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Il duellante. Per Luca Rastello

Il cancro, che le cronache mortuarie chiamano con pudore un po’ ipocrita “il male incurabile”, per Luca Rastello, scrittore, giornalista, operatore di base e molto altro, era diventato un duello quotidiano che si è protratto per dieci anni. Una condizione di vita. “Stiamo lì, ci guardiamo in cagnesco, se solo lui fa un passo in più ho le settimane contate”, mi aveva detto una sera dello scorso settembre, quando avevo avuto finalmente modo di conoscerlo di persona. Un incontro quanto mai appropriato. Io venivo da un lungo periodo di, diciamo così, frequentazioni ospedaliere, lui si portava dietro con una forza impressionante la sua “malattia incurabile”. Io avevo dubbi sul nostro lavoro, lui mi disse che non era obbligatorio scegliere, si può continuare questa professione e al tempo stesso stare per strada. Non c’è bisogno di identità totalizzanti. L’importante è raccontare.

Ero stato chiamato al Premio Sila per presentare “I Buoni”, il suo ultimo romanzo, col quale Luca ha scelto di affrontare un tema scomodo e delicatissimo: quello della relazione di aiuto che costruisce gerarchie di potere, della solidarietà che diventa comando. È un romanzo e non un saggio o un libro d’inchiesta, perché l’attenzione del lettore non cadesse su fatti particolari, un po’ meschini. Rastello non aveva interesse a scrivere un atto d’accusa contro una singola organizzazione. Raccontava un po’ rammaricato che, anche per via della recensione che Adriano Sofri aveva scritto su Repubblica, il dibattito sul libro si era incanalato attorno questioni specifiche invece che sulla valenza generale di un racconto potentissimo che non fa sconti a nessuno, neanche all’autore stesso e al suo alter ego, e che tra qualche anno verrà inteso nel suo significato universale. Durante la presentazione aveva citato più volte Fëdor Dostoevskij. Evocava l’autore de” I Demoni” con una trovata scenografica: si alzava in piedi in segno di rispetto ogni volta che parlava della potenza narrativa e della capacità di immergersi nella realtà del grande scrittore russo. Abbiamo discusso di come sempre più spesso temi etici diventassero funzionali a costruire strumenti di potere più efficaci in quanto indiscutibili, al di sopra del bene e del male. Ci siamo scoperti entrambi juventini, con l’ironia di chi sa quanto i “buoni” si sarebbero detti inorriditi della nostra squadra.

Luca Rastello (e qui mi metto in piedi io) si è addentrato con strumenti ibridi e sguardo eretico nelle zone grigie della contemporaneità. Sapeva che si sarebbe sporcato le mani, ma non c’era altro modo: avrebbe dovuto farlo. Fin dal reportage su “La Guerra in Casa” nei Balcani, ha attraversato il confine labile tra bene e male, tra vittime e carnefici, che caratterizza la nostra epoca più di ogni altra. Con “Piove all’insù” si è occupato di un’altra guerra civile, questa volta a bassa intensità, e ha scritto il romanzo sugli anni settanta. “Io sono il mercato” disegna le rotte della droga di questi anni: la cocaina, merce globale per eccellenza e paradigma del profitto a tutti i costi, raccontata in prima persona dalla testimonianza di un broker internazionale. E poi gli accerchiamenti concentrici disegnati da Blu in un recente murale del “Binario Morto” del Tav in Val di Susa.

È stato tra i pochi ad aver preso la penna in mano senza cedere alla schematizzazione o al relativismo. Rastello non banalizza ma non rinuncia a schierarsi. Si è fatto carico della complessità che ci circonda, si è preso la responsabilità di narrarla sapendo che quello che andava delineando era comunque un campo di battaglia e non una terra di nessuno. Raccontare l’epoca delle ambivalenze e delle guerre asimmetriche, quelle grandi e quelle piccole, per concepire strumenti di intervento e non per fornire la scusa di farsi i fatti propri. “La morte per me è diventata una cosa normale della vita. Come sposarsi, fare figli o cambiare casa” aveva detto prima di congedarsi, quella sera di meno di un anno fa. Soltanto uno che non ha paura dell’intelligenza riesce a usare questi paradossi per contagiarti il suo amore per la vita.

tratto da suduepiedi.net