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Nina Negri: una donna liberata

Liberamente ispirato al film Una donna (A woman under the influence) di John Cassavetes, in Sous Influence Nina Negri mette in scena la rivolta di Mabel contro le influenze che soffocano la sua liberazione. La storia di una rinascita e una potente riflessione sulla politica e i femminismi

Liberamente ispirato al film Una moglie (A woman under the influence, 1974) di John Cassavetes, Nina Negri ha messo in scena a Losanna e Ginevra la rivolta di Mabel contro le “influenze” che soffocano la sua liberazione. Nick (interpretato da Guillaume Miramond) e gli altri la bloccano nel ruolo di bambolina devota, di madre esemplare, di donna senza storia.

Facciamo festa

Sul palcoscenico di Sous Influence Mabel non è più prigioniera della famiglia e dell’obbligo di essere conforme alla norma. Annulla la quarta parete che la separa dal mondo, la stessa che separa gli attori dal pubblico.

Lo spettacolo gira intorno all’attrice belga Laura Den Hodt che non cerca di interpretare l’inimitabile Gena Rowlands, protagonista del film di Cassavetes, ma reinventa il personaggio e rivela uno straordinario talento multiforme. Laura-Mabel canta, lei ride, lei ha una mimica sconvolgente, lei parla più lingue, lei muta.

E noi con lei.

Da subito, mentre ci sediamo in platea, alla Comédie di Ginevra, Laura-Mabel si è rivolta a me, e a molti altri.

Facciamo festa, dice.

Che festa dobbiamo fare, Mabel?

Una festa collettiva. Chi si libera, non è solo. È il desiderio delle Mabel di tutto il mondo. Quanto di più remoto, scandaloso, inaccettabile c’è, oggi, quando è più facile l’autoboicottaggio, il risentimento, la sofferenza, l’estenuazione, l’odio puro e semplice.

Un casino terribile

Riavvolgiamo il nastro. Guardiamo il film di Cassavetes. E poi torniamo al palcoscenico.

Allora, ci sono un uomo, una donna e tre bambini. Di origine italiana, Nick Longhetti è un capocantiere in un’impresa di costruzioni. Mabel si occupa della sua casa. I bambini sono come tutti i bambini: dolci, scatenati, vulnerabili. Persone che dovrebbero essere felici.

Eppure.

I vicini dicono che Mabel è un po’ matta. Ha tic e idee strane. Nick adora sua moglie, ma a volte trova difficile sopportare le sue stravaganze. Perché, per esempio, Mabel bacia gli amici operai di Nick che invita a mangiare gli spaghetti? Perché si mette a ballare  davanti a un estraneo? Perché lascia che i bambini corrano nudi per casa? Perché i terrori, le ansie, gli inspiegabili attacchi di depressione?

Quella sera Mabel aspettava Nick a casa per passare una notte d’amore, ma Nick è rimasto bloccato al lavoro. Lei va in un bar, si ubriaca, viene riportata a casa da un uomo, si risveglia a letto con lui. Dopo avere approfittato di Mabel lui racconta di avere divorziato due volte e di «non essere in grado di trattenere una donna». La disperazione, la degradazione.

Nick la ama, ma si inquieta perché Mabel non risponde alle norme in cui una donna dovrebbe essere riconosciuta. La ama e la punisce per il suo bene. Ti amo, ma «sei nervosa». L’amore, ha scritto Lea Melandri, è annodato tragicamente con la violenza.

Dopo una crisi più violenta delle altre, Mabel viene fatta rinchiudere dal marito in un manicomio per sei mesi. Il giorno del suo ritorno, la famiglia e i compagni di lavoro di Nick, le loro mogli, sono riuniti come un tribunale per giudicare la sua ritrovata “normalità”. «Sei uno stronzo Nick», dice un’amica e lo convince a sciogliere all’istante il plotone di esecuzione. «Ci dev’essere solo la famiglia» – dice la madre di Nick.

Mabel appare calma, in pace, ben educata, saggia come una foto di una rivista. La famiglia è rassicurata. Eccomi, dice Mabel, sono “normale”. Come mi volete voi. Ma io non so più come comportarmi, la norma non ha nulla di naturale, mentre voi credete che io sia fuori di testa.

Tutto ricomincia.

Questa Mabel non è la “loro” Mabel. La donna, la madre, che amano e di cui hanno bisogno. Mabel perde le staffe. Una scena ancora peggiore del solito. Nick va nel panico, i bambini urlano. Poi torna di nuovo la calma. «Non so cosa mi sia successo», dice Mabel. Con Nick mette a letto i bambini, apre il divano letto nella sala da pranzo. Si preparano per la notte. «Un casino terribile», dice Mabel con un sorriso. Da questo “casino”, finiranno forse per uscirne. Insieme. Ora Nick guarda sua moglie, come non l’aveva mai guardata prima, come se avesse improvvisamente capito il suo segreto.

Una politica

Ci sono due femminismi e due stagioni diverse della liberazione che si parlano nello spettacolo di Nina Negri. La liberazione entro i suoi limiti, la liberazione nella prassi in cui diventiamo altro.

La Mabel di Cassavetes fa delirare il suo ruolo di Donna-Madre-Moglie, dentro di sé matura una potenza senza impiego, il suo problema è affermare ciò che per gli altri, a cominciare da chi la ama, è ritenuto impresentabile. Qui l’amore messo a nudo da Mabel sembra non avere più parole anche se non è prigioniero della psicologia in un’istituzione totale.

La Mabel di Nina Negri mette all’opera la sua potenza. Lo spettacolo è l’affermazione di un desiderio, tragico e gioioso, non è innocente e inquietante. Il prima e il dopo non sono determinazioni successive nel corso del tempo, ma due facce della stessa potenza. Il passaggio da una potenza entro i suoi limiti a una potenza che coesiste con le altre e si trasforma, forma una singolarità.

I due movimenti si parlano nel pensiero della liberazione. Così avviene anche sulla scena dove la teoria non è astratta dal suo oggetto, ma è una pratica fa parte dello stesso movimento. La parola raggiunge il proprio limite che la separa dal visivo. Il visivo supera il limite che lo separa dal sonoro. La danza produce il nuovo, l’imprevisto. È un riconcatenamento tra la norma e il suo fuori, tra l’amore e il suo opposto, tra il diritto e il suo rovescio. Questa è una politica.

Rinascita

L’oltrepassamento dei limiti è rappresentato con invenzioni registiche notevoli. Il legame tra amore e violenza è rappresentato attraverso il krump, una danza nata nella comunità afroamericana di Los Angeles alla fine degli anni Novanta. Una ballerina (Mamu Tshi e Solie Warren, in alternanza) e un ballerino (Dakota Simao) si confrontano in una lotta. Se nel film di Cassavetes l’amore e la violenza passano attraverso gli sguardi di Gena Rowlands e Peter Falk, qui passano attraverso i corpi impegnati in azioni per dare una forma all’incommensurabile.

La scenografia è composta da pareti di vetro componibili che formano labirinti all’interno dei quali si muovono i personaggi. La reclusione psichiatrica di Mabel è rappresentata come un acquario. Mabel è all’interno, come un pesce. Sulle pareti del parallelepipedo sono proiettate le sue immagini nell’oceano, un liquido amniotico dove si perde, fa le capriole, boccheggia.

Sous influence è la storia di una rinascita. Sulle note di un’aria del Lago dei cigni di Ciajkovskij è reinventata con i suoni urbani del krump. La liberazione avviene con tre bambini in scena con i quali Mabel balla, esorcizza, abbatte i muri, ritorna alla vita. Sono loro che spogliano Mabel dalla salopette color carne che indossa come se fosse nella fabbrica delle norme e la rivestono come un cigno.

La fine è un inizio. Laura-Mabel canta una canzone sublime.

«Come funzionerà?/Non so/ Dove porterà?/ Non so dove sta andando?/ Nessuna emozione fittizia/ Dai il massimo/Non c’è bisogno di essere buoni/Non c’è bisogno di nulla/ Nessuno scudo, No/ È solo aperto/ L’amore continua/ E come il gatto ho sette vite».

«Sono una donna che sorride. Una specie di miracolo vivente».

«Volete stare al mio fianco?»

***

Sous Influence

Sous Influence

Regia e Coreografia: Nina Negri

Con: Laura Den Hondt, Guillaume Miramond, Dakota Simao, Mamu Tshi in alternanza con Solie Warren (aka Girl Mainevent); e tre bambini/e: Sami Oliveira, Solène Bertholet e Yvana Ortega-Yavita in alternanza con Léane Dufour, Maelys Dufour et Marc Elenevsky

Collaborazione artistica: Agathe Hazard Raboud; Drammaturgia: Marion Stoufflet; Coreografia dei bambini: Alex Landa Aguirreche; Coreografia Krump:  Dakota Simao, Mamu Tshi, Solie Warren (aka Girl Mainevent); Composizione e direzione musicale: Boris Boublil; Composizione musica Krump: Mozarf; Scenografia: Neda Loncarevic, Lucie Meyer; Luci:  Etienne Gaches; Video: Jérôme Vernez; Suono: Patrick Gross; Costumi: Tony Teixeira; Riprese video: Christopher Gallo, Francesca Fago, Jérôme Vernez; Drammaturgia scenica collettiva: Coline Bardin, Piera Bellato, Prune Beuchat, Sarah Calcine, Arianna Camilli, Marion Chabloz, Cyprien Colombo, Susanna Dimitri, Maxime Gorbatchevsky, Cécile Goussard, Arnaud Huguenin, Loic Le Manac’h, Mélina Martin, Delphine Mouly, Flavia Papadaniel, Leon David Salazar; Pensiero-montaggio: Clémentine Colpin; Canto: Francine Acolas; Osservazione e assistenza: Yakup Basboga, Nikolett Kuffa; Amministrazione e diffusione: Manon Monnier.

Produzione: Compagnia AlmaVenus

Coproduzione: Théâtre Vidy-Lausanne, Comédie De Genève