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La via di fuga di Keith Flint

L’irruzione di Keith Flint e dei Prodigy alla fine degli anni Novanta si inserisce in uno scenario musicale e culturale in cui tutto sembrava rinascere. Oggi, con la scomparsa del cantante britannico, quel momento sembra chiudersi definitivamente

Il 4 marzo del 1994 nella suite dell’Hotel Excelsior a Roma, Kurt Cobain venne trovato sul letto dalla moglie Courtney Love. Aveva ingurgitato 60 pillole di Roipnol. Un mese dopo riuscì a farla finita, con un colpo di fucile in faccia. Era la fine di un’epoca musicale caratterizzata dal grunge, in cui camicie di flanella e cardigan di lana sdrucita facevano da padroni mentre in qualche sperduto paesino di provincia ci si accontentava di Vasco Rossi, o peggio di Ligabue o dei Litfiba.

Due anni dopo, nello stesso mese di marzo, per qualcuno ci fu la svolta. Era il 1996: al cinema usciva Trainspotting, la rete globale era ancora un miraggio e la tv l’unico contatto col mondo esterno. Nei tediosi pomeriggi della provincia, sintonizzati cronicamente su Telemontecarlo 2, avvenne la folgorazione: un video in bianco e nero, un tunnel e un suono elettronico che ricorda una sirena antiatomica.

Sullo schermo un tizio che a prima vista sembra un punk. Piercing al setto nasale come un toro che sfida l’arena, piercing alla lingua visibile dalle numerose boccacce che propina all’obiettivo, occhi truccati di nero e una doppia cresta che lo fa sembrare un diavolo metropolitano. È Keith Flint, vocalist e ballerino di una nuova band inglese, The Prodigy.

Le prime strofe di quella canzone sono propiziatorie: «I’m the trouble starter, punkin’ instigator». Il brano è intitolato Firestarter. È amore a prima vista, impossibile staccare gli occhi dallo schermo per i 3 minuti e 45 secondi di durata del video. Quel tunnel è la via di fuga dalla noiosa quotidianità di provincia e dagli adorati cd dei Nirvana.

 

 

Si inizia ad amare quella fusione di musica elettronica e rock condita da un’estetica punk. È il periodo dei rave, delle sostanze, di tatuaggi, piercing, creste centrali o laterali, continuamente decolorate e colorate col verde marcio o col rosso accesso. È la fine degli anni ’90 e Keith Flint attraverso i Prodigy rappresenta a pieno quel periodo in cui tutto sembrava rinascere.

Sarà di nuovo la data del 4 marzo 2019 a marcare la definitiva morte di quel momento: Keith Flint viene trovato nella sua casa di campagna nell’Essex privo di vita. In un’intervista nel 2015 aveva dichiarato: «quando avrò finito, mi ucciderò».

Grazie all’appicciafuoco, al creatore di problemi, all’istigatore di punk che durante la sua carriera ha ispirato una generazione. Grazie per averci stupito, perché ci siamo fatti e riempiti di quelle emozioni. E questo sì, ce lo terremo per sempre. 

 

L’autore, aka Il Tukano, cura il blog dirtytoilets, dove recensisce «concerti dal punto di vista di uno spettatore ubriaco e molesto in locali e sale live i cui bagni sono rigorosamente sporchi e luridi».