità di Valerio Marchi è sempre stata quella di raccontarci queste storie da dentro, da quella sua libreria a San Lorenzo che più che sulla strada stava nella strada. Valerio non scriveva e raccontava agiografie, ma voleva sempre capire e comprendere, senza fare dei ribelli della strada santi o diavoli, cogliendo le contraddizioni e i limiti, ma anche la dignità di ogni gesto di insensata ribellione.

If the kids are united… possono cambiare il mondo