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Rousseau, l’origine o l’inizio secondo Althusser

Da poco pubblicati per la collana “Althusseriana” dell’editore Mimesis gli scritti di Louis Althusser sul materialismo di Rousseau aprono il concetto di “causalità strutturale” verso il mondo della contingenza e degli accidenti che costituiranno il cuore della stagione del materialismo aleatorio

Nella benemerita collana Althusseriana di Mimesis, diretta da Maria Turchetto e Vittorio Morfino, sono stati tradotti, prima dell’estate e poche settimane fa, due nuovi inediti di Louis Althusser, Le vacche nere. Intervista immaginaria (il disagio del XXII congresso), curato da G.M. Goshgarian, e La contingenza dell’inizio. Scritti sul materialismo di Rousseau, a cura di Stefano Pippa. Mentre il primo ha un notevole valore storico e biografico, concernente il sofferto rapporto del filosofo con il Pcf e la sua severa valutazione dei documenti congressuali del 1976, il secondo è di ben maggiore rilievo teorico, raccogliendo i principali studi sul pensiero del Ginevrino e gettando luce sulla formazione dei cruciali concetti di “congiuntura” e “incontro”.

La contingenza dell’inizio comprende Lo statuto della storia in Rousseau, ricavato da un corso più generale sui problemi di filosofia della storia del 1955-56, integrato con appunti degli uditori; due estratti (sul II Discorso e sul Contratto sociale) dal corso del 1965-66 su Rousseau e i suoi predecessori; il corso in tre lezioni su Rousseau del 1972.

Mentre il primo contributo resta senza particolari innovazioni nell’ambito della lettura marxista del Ginevrino, il secondo opera una svolta, che risente evidentemente delle acquisizioni di Per Marx e Leggere il Capitale, che lo precedono immediatamente, e converge con la lettera Sulla genesi del settembre 1966. In questo frammento per molti versi dirimente si delinea una “teoria dell’incontro” destinato a rimpiazzare la categoria ideologica (religiosa) di genesi, mediante genealogie lineari, cioè per filiazione di elementi eterogenei che possono combinarsi e far presa oppure no: per es. capitale accumulato e forza lavoro libera nel processo di accumulazione del capitale, che hanno due genealogie o sequenze indipendenti. Il passaggio dal modo di produzione feudale a quello capitalistico non era obbligatorio o non secondo quel preciso modello. Il primo non è il “padre” del secondo, né il secondo era contenuto in germe nel primo. La causalità strutturale procede per zone o processi meccanico-lineari, ma non garantisce la loro combinazione e la struttura-a-dominante si apre verso una fluttuazione aleatoria che caratterizzerà l’ultima fase del pensiero althusseriano.

Il corso del 1965-66 introduce con forza il tema degli accidenti, di ordine cosmico (la variata inclinazione dell’asse del globo sull’eclittica, Origine lingue), che spingono gli uomini a uscire dallo stato di isolamento, e storico (metallurgia, agricoltura, proprietà privata), che invece sconvolgono la società felicemente formatasi e la spaccano. Con il passar del tempo la contingenza costituente si consolida in necessità, un circolo che può essere interrotto solo in circostanze particolarmente favorevoli per opera di un Legislatore in qualche modo esterno alla (cattiva) unione che deve modificare.

Ben maggiore ampiezza assume tale tesi nel corso del 1972, che si apre proprio ricordando le acquisizioni del corso appena concluso su Machiavelli (pubblicato nel 1995 e tradotto in italiano con il titolo Machiavelli e noi, manifestolibri 1999) e distinguendo l’inizio radicale di una politica collegato allo stato assoluto come fatto da compiere (per il Fiorentino) e la riflessione di Rousseau, che si inserisce in un dispiegarsi dello stato come fatto compiuto, di cui rintracciare l’origine. Mentre però la filosofia del diritto naturale pensa le forme esistenti come derivanti da un’essenza, cerca dunque nel passato i titoli di legittimità del presente, Rousseau le considera come frutto di un caso, di un incontro, quindi rifiuta l’origine come legittimazione dell’ingiustizia vigente. Il paradigma dell’incontro, inizialmente, è quello dell’incontro sessuale casuale, “scopa e fuggi”, l’eventuale secondo incontro è ancora il primo perché non c’è memoria in mezzo. La fine dell’uniformità delle stagioni per inclinazione dell’asse terrestre strappa gli uomini dall’isolamento nella foresta primordiale e li spinge a riunirsi in un commercio indipendente (senza sottomissione dell’uno all’altro), la metallurgia invece avvia le distinzioni di ricchezza e i rapporti di potere fra loro, la foresta cede alla terra coltivata divisa e poi accumulata in poche mani.

Ci sono, quindi, dei salti, ciò che accade alla fine non è riconducibile a ciò che accade all’inizio (le cose potevano andare diversamente), la genesi è scandita da discontinuità, si succedono circoli necessari sempre diversi a partire da uno stato di pura natura (la foresta, lo spazio della non-identità e del non-riconoscimento) che alla lettera è il niente, il grado zero dell’origine. Che è tale e buona (origine di nulla) proprio perché contiene tutte le possibilità senza predeterminarle. Gli accidenti, anzi, sono inizi senza origine che il tempo consolida. Incontro e foresta diventano in questo corso, al pari ovviamente di Machiavelli e Rousseau, altri personaggi concettuali e confluiranno in seguito in una teoria del far presa sull’evento come nella pioggia epicurea e lucreziana degli atomi che il clinamen accidentalmente organizza. Lo stesso contratto sociale è un salto nel vuoto, un gesto contingente e rischioso compiuto volontariamente interrompendo il circolo della proprietà e della diseguaglianza. Il fatto compiuto si trasforma in un fatto da compiere, configurandosi tuttavia come ripristino di una perdita, senza nessuna garanzia di non perdersi a sua volta: «l’utopismo di Rousseau è una coscienza estremamente acuta della sua necessità e della sua impossibilità, cioè della sua precarietà» (p. 184). Siamo così molto vicini alle considerazioni del corso immediatamente antecedente su Machiavelli come filosofo del nuovo in quanto inizio e della congiuntura singolare aleatoria, del luogo vuoto a partire dal quale e nel quale si progetta l’inizio, il posto da riempire a opera del soggetto o meglio agente della pratica politica che deve fondare o rifondare e assicurare la durata di uno stato. Anche la sua utopia consisteva nel «pensare le condizioni di possibilità di un compito impossibile», condizioni di realizzazione stesse che «sono al contempo possibili e pensabili, ma allo stesso tempo impossibili e impensabili, perché aleatorie» (Machiavelli e noi, pp. 88-89).

Su Rousseau e su Machiavelli – dioscuri in un nuovo pantheon di personaggi concettuali della contingenza – Althusser ritornerà negli scritti del suo ultimo periodo, riepilogando ma anche sviluppando ed estremizzando i nessi: per esempio la foresta degli individui senza incontro e senza famiglia, la pioggia parallela degli atomi, il nulla della deviazione che si fa evento, il vuoto pseudo-browniano nel quale gli individui si incrociano fuggevolmente, il niente di società come condizione di possibilità di ogni società, la perfettibilità di un uomo né buono né cattivo come condizione di possibilità trascendentale di ogni anticipazione e di ogni sviluppo, la confutazione preveggente di tutte le teleologie della storia, alle quali pure aveva spalancato la porta contribuendo allo scatenamento della Rivoluzione francese, in nome del materialismo dell’incontro (Sul materialismo aleatorio, Unicopli 2000, pp. 86-93 e 97-98). Jean-Jacques ne esce inutilizzabile per il moderatismo liberale normalizzante e per gli abomini della piattaforma casaleggiana, ma utile per una dinamica rivoluzionaria non obsoleta.

Con un bizzarro corollario. L’accoppiamento sessuale vagante, posto da Rousseau a prototipo di ogni incontro che fa o non fa presa e che anche nel primo caso resta instabile e soggetto a interruzione o revoca, ritorna non tanto nel rapporto violentemente erotico fra virtù e Fortuna in Machiavelli, quanto nella motivazione dell’interesse ossessivo di Althusser stesso per il Fiorentino e per Cesare Borgia: sono le pagine (ibidem, pp. 143 ss.) sul suo soggiorno in Romagna e sull’amore rapinoso e intermittente per Franca Madonia, iniziato nel 1961 a Bertinoro e tenuto parallelo e distante (come altri) dal circolo ossessivo (e alla fine letale) con la moglie Hélène. Franca lo conduce sui luoghi dell’avventura del Valentino in Machiavelli e incarna (suggerisce, produce) l’idea dell’incontro e del riscontro provvisorio, nonché della ricaduta in solitudine (del Valentino, di Machiavelli, di Rousseau e, da ultimo, di Althusser stesso).

 

La contingenza dell’inizio. Scritti sul materialismo di Rousseau, a cura di Stefano Pippa, Mimesis, Milano 2018, pp. 184, 16 €