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ITALIA

«Riconvertiamo le fabbriche di morte» contro il riarmo nella valle del Sacco

La assemblea NoWar Valle del Sacco lancia una mobilitazione in sostegno al popolo palestinese e contro l’economia di guerra, che vede un nodo centrale proprio nella provincia di Roma. Si allarga la lotta per fermare il genocidio a partire dai nostri territori e dalla complicità del sistema capitalistico italiano.

Abbiamo intervistato Federico Bernardini, della Assemblea NoWar Valle del Sacco, in vista della mobilitazione prevista per il 26 ottobre a Colleferro che connette la lotta contro il genocidio alla lotta contro il riarmo. Nella provincia di Roma infatti, hanno luogo progetti di espansione dell’industria bellica connessi con la drammatica situazione internazionale.

Avete lanciato una mobilitazione importante per domenica 26 ottobre, che unisce la solidarietà alla Palestina e la critica all’economia di guerra con la tutela del territorio, ci racconti le ragioni della manifestazione il percorso che ha portato a questa data?

Le ragioni che ci hanno spinto a promuovere la manifestazione sono principalmente tre:

1. Esprimere solidarieta al popolo palestinese e ribadire che siamo per il diritto all’autodeterminazione dei popoli, temendo che questo discutibile accordo di pace possa far calare l’attenzione sul genocidio in atto in Palestina.

2. Ribadire l’opposizione alle politiche di riarmo nazionali ed europee che drenano fondi pubblici e li sottraggono a settori molto sensibili, soprattutto per quanto riguarda la Valle del Sacco, come bonifiche ambientali e sanità pubblica.

3. Chiedere la riconversione delle industrie belliche del territorio (KNDS e Avio) per non sentirci complici della devastazione in Palestina, ma anche in Sudan e Ucraina e negli altri luoghi del mondo dove ci sono conflitti armati.

Il percorso che ci ha portato a questa manifestazione nasce agli inizi del 2024, quando siamo rimasti scioccat* da mesi di risposta brutale dell’IDF ai fatti del 7 ottobre. Ad un certo punto non siamo più riuscit* a rimanere in silenzio ed abbiamo sentito la necessità di creare un coordinamento per cominciare a controbattere la narrazione dominante sulle motivazioni del riaccendersi di un conflitto quasi secolare.

Abbiamo organizzato una serie di cineforum itineranti nei paesi della zona, dove proiettavamo documentari e film che spiegavano la condizione di occupazione e apartheid in cui sono costretti a vivere i palestinesi, forum sulle fabbriche di armamenti, fiaccolate e sit-in in solidarieta con la global sumund flottilla. L’evento più partecipato è stato sicuramente il sit-in contro l’ampliamento della KNDS ad Anagni.

Il territorio di Colleferro è da sempre un territorio sacrificato allo sviluppo del capitale e alla esternalizzazione del peso ecologico di una città come Roma. Potresti spiegarci in che termini?

Colleferro nasce intorno ad una fabbrica di armamenti e di prodotti chimici, durante il ventennio fascista.

Ha sofferto i danni causati dalle scorie di tali industrie, primo fra tutti il betaesaclorocicloesano, una molecola derivata dalla lavorazione del Lindano (un insetticida utilizzato in agricoltura), ma non solo. La presenza di un enorme cementificio e di fabbriche belliche (SNIA BPD) hanno contribuito gravemente all’inquinamento del territorio.

Alla fine anni 90, Colleferro diventa un polo dei rifiuti, con l’istituzione della discarica di Colle Fagiolara e, successivamente, dei due inceneritori. Da qui si comincia a sentire il peso dei rifiuti della capitale che arrivano ad aggravare una situazione già pesantemente compromessa. Attualmente gli inceneritori sono chiusi e la discarica è in fase di chiusura, ma la speculazione non ha abbandonato il nostro territorio. Centinaia di ettari di capannoni per la logistica stanno invadendo la Valle del Sacco, accompagnati da centinaia di ettari di parchi fotovoltaici che sorgeranno su terreni agricoli. Da ultimo, ma non per importanza, oggi assistiamo all’ampliamento delle industrie belliche.

A pochi chilometri da Colleferro, ad Anagni c’è una vicenda salita da qualche tempo agli onori della cronaca per via di un progetto della ditta KNDS, ex Winchester, sui capannoni di una ex fabbrica, ce lo puoi raccontare?

Ad inizio 2025, navigando tra i progetti in VIA sul sito della regione Lazio, un membro della associazione di cui faccio parte, LABC di Paliano, incappa in questo progetto di ampliamento della ex Winchester, oggi KNDS. La KNDS Ammo Italy ha una sede anche a Colleferro dove produce munizionamento di ogni genere, ed è leader mondiale nella produzione di munizionamento navale. Nella sede di Anagni, fino ad ora, si occupavano di dismettere munizionamento scaduto. Questo progetto invece, attraverso il finanziamento europeo ASAP, regala 25 milioni di euro a KNDS per la costruzione di 11 capannoni, destinati alla produzione di nitrogelatina, [esplosivo, necessario per la produzione di propellenti militari ndr] per circa 40 tonnellate al mese.

Non è l’unico caso di industria bellica in espansione nel territorio. Avio Spa, società controllata da Leonardo, che fino a pochi anni fa operava quasi esclusivamente nel settore aerospazio, si sta ampliando nel territorio di Colleferro, grazie ad una variante urbanistica\lottizzazione approvata dalla giunta comunale. Ora ha aperto una sede negli USA con lo scopo dichiarato di arrivare al 40 per cento del suo fatturato derivante dal dipartimento difesa. Avio e’ leader nella produzione di motori per missili terra-aria. Già li produceva per la europea MBDA ma ora comincera a produrli anxche per l’US army e per industrie americane come Raytheon direttamente coinvolte nel genocidio palestinese.

KNDS Ammo Italy produce munizionamento compatibile con l’artiglieria terrestre israeliana e munizionamento navale che potrebbe essere stato utilizzato dalle motovedette israeliane per bombardare Gaza, come ci dice un’inchiesta della rivista Altraeconomia. Purtroppo non possiamo affermare con certezza che KNDS rifornisce direttamente l’IDF ma possiamo affermare che, vendendo munizionamento agli USA, dà la possibilità a questi ultimi di esportare munizioni verso Israele senza svuotare i propri magazzini.

L’economia di guerra a Colleferro oggi impiega persone. Come riuscire, nella vostra esperienza, a superare la dicotomia ambiente e pace vs. lavoro e quindi come allargare il consenso nella lotta contro il riarmo anche in territori come il vostro?

L’economia di guerra oggi a Colleferro impiega più di mille persone, un numero importante in una cittadina di ventimila abitanti. Siamo coscienti di questo e del fatto che da questo lavoro derivi la sopravvivenza di altrettante famiglie. Ed è per questo che chiediamo la riconversione e non la chiusura di queste industrie. Avio e Knds, insieme, occupano quasi mille ettari, oltre un terzo del totale del territorio di Colleferro. La loro presenza inibisce ogni qualsivoglia speranza di sviluppo industriale, agricolo e sociale del nostro territorio, piegandolo alle proprie necessità.

Ad esempio il Comune di Colleferro, intenzionato a creare una nuova area industriale, fa un avviso pubblico per sondare la possibilità di istituirla su terreni agricoli, quando potrebbe semplicemente far leva per utilizzare i terreni industriali posseduti da Secosvim (910 ettari), una società immobiliare controllata al 100 per cento da Avio Spa. Non è questa la strada per una riconversione ecologica dell’area.

La foto di copertina è di Marta D’Avanzo, Dinamopress


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