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Per questo, per altro, per tutto. L’ex GKN è una questione nazionale

Nel libro “Questo lavoro non è vita. La lotta di classe nel XXI secolo. Il caso GKN” (Fuoriscena, 2024) Dario Salvietti, in dialogo con la giornalista Gea Scancarello, racconta una delle più grandi mobilitazioni europee del XXI secolo, la storia collettiva degli operai della ex-Gkn di Campi Bisenzio e della sua cultura di resistenza

Il 9 luglio 2021 arriva un’email alla Rappresenta sindacale unitaria (Rsu) della Gkn di Firenze: per 422 lavoratori e lavoratrici di Campi Bisenzio viene avviata la procedura di licenziamento collettivo. “Cessazione di attività”. Non si sa quando è stata definita, da chi, come si sia arrivati alla delocalizzazione. In Tribunale, il fondo Melrose Industries oserà perfino sostenere che si era deciso il giorno prima di chiudere la mattina dopo. La notizia corre veloce, in meno di un’ora oltre cento operai si radunano ai cancelli dello stabilimento: non è un’occupazione, è di più, è un’assemblea permanente. Difendono la fabbrica per impedirne lo smantellamento, fanno turni serrati, i circoli Arci portano da mangiare, le e gli studenti e le parrocchie dànno una mano, si crea comunità: il presidio non verrà più lasciato incustodito, la fabbrica viene protetta, le macchine restano dove sono.

Due mesi dopo, il 18 settembre 2021, 40mila persone marciano a Firenze contro la procedura di licenziamento. Comincia la storia di una delle più importanti mobilitazioni europee del XXI secolo: è la storia collettiva delle operaie e degli operai della Gkn di Campi Bisenzio, e dello sforzo per creare un precedente, una cultura di resistenza. È la storia di un Capodanno passato in fabbrica, di un tour nazionale e del successo di un Festival della letteratura working class internazionale messo in piedi sulla striscia di cemento a fianco della fabbrica.

Nel libro qui recensito Dario Salvietti dialoga con la giornalista Gea Scancarello. La vicenda del Collettivo di Fabbrica si svolge all’intersezione delle dinamiche industriali di questo Paese, tra erosione dei diritti lavorativi, crisi dell’automotive, speculazione finanziaria, gentrificazione, di fronte alle quali ha ripreso forza una tradizione sindacale viva, tramandata da operaio a operaio dai tempi della Fiat di Firenze, che ha voluto fare convergenza con movimenti e lotte di tutta Italia.

Di questo si tratta: una delle fabbriche di semiassi più sindacalizzate d’Italia fa corpo a corpo con il processo sistemico di de-industrializzazione, di cui la finanziarizzazione e la frammentazione produttiva (appoggiate dal nulla osta delle istituzioni pubbliche) preparano il terreno alla delocalizzazione.

«Se sfondano qui, sfonderanno ovunque». Se basta un’email a distruggere decenni di sindacalizzazione non si tratta di una battaglia isolata, ma del banco di prova di resistenza a quell’architettura impersonale e senza volto di rimpalli tecnico-legali di cui nessuno pare responsabile. È chiaro fin dal motto: anziché «Nessuno tocchi la GKN», l’intento è universale – «Insorgiamo. Per questo, per altro, per tutto».

Un piano di reindustrializzazione ecologico, dal basso

Lo stabilimento ex GKN aveva aperto nel 1994 a Campi Bisenzio, con lo spostamento della Fiat dal quartiere Novoli di Firenze, oggi sede del Polo universitario di Scienze sociali. In quegli anni è passato alla multinazionale britannica Gkn Driveline, fino all’acquisizione, nel 2018, da parte del fondo finanziario Melrose Industries – «Buy, improve, sell», recita il motto di chi chiuderà uno stabilimento in buona salute. Nel 2021, dopo l’annuncio del licenziamento collettivo, viene ceduto a QF srl, società dell’imprenditore Francesco Borgomeo, nominato advisor con l’impegno – mai realizzato – di reindustrializzare il sito. Le sue promesse decadono presto.

Accade allora che lo fanno loro, quel piano industriale. La classe operaia non va al paradiso (per dirla come Elio Petri), ma comincia a invertire i rapporti di potere: rivendica una responsabilità dirigenziale propria, una vera e propria pianificazione di re-industrializzazione che stupisce per l’ampiezza di veduta.

Non più semiassi, ma pannelli solari e cargo bike elettriche: compare un piano di riconversione scritto da decine di attivisti e attiviste, ricercatori e ricercatrici solidali, esperte ed esperti italiani ispirato ai principi della transizione ecologica, con l’aiuto della Scuola Sant’Anna di Pisa e di una start-up italo tedesca.

Il primo piano è del marzo 2022, pubblicato nel Quaderno della Fondazione Feltrinelli. Il secondo viene presentato il 20 dicembre 2022, e finanziato con un’iniziativa di azionariato popolare lanciata nel 2023 (supportato da ARCI, Fridays for Future, Banca Etica). A gestirlo, la cooperativa GFF – Gkn for future, creata ad hoc nel luglio 2023, mentre dalle istituzioni tutto tace, e quanto alla proprietà continua la strategia dilatoria del logoramento dell’impegno operaio. In quello stesso periodo, dopo mesi in cui i lavoratori non avevano ricevuto un euro di cassa integrazione (perché la società QF non aveva trasmesso i flussi UniEmens all’INPS), si arriva a uno sblocco parziale.

La convergenza

E accade che, a partire da una vertenza, dalle esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici una fabbrica industriale e dalla solidarietà di un territorio, la lotta diventa realmente inclusiva, esce verso la società civile che l’accoglie. Il 14 luglio 2021 il sindaco di Campi Bisenzio firmava un’ordinanza con effetto immediato: i tir non possono avvicinarsi allo stabilimento, si vuole evitare lo smantellamento, la fabbrica è di tutte e tutti.

E accade anche che quel nesso tra lavoro e crisi ambientale, tra movimento operaio ed ecologista, al di là fiumi d’inchiostro accademici sulla praticabilità del dispositivo intersezionale, diventa effettuale e non paradossale, perché non c’è giustizia sociale senza giustizia climatica, e viceversa.

Perché il fronte è manifestamente comune, è quello contro lo stesso soggetto non umano a tendenza accumulativa che si tinge di verde: è facile capire che, se chiude una fabbrica inquinante di semiassi, quei pezzi si faranno lo stesso in un altro posto con più sfruttamento.

E gli operai, d’altro canto, non cedono alla provocazione di chi lega i licenziamenti ai costi della svolta ecologica. Il 26 marzo 2022 a Firenze sfilano 30mila persone dietro lo striscione «siamo natura che insorge».

Nel corso di questi anni, hanno attraversato l’Italia con i loro “Insorgiamo tour”, incontrano comunità che si battono per il diritto alla salute, movimenti studenteschi, partecipano agli Stati Genderali lgbtqia+ & Disability, dànno supporto alle zone dell’Emilia-Romagna alluvionate. Convergenza, questo è il nodo cruciale, ribadito con estrema chiarezza dalle parole pronunciate nella notte del Capodanno 2023. «Confessiamo il nostro imbarazzo come operaie e operai Gkn per avervi chiamato qua per i nostri licenziamenti, come se questo fosse l’unico problema del mondo […]. Per noi quei licenziamenti sono un dramma assoluto e sono relativamente ridicoli rispetto a ciò che succede nel Mediterraneo, in Palestina e agli oltre 500.mila morti nel conflitto tra Ucraina e Russia. Però abbiamo il compito di tenere insieme questo relativo e questo assoluto». Per questo, per altro, per tutto.

Dentro i cancelli, la fabbrica è rimasta ancora intatta, la fine del turno è immortalata in un’istantanea di quel 9 luglio 2021. Da allora sono passate tre procedure di licenziamento in tre anni. Le prime due sono state dichiarate illegittime dal Tribunale del Lavoro sulla base dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori (condotta antisindacale), su cui aveva fatto leva il ricorso della Fiom. A quel punto – dicembre 2023 – l’azienda avrebbe dovuto rispettare la legge 234/2021, applicare la sentenza, ma smette di pagare gli stipendi. Da gennaio 2024 a marzo 2025 i lavoratori sono presi per stenti, rimangono senza reddito. È un precedente gravissimo.

Il primo aprile 2025, a pochi giorni dall’inizio del Festival della letteratura working class, arriva la terza procedura di licenziamento per i 120 che continuano a resistere. Il progetto di reindustrializzazione del Collettivo è ancora lì, tra l’immobilismo politico e l’entusiasmo di chi spera, in attesa di essere discusso. «Se verrà sotterrato, sarà un seme».

Immagine di copertina di Margherita Caprilli

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