cult

CULT

Il “nuovo” Principe

In occasione del Cinquecentenario del Principe esce la prima traduzione interlineare in italiano moderno del testo di Machiavelli

Traduzione o, per usare le parole del curatore del commento, Gabriele Pedullà, “riformulazione”, come problematizza anche nella Nota il traduttore Carmine Donzelli. La scrittura in italiano moderno conserva dunque il ritmo, la sintassi, sceglie anche di non tradurre ove sia possibile per affinità linguistica tra il fiorentino volgare e l’italiano moderno, costituendo così un utile supporto alla lettura, se non sostituisce (almeno per gli italofoni) l’approccio diretto al testo e alla lingua di Machiavelli.

Di notevole importanza è il commento al testo, che non solo riporta e si confronta con le precedenti edizioni più accreditate, ma le integra con un ricco repertorio di antecedenti e contemporanei umanisti su cui Pedullà si era già in parte misurato nella sua monografia Machiavelli in tumulto (2011), registrando in tal modo la possibile diffusione a livello di «luoghi comuni nella letteratura politica» di alcuni testi decisivi per la cultura dell’epoca (ad esempio, Pontano). Un primo esperimento diretto sul testo del Principe, che valorizza nella ricerca delle fonti il ruolo dell’oralità in rapporto alla scrittura.

Anche la solida Introduzione fa autorevolmente il punto su alcune questioni interpretative molto spinose, arricchendo di carte geografiche e schemi esplicativi le ipotesi di lettura e permettendo così a questa nuova edizione di adempiere a una duplice funzione didattica e di ricerca. In essa ben si chiarisce perché quel “geniale scritto d’occasione” – steso post res perditas sotto la pressione di congiunture storiche drammatiche, l’invasione spagnola e la concomitante caduta del Gonfalonierato di Soderini – sia tuttora attuale: «nel Principe vi è qualcosa che ancor oggi cattura i lettori di tutto il mondo e va ben oltre il presunto scandalo di una politica liberata dalla morale.

Passione. Energia. Intensità. Poche altre opere della filosofia occidentale ci ricordano altrettanto bene che, per chi lo sa cogliere, il momento giusto è ora, e che già domani potrebbe essere troppo tardi». Il contenuto della metafora della Fortuna, sempre più rappresentata iconograficamente alle soglie del Cinquecento in stretta assonanza con l’Occasione, piuttosto che attraverso la tradizionale immagine boeziana della ruota.

L’obiettivo di Machiavelli è, nell’ipotesi complessiva di Pedullà, proporre a Lorenzo II dei Medici un nuovo principato capace di fondarsi su «un’alleanza con la moltitudine contro i grandi», dando corpo teorico, nelle vesti di uno scritto apparentemente tradizionale (lo speculum principis), all’Ordinanza, ovvero una milizia reclutata nel contado per rendere Firenze simultaneamente indipendente dai mercenari (e dal dispendio finanziario che comportavano) e dalle potenze esterne, come recentemente hanno documentato A. Guidi e J. Barthas. Con grande puntualità Pedullà mostra che il rapporto tra Principe e Specula non è di pura contrapposizione, ma di volta in volta le novità vengono inserite in un quadro di innovazioni che funzionano per «dislocazione, inserzione e sottrazione».

Di altrettanto interesse è la rilettura del Centauro nell’intersezione con il ruolo fondamentale della caccia, con una pedagogia realistica e l’imitazione della bestia, con la conoscenza del territorio e l’addestramento alla guerra. Un attento confronto con la teoria bartoliana del tiranno e l’annosa questione dell’assenza del termine all’interno del Principe mostra quali siano gli spostamenti introdotti da Machiavelli in vista di una nuova concezione del bene comune. L’autonomia della politica, infine, è riletta come autonomia del politico (il principe nuovo) dalle ingerenze esterne, dal sistema pattizio feudale e infine anche dal ruolo degli umori (il principe deve avere il favore del popolo, ma al contempo mantenersene indipendente), controbilanciata d’altra parte dai “vincoli” che gli impediscono di diventare ab-solutus.

Più opinabili appaiono invece alcune considerazioni sul ruolo dei Romani – nel Principe e nei Discorsi –, sul posto della filosofia e sui destinatari. Nel primo caso si potrebbe discutere del ruolo del modello in rapporto a una teoria dell’imitazione che si confronta tanto con il tempo lungo (la diacronia della storia di Roma), quanto con la contemporaneità (la sincronia spaziale). Nel secondo caso, la teoria politica (e insieme la permanenza e la ricorrenza di alcuni problemi e concetti) non esclude di per sé la “performatività”, sempre a patto di chiarire cosa s’intende per teoria e filosofia.

Infine, riguardo ai destinatari, resta plausibile l’ipotesi, ispirata dalla teoria della perspectiva naturalis (rapporto fra azione e posizione di un corpo nello spazio), che il Principe, oltre ad essere un libro per i Medici, sia anche un libro rivolto al popolo (Frosini, La prospettiva del prudente, 2013), individuando di volta in volta i limiti del potere e le possibilità per la moltitudine di un’immaginazione politica e progettuale.

Niccolò Machiavelli – Il Principe

Traduzione a fronte in italiano moderno di Carmine Donzelli

Introduzione e commento di Gabriele Pedullà

Donzelli Editore (2013), pp. CXXII-350

tratto da Alfabeta2