MONDO

Morti e violenze nel cuore di Asmara

Il coordinamento Eritrea Democratica chiede all’Unesco, che ha recentemente nominato la capitale eritrea “patrimonio dell’umanità”, di isolare il sanguinario regime di Isaias Afewerki.

Torniamo a chiedere verità e giustizia per l’Eritrea. Torniamo a chiederlo all’Unione Europea e all’Italia ma in particolare all’Unesco, per quello che è successo in questi giorni ad Asmara, in nome di quei valori che hanno indotto l’ultima commissione annuale, riunita a Cracovia, a inserire la nostra Capitale tra i siti considerati Patrimonio dell’Umanità.

I fatti

Il regime ha chiuso con la forza la Diaa Islamic School, arrestando il presidente onorario dell’istituto, Haj Mussa, un personaggio che è punto di riferimento per migliaia di eritrei, islamici e non. Dopo che in passato sono state cancellate quelle di Mahad e Jaliya, la Diaa era l’unica scuola islamica rimasta ad Asmara: la frequentavano tremila studenti ed è sempre stata un centro di cultura e confronto.

Contro questa ennesima angheria del regime centinaia di persone, in buona parte studenti, non sono rimaste inerti, raggiungendo d’istinto la grande moschea Al Kulafah Al Rashidin, la più importante e frequentata della città. Ne è nata una manifestazione di protesta spontanea, con un corteo che si è incamminato sul viale della Libertà, il corso principale, per raggiungere il palazzo del presidente Isaias Afewerki, ma lungo la strada è stato affrontato dalle forze di sicurezza, che lo hanno aggredito e disperso a manganellate e a colpi di arma da fuoco. Secondo la Red Sea Afar Organization, uno dei gruppi di resistenza, ci sarebbero stati morti e feriti. Di sicuro ci sono numerosi arresti: giovani quasi certamente destinati a sparire in una delle centinaia di prigioni della dittatura, come è già accaduto a migliaia di dissidenti, dei quali non si ha più traccia da anni.

Il teatro delle violenze

Le violenze della polizia sono documentate da numerosi filmati fatti con i cellulari: si scorge la folla che fugge, si intravedono uomini armati, si odono distintamente i colpi di arma da fuoco, un’autentica, sconvolgente mitraglia. Tutto questo nel cuore della “città italiana” appena dichiarata Patrimonio dell’Umanità. A fare da sfondo a quelle immagini di autentica “caccia all’uomo” sono, infatti, gli edifici liberty, razionalisti, futuristi che hanno reso unica Asmara. E’ proprio lì, lungo quel corso intitolato alla Libertà, infatti, che si trovano alcune delle testimonianze più preziose della città costruita tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900. Quegli edifici e quelle linee urbanistiche che hanno attirato l’attenzione di docenti universitari, ricercatori, artisti, architetti di tutto il mondo, ma in particolare italiani del Politecnico di Milano, promuovendo una serie di studi e interventi che, alla fine, hanno convinto l’Unesco a riconoscere l’unicità e il valore internazionale di una capitale come Asmara. Non si può fare a meno di considerare, allora, come sia stridente il contrasto tra quelle violenze e i valori espressi dal “teatro” in cui vengono perpetrate.

Il luogo del vivere insieme

Ecco, i valori di quel “teatro”. La diaspora e la resistenza hanno gioito e riconosciuto immediatamente che la dichiarazione dell’Unesco è stata un grande traguardo per la nostra Capitale. Ma, come all’indomani della dichiarazione, anche oggi non si può non sottolineare che una città non è soltanto architetture e urbanistica prese in sé: una città è innanzi tutto il “luogo del vivere insieme”, il luogo dove ci si incontra, ci si confronta, si discute… Ad Asmara tutto questo non è possibile. Ad Asmara accade che un regime chiuda una scuola libera come ha fatto con la Diaa Islamic School e con altre ancora. E che reprima con estrema violenza chi cerca di opporsi a questa violazione evidente dei diritti o semplicemente cerca di protestare. Ma se può accadere impunemente tutto questo, se non si può neanche far sentire la propria voce, allora Asmara, nonostante i suoi mirabili edifici, non è una vera città: le manca il requisito essenziale di “luogo del vivere insieme”.

Qualche considerazione e una richiesta

C’è da domandarsi, allora, se la scelta fatta dall’Unesco a Cracovia non richieda un ripensamento. E’ ovvio che l’urbanistica e l’architettura del cuore di Asmara testimoniano un grande valore umano e culturale. Un valore che l’Unesco ha saputo cogliere bene. Anzi, che l’Unesco ha doverosamente colto. Ma proprio perché quell’urbanistica e quell’architettura definiscono una cultura del “vivere insieme” non si può prescindere da come si vive oggi ad Asmara.

Cultura del vivere insieme significa apertura, disponibilità, confronto, discussione, considerazione e rispetto dell’altro. Libertà. Tutto questo oggi, ad Asmara e nell’intera Eritrea, non c’è. Da anni. Proprio in nome di questi valori e per non condannare all’oblio le tante vittime della dittatura, chiediamo allora all’Unesco, all’Unione Europea e all’Italia di sospendere tutte le iniziative e le attività di ricerca, finanziamento, studio, recupero, valorizzazione ricollegabili al riconoscimento di Asmara come Patrimonio dell’Umanità: una sorta di “embargo culturale”, fino a quando nel Paese non verranno ristabilite la libertà e la democrazia.

Per non essere complici

E’ qui il punto. La cultura, se è tale, non può voltarsi dall’altra parte di fronte alla violazione palese, costante, sistematica dei diritti umani. Di fronte al “terrore eretto a sistema” documentato da ben due commissioni d’inchiesta delle Nazioni Unite. Non può fingere di ignorare, la cultura, come si vive e cosa accade tutti i giorni, giorno per giorno, ad Asmara e nell’intero paese. Non può non porsi pesanti, doverosi interrogativi sulla sorte delle vittime della violenza di Stato: delle migliaia di oppositori o dissidenti uccisi o fatti sparire nel buio di una galera. Senza la minima possibilità di difendersi perché spesso sono stati arrestati senza che venisse formulata alcuna accusa nei loro confronti. “Cancellati” e basta.

Non porsi questo problema, trincerandosi magari dietro l’indubbio, enorme valore architettonico/urbanistico di Asmara, significherebbe contribuire ad assolvere o comunque ad ignorare la realtà di un regime feroce e inumano, che ha fatto di Asmara la capitale di uno Stato prigione. Confidiamo, allora, che l’Unesco, l’Unione Europea, l’Italia, le Università, i singoli studiosi e ricercatori che hanno “riscoperto” il valore di Asmara per la storia dell’umanità intera, vogliano unirsi alla condanna e all’isolamento del regime, cessando immediatamente ogni forma di contatto e collaborazione, in nome di quell’esigenza di verità e giustizia che non può non essere radicata profondamente in ogni uomo di cultura.

Mai come ora restare indifferenti e in silenzio equivale a rendersi complici Ne sarebbero infangati anche i valori che fanno di Asmara un Patrimonio dell’Umanità.

Bologna, novembre 2017

Pubblicato su eritreademocratica