approfondimenti

ROMA

Vogliamo Tutt’altro: forme di lotta e pratiche per fare-mondi

Oggi si riunisce a Roma a Testaccio l’assemblea dell* lavoratric* dello spettacolo, per discutere insieme su quali saranno i prossimi passi per la mobilitazione del settore della cultura

Uscire dalla paura

Ci sono da dire due cose, e da pensarle simultaneamente, non come una contraddizione. Le condizioni di precarietà e vulnerabilità del mondo delle arti, e delle arti dal vivo in particolare, in Italia sono strutturali e storicamente stratificate: a un sistema di finanziamento pubblico farraginoso e inadeguato e che investe pochissimo in termini economici rispetto alle necessità della produzione contemporanea si somma una sistemica mancanza di welfare. Non esistono misure specifiche per garantire la continuità di reddito a lavorat* dell’arte, in un lavoro che è discontinuo e intermittente per sua natura. Niente di simile ai sistemi di intermittenza di altri paesi europei, trasformando così il settore culturale in un ambiente ad alta precarietà e sfruttamento.

Qualcosa di molto diverso dalle narrazioni classiste di privilegio ed elitarismo che le destre diffondono da anni.

In un contesto di questo tipo, le difficoltà si sono aggravate con i progressivi tagli alla cultura, dalla crisi finanziaria del 2008 a oggi e questo vale per tutti i governi che si sono succeduti, con poche differenze sostanziali. Il centro-sinistra non ha saputo produrre una visione d’insieme e di lungo respiro sul mondo delle arti, non ha avuto idee, non ha saputo mettere mano a un sistema di riforma del welfare. Non l’ha fatto sul piano nazionale e non riesce a farlo neanche sul piano locale e amministrativo, come stiamo vedendo in questi mesi, a Roma ad esempio, dove assistiamo a un impoverimento culturale costante, ma anche rispetto a un pensiero complessivo su città/spazi/cultura come mostra lo sgombero del Leoncavallo.

D’altra parte, bisogna anche registrare una discontinuità violenta che l’attuale governo di estrema destra sta producendo, da leggere nello scenario più ampio di un fascismo globale: le nuove destre intervengono pesantemente sul mondo culturale, sul sistema dei musei, sulle università, nelle nomine alle direzioni, sul cinema e le sue produzioni e, più in generale, tentando di esercitare una pesante egemonia culturale. Quello che sta succedendo nelle università nordamericane, i meccanismi di controllo sui movimenti per la Palestina, l’attacco ai saperi critici sono da osservare tutti assieme – bisogna mettere insieme i pezzi fuori da ogni postura corporativa.

I declassamenti e le espulsioni dal finanziamento pubblico allo spettacolo che si sono visti in agosto, con interventi fuori dalla cornice istituzionale di cui sono stati protagonisti i membri delle Commissioni di area governativa, si traducono di fatto in tagli alle produzioni, ai festival, ai posti di lavoro.

La destra attuale però riempie di ideologia un quadro già avviato dai governi precedenti (in particolare quelli guidati dal centrosinistra con Franceschini Ministro della Cultura) che ridefinisce l’arte e il teatro pubblico in termini quantitativi più che qualitativi – alla logica neoliberista che ha ispirato anche le passate riforme si aggiunge oggi una visione punitiva e antidemocratica. Crisi sistemica e discontinuità antidemocratica prodotta dai fascismi globali – in questo scenario c’è da muoversi, attivarsi, creare alleanze.

Siamo in un tempo di genocidio e l’economia di guerra e di riarmo sta avanzando, ai danni della sanità pubblica, della formazione, della cultura, del benessere di tutte e tutt*. Il restringimento dello spazio politico e la criminalizzazione di ogni forma di dissenso e conflitto sono pericolosissimi: dal DL Sicurezza agli sgomberi effettuati e minacciati, e stanno colpendo i movimenti di climattivist*, e studentesse e studenti nelle università. Arte e cultura ne sono investite in pieno.

Ecco perché i parziali reintegri arrivati in estate ad alcune delle realtà colpite e ottenuti anche grazie alle mobilitazioni non hanno fermato l’onda delle proteste – molte assemblee hanno continuato a riunirsi, a crescere, a moltiplicarsi dandosi appuntamento a Roma lunedì 8 settembre – centinaia di partecipanti delle assemblee territoriali di lavorat_ dell’arte e dello spettacolo da 17 città in cui sono nate assemblee dal basso e guardando/desiderando forme di alleanza con le/i lavorat_ precari dell’editoria, del cinema, della televisione e della radio, dei beni culturali, della scuola, dell’università, i movimenti sindacali, le associazioni di categoria, gli spazi culturali  indipendenti e/o autogestiti, ma anche singole/i artist*, student*, tecniche/i studiose/i, curatrici/ori, direttrici e direttori di piccole e grandi istituzioni culturali, delle associazioni e delle imprese culturali. Ecco come abbiamo pensato questa giornata.

Apertura del mattino

Inizieremo alle 9.30 negli spazi della Pelanda a Testaccio, messi a disposizione dal festival internazionale di arti performative Short Theatre, in complicità con l’assemblea. Aprirà l’assemblea l’installazione di Taring Padi, collettivo di artistx/attivistx indonesiani, a Roma per una residenza alla galleria Cantadora – attivo dal 1998, Taring Padi utilizza diversi formati grafici e narrativi e fu il loro lavoro ad aprire una controversia durante documenta15, tra le più rilevanti mostre dell’arte contemporanea che si tiene a Kassel e che ha anticipato tante delle questioni che si sono aperte in questi ultimi due anni sulla censura e sull’uso strumentale dell’antisemitismo. Le illustrazioni di Taring Padi furono accusate di essere antisemite per le raffigurazioni dell’esercito israeliano e le critiche portarono alle dimissioni della direttrice della mostra.

L’opera presentata in assemblea è un arazzo-striscione dal titolo  الشعوب عدالة / People’s Justice (2024), creato nelle giornate organizzate da ANGA Art Not Genocide Alliance a Venezia, durante le proteste contro il padiglione israeliano in Biennale e a sostegno della Palestina. L’arte non è uno spazio neutro, non è mai stato così chiaro come in questi mesi di censure, doppi standard, artwashing filosionista.

di Ilenia Caleo

Fare assemblea, assemblarsi

L’assemblea è una pratica politica in sè, oltre che un momento decisionale – è forte il bisogno di ritrovarsi, con i corpi, discutere, pensare insieme. Tutte ricordiamo la forza non solo rappresentativa ma immaginativa, produttiva, organizzativa, performativa delle assemblee nazionali di Non Una Di Meno. In questi mesi abbiamo “inventato” una pratica sull’emergenza, facendo assemblee nazionali online mentre nelle città si radunavano simultaneamente assemblee in presenza. È stato un modo per tenere insieme singole.i lavorat* e artist*, compagnie, festival, teatri, istituzioni artistiche; ora sentiamo il bisogno di incontrarci con i corpi, dal vivo.

Pensiamo l’assemblea come una pratica transfemminista di pensiero collettivo, un momento di autoformazione e insieme di costruzione di discorso pubblico. Vogliamo un’assemblea aperta e accogliente per tutti i corpi, per le singole e per i collettivi.

A fine luglio, il quadro delle assegnazioni pubbliche per il triennio 2025/27 del FNSV (Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo) a opera del Ministero della Cultura è compiuto, eppure la mobilitazione resta attiva – l’incertezza è altissima, per i prossimi anni, mentre il lavoro artistico e culturale diventa sempre meno accessibile: si lavora sempre meno e in condizioni sempre peggiori. Il disegno che emerge dai tagli e dalle valutazioni delle Commissioni governative sui finanziamenti pubblici è chiaro: definanziare e smantellare le realtà che a vari livelli lavorano sui linguaggi più sperimentali e contemporanei, sostenendo piuttosto realtà conservatrici e commerciali. Vengono attaccati centri di produzione e formazione per la danza contemporanea, progettualità di artist* disabili, i luoghi che lavorano dai margini, anche geografici (il Sud, la Sardegna), i progetti che adottano il linguaggio inclusivo nella scrittura delle domande, i percorsi più sperimentali, innovativi, transdisciplinari. È chiaro il progetto di una cultura di regime.

Ci prendiamo il tempo dunque, per stare insieme e costruire una giornata intera di assemblea, in una durata più lunga e distesa delle classiche assemblee decisionale, per lasciare spazio agli imprevisti, alle domande, alle interferenze.

Tavoli di lavoro: idee, domande, spunti, pratiche

Immaginare. Immaginare nuovi modelli di finanziamento pubblico e di produzione, ripensare l’arte come creazione di comune e come diritto primario, inventare nuove istituzioni artistiche a partire dalle condizioni materiali e dalle economie. Visualizzare e concretizzare le alternative alla privatizzazione, e le potenzialità che dispiegano, per garantire sia autonomia che sostenibilità.

Organizzare. Una mappatura degli strumenti che abbiamo a disposizione, per nominare i diritti di lavorat* dell’arte e della cultura e pensare dispositivi di welfare e di tutela del lavoro e del reddito. La precarietà aumenta l’esposizione, la vulnerabilità, la violenza di genere, le relazioni di potere. Il reddito è uno strumento di autonomia e di uscita dallo sfruttamento e dalla violenza.

Convergere. Fare una mappa delle lotte, dei collettivi, delle azioni diffuse e specifiche in un’idea di convergenza priva di uniformità, di simultaneità delle lotte, di potenziamento reciproco e di connessioni interrelate. Contrastare la frammentazione, rafforzare i fili, le infrastrutture autonome – dall’idea di uno sciopero della cultura, chiamato dall* lavorat* dei beni culturali Mi Riconosci, passando per la scuole, le università, il cinema, l’editoria, il mondo del giornalismo e articolando dentro questi nessi le lotte a fianco della Palestina, affinché non siano solo testimonianza, ma si incarnino nelle pratiche, leggendo la violenza della guerra e del genocidio come una trama che tiene insieme diverse soggettività. Pensare lo sciopero, in tante forme possibili.

Insorgere. Costruire, attrezzare, allenare le pratiche di lotta e di organizzazione, non farci schiacciare dalla paura della criminalizzazione, fare le crepe nel clima di guerra. Rinominare la dimensione conflittuale come forza generativa, pensando diverse scale sui territori. Bruciare, infiammarsi.

Agire/reagire/istituire altrimenti

C’è da opporsi al progetto delle destre, che si proietta sul lungo periodo, di impoverimento dei linguaggi, di semplificazione del discorso e dei sistemi complessi, di diffusione di una cultura generalista, accomodante e razzista, di insofferenza verso il pensiero critico uno strumento di governo. Dobbiamo rispondere, creare le condizioni per una reazione all’altezza della crisi nazionale e internazionale.

Serve una sollevazione del mondo della cultura.

Insorgere come sono insorti gli operai e le operaie di fronte ai licenziamenti di massa della GKN. Bloccare tutto, come minacciano i lavoratori del porto di Genova se la Flotilla verrà bloccata. Occupare spazi per occupare discorso e fare altri mondi – resistere non basta, dobbiamo istituire dal basso altre forme del vivere associato, modi altri di relazione. Scioperare, in tutte le forme che la nostra immaginazione produce. Convocare subito uno sciopero generale, per la Palestina libera, contro la guerra coloniale e l’apartheid israeliano.

Da femministe, prendersi sulle spalle la responsabilità, il piacere e il desiderio del conflitto sociale che spacca la violenza e la depressione del presente e crea le possibilità del futuro. Di diversi e molteplici futuri. La precarietà delle nostre vite è la precarietà di molte altre vite, resa più acuta e feroce dalla guerra, dal riarmo, dal genocidio – la vita delle donne, delle soggettività queer, razzializzate, colonizzate, povere.

PROGRAMMA

in complicità con il festival Short Theatre | Pelanda

🔸H9.30 arrivi/caffè/saluti – attivazione collettiva del banner di Tarin Pading (Indonesia)
🔸H10.30/11.30 apertura assemblea >introduzione sui punti di lavoro e pratiche della giornata
🔸H11.30/13.30 4 tavoli di lavoro simultanei: ɪᴍᴍᴀɢɪɴᴀʀᴇ / ᴏʀɢᴀɴɪᴢᴢᴀʀᴇ / ᴄᴏɴᴠᴇʀɢᴇʀᴇ /.ɪɴꜱᴏʀɢᴇʀᴇ .

➖H13.30/15.00 pausa pranzo➖

🔸H15.00/18:00 plenaria: idee/proposte dai tavoli + interventi liberi
🔸H18.30 Bojana Kunst𝘦 𝘪𝘭 𝘭𝘢𝘵𝘰 𝘰𝘴𝘤𝘶𝘳𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭’𝘢𝘳𝘵𝘦 [in complicità con Short Theatre]

>>dalle 21.00 CENA PALESTINESE 🇯🇴 + 𝐹𝐸𝒮𝒯𝒜𝒜𝒜𝒜 >>> ANGELO MAI

L’immagine di copertina è di Ilenia Caleo


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