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MONDO

I dinosauri non sono scomparsi: inchiesta sulla violenza dell’estrema destra in Argentina

Presentiamo in queste pagine il primo rapporto del RADAR – Registro degli Attacchi della Destra Radicalizzata Argentina, piattaforma digitale creata dalla rivista Crisis per analizzare collettivamente e in tempo reale la crescita della violenza dell’ultradestra in sincronia con il suo arrivo al potere. Per costruire nuove forme di cura, la prima cosa è comprendere il senso strategico di questa vera e propria sfida alla democrazia

Uno degli argomenti meno analizzati del movimento di estrema destra che è appena arrivato alla presidenza del governo nazionale in Argentina è la violenza dispiegata da un soggetto diffuso e molteplice che chiameremo “destra radicalizzata”. Si tratta di una forza aggressiva che è andata in crescendo, senza entrare in contraddizione con la scommessa elettorale libertaria ma piuttosto articolandosi con quest’ultima.

Mentre il processo di conquista del potere stava cambiando di fase, questa violenza è cambiava, fino a diventare ogni volta più in modo più chiaro una tattica volta a inibire una eventuale resistenza sociale ai piani di aggiustamento strutturale. L’ipotesi inquietante, che formuleremo in questa inchiesta, è la seguente: sebbene gli attacchi che segnaliamo provengono da attori dispersi che non hanno a priori un vincolo organico tra loro, il modo di entrare in azione è strategicamente orientato dai dirigenti del movimento di estrema destra.

L’intervento televisivo di Mauricio Macri due giorni dopo il trionfo elettorale sembra dimostrarlo: «Oggi abbiamo un mandato popolare molto forte. Addirittura guidato dai giovani, che non rimarranno a casa se questi signori cominceranno a tirare tonnellate di pietre. I giovani difenderanno la loro opportunità. Quindi sono loro che devono misurare bene le loro azioni, gli orchi, come li chiamo io, quando vorranno scendere in piazza a fare casino. Il nucleo rivoluzionario di Javier Milei sono i giovani che reclamano una opportunità… e loro saranno ben saldi sulle loro posizioni». Per comprendere la portata di questo rinnovato appello alla violenza politica, dobbiamo iscriverlo nella sequenza storica che gli ha dato origine. E decifrare con attenzione i messaggi di paura che cercano di imporre. Lo faremo nel modo più sintetico possibile, con due immagini concettuali diverse ma simultanee.

L’estrema destra arriva in modo oscuro

La prima immagine viene dal pensatore e militante boliviano Álvaro García Linera, che ha proposto la nozione di ondate per analizzare gli andirivieni del movimento progressista in America Latina. Sono momenti di avanzamenti, che si verificano con l’apparizione di vari governi dello stesso segno politico e riescono a ottenere un determinato livello di trasformazioni. Poi, come il mare quando avanza sulla spiaggia, retrocede per prendere la rincorsa e torna a salire. Secondo questa prospettiva, nella prima decada del nuovo secolo abbiamo assistito a una potente ondata progressista che all’inizio del secondo decennio comincia a retrocedere, per risorgere con meno forza negli ultimi anni. 

La cosa interessante di questo sguardo è che si nega a pensare nei termini dei cicli. Più che tappe chiaramente definite in cui una delle parti ideologiche gode di una egemonia consistente, quello che si percepisce è un gioco complesso tra iniziative antagoniste che si contrappongono e in cui una delle due riesce a primeggiare anche se in forma provvisoria.

Nel 2015, quindi, comincia a intravedersi un cambiamento di tendenza con il trionfo di Mauricio Macri in Argentina, ma l’ondata delle destre si rafforza con l’arrivo di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti nel 2017 e si conferma con la vittoria di Jair Bolsonaro alle fine del 2018 in Brasile. Potremmo segnalare anche altri manifestazioni della stessa sequenza, per esempio la consacrazione di Nayib Bukele nel Salvador (2019), ma queste sono alcune delle più significative e anche quelle che hanno vissuto presto una fase di ritirata.

La batosta di Javier Milei in Argentina costituisce forse l’inizio di una seconda ondata, questa volta più radicale di quella precedente. O almeno a questo aspirano gli animatori di questo movimento di carattere globale, che possiede connessioni ogni volta più intense su un piano internazionale dominato da una esplosione di guerre negli ultimi mesi.

E qui segnaliamo una cosa suggestiva: a differenza dei suoi avversari progressisti, l’estrema destra sembra aver appreso una lezione del suo precedente fallimento, ovvero una certa mancanza di astuzia nell’andare fino in fondo rispetto ai cambiamenti che promuovono. Lo ha reso esplicito il macrismo con il suo bilancio sul “primo tempo”. Lo hanno scritto i libertari nel loro programma elettorale trionfante. E la stessa conclusione è implicita nel modo in cui tanto Trump come Bolsonaro hanno lasciato il governo dopo la prima incursione. L’occupazione delle sedi dei poteri istituzionali in entrambi i paesi da parte di gruppi di civili, con la complicità delle forze di sicurezza, è un chiaro segnale che l’estrema destra è disposta a utilizzare la violenza politico come metodo per forzare i limiti che la democrazia impone.

Zona di emergenza 

La seconda immagine concettuale che utilizzeremo è quella di emergenza, in quanto ci permette di pensare gli eventi e la congiuntura nei termini di processi complessi che si costituiscono a partire dall’assemblaggio di traiettorie e singolarità che non necessariamente erano destinate a comporsi. Tutto il contrario delle teorie cospirative, secondo le quali dietro a un fatto c’è sempre un piano freddamente calcolato da qualche demiurgo che rimane occulto.

In Argentina possiamo distinguere almeno quattro aree di ultradestra che sono apparse in momenti e circostanze differenti, che però si sono andate articolando e riconoscendo come partecipi di uno stesso movimento storico.

La prima ha avuto luogo nel 2018, in opposizione alla marea verde che lottava per l’aborto libero, legale e gratuito. In quel momento l’avanguardia fu legata ai settori più conservatori delle chiese evangeliche, che mobilitarono moltitudini di persone e dispiegarono un’efficace lobby parlamentare. Lo stupore con cui contemplavamo quell’apparizione è stato presto dimenticato, tra i festeggiamenti per la vittoria elettorale del peronismo nel 2019.

Parallelamente a quelle mobilitazioni di piazza si costituì una macchina da guerra digitale apertamente reazionaria, con un forte enfasi antifemminista e anti progressista. Alcuni influencers ebbero un ruolo rilevante nell’elaborazione di argomenti e nel disegno di campagne politiche, ma il dinamismo principale ricadde sulla miriade di utenti piuttosto minoritari che trovano nelle reti sociali lo spazio di espressione di una volontà politicamente scorretta che era stata espulsa dalle istituzioni e dai media.

La terza irruzione si è espressa sul piano elettorale e ha trovato in Javier Milei il fattore, basato sulla narrativa libertaria, capace di unificare i processi. Il magnifico risultato elettorale ottenuto alle elezioni di midterm del 2021 assegnò al soggetto dell’estrema destra una strategia chiara di potere e ha funzionato come fusione delle differente correnti ideologiche che pullulano al suo interno.

La quarta ondata è esplosa sui nostri schermi il 1 settembre 2022, quando Sabag Montiel premette il grilletto in faccia a Cristina Fernández de Kirchner, introducendo nella contesa politica un linguaggio di guerra rispetto al quale il sistema politico ha mostrato stupore e impotenza.

Ma il vero catalizzatore di questa emergenza epocale è stata la pandemia che ha devastato il pianeta nel 2020 e le misure di cura e assistenza messe in pratica dalla maggior parte dei governi. Nel nostro paese, le misure di Isolamento Sociale Preventivo e Obbligatorio – ASPO, decise dall’esecutivo nazionale durante molti mesi hanno funzionato come brodo di coltura per far sì che le idee libertarie si siano potute sintonizzare con il malcontento sociale e specialmente con il malessere generalizzato a livello giovanile. È stata anche l’occasione per far sì che si potessero articolare la rabbia e l’ampio antiperonismo storico. Ed è diventata la scusa perché l’ampio disgusto contro il consenso progressista diventasse, in certi settori, una minaccia per la governabilità democratica.

Emerge così un aspetto particolarmente violento che si organizza attraverso attacchi e intimidazioni: la “destra radicalizzata”. Durante e dopo lo stato di emergenza sanitaria, i gruppi di attacco si sono moltiplicati e, in linea con la tabella di marcia elettorale, hanno concentrato i loro sforzi sull’espulsione del Frente de Todos dal potere esecutivo. L’attacco alla vicepresidente Cristina Fernández de Kirchner è stato il punto di svolta di questa saga e ha giocato un ruolo rilevante nella sconfitta del peronismo – che fu prima politico e poi elettorale – rivelando il grado di debolezza in cui si trovavano le forze popolari, progressiste e femministe.

Il nostro compito è registrare

Al compimento di un anno dal tentativo di omicidio della vice presidenta, come EDIPO – Equipo de Investigación Política abbiamo pubblicato una inchiesta sugli autori dell’attentato e le loro articolazioni politiche. In quell’inchiesta sostenevamo che il colpo contro CFK non era «l’unico né l’ultimo attacco violento che aveva come protagonista la destra radicalizzata argentina. Dobbiamo presumere che questa azione venga attuata in modo sistematico e possa aumentare. Non serve a niente fingere demenza. E non dovrebbe nemmeno spaventarci dare visibilità a questa violenza».

Conseguenti con questa premessa, abbiamo lanciato la piattaforma RADAR – Registro degli Attacchi delle Destre Argentine Radicalizzate, con l’obiettivo di costruire un registro e una sistematizzazione dei casi di violenza a livello nazionale. Prima di pubblicarla online, abbiamo fatto una ricerca sui media e nelle reti sociali di tutti quegli attacchi che dal 2020 in poi hanno avuto risonanza pubblica. E a partire da quel momento abbiamo messo a disposizione un form online in cui chiunque sia vittima o testimone di fatti di violenza dell’estrema destra possa segnalarli.

Intendiamo con l’espressione “attacchi della destra radicalizzata” le azioni che esprimono un desiderio di annichilimento dell’altro con l’obiettivo di silenziare, minacciare, disciplinare o eliminare identità politiche. Aggiungiamo alla piattaforma solo i casi geolocalizzati che inclusono un passo oltre rispetto ai messaggi di odio nelle reti sociali.

Non si tratta di sottostimare l’ecosistema digitale violento che prepara il terreno e crea le condizioni per la violenza, ma per adesso vogliamo focalizzare l’attenzione sugli atti concreti che trasformano in pratica il discorso alla portata o implicano un certo tipo di rischio per chi soffre l’aggressione.

In La violenza avanza. Rapporto ad un anno dall’attentato contro CFK, abbiamo proposto un’altra ipotesi: «Durante le elezioni primarie dell’agosto 2023, vari dei protagonisti che sono sotto processo o indagati per la loro partecipazione all’attentato contro la vice-presidenta sono tornati all’attività pubblica nelle reti sociali e fanno uso dello stesso linguaggio di incitamento ad annichilare l’altro. Il trionfo alle Primarie del principale punto di riferimento dell’estrema destra, Javier Milei, può essere un nuovo segnale che rende possibile tali pratiche».

In effetti, la possibilità di un trionfo della formula libertaria, in cambio di placare gli attacchi, non ha fatto altro che moltiplicarli. E tutto sembra indicare che lo schema di governabilità che preparano coloro che hanno vinto le elezioni include una alta quota di repressione con caratteristiche nuove. È come se non fosse sufficiente l’apparato di sicurezza statale (o magari è più redditizio esternalizzare questo compito) e stesso convocando una forza di scontro civile per contrarrestare il conflitto sociale che l’aggiustamento economico comporterà.

Prime chiavi di lettura

L’ampia vittoria elettorale de La Libertad Avanza (LLA) lo scorso 19 novembre è stata un colpo con effetti devastanti per chi si riconosce nel campo nazionale e popolare, tra i settori progressisti e di sinistra e in particolare per le decisive lotte femministe e il movimento dei diritti umani. In questo contesto, la sequenza di attacchi contro attivisti e militanti impegnati in questo campo politico possono convertire lo stordimento in angoscia, paralizzando qualsiasi capacità di reazione.

Nel momento in cui scriviamo questo rapporto, RADAR ha registrato 247 aggressioni che per loro caratteristiche o l’identità degli autori sono attribuibili alla destra radicalizzata. Non si tratta di un registro esaustivo, per cui non possiamo trarre conclusioni definitive: ci interessa semplicemente contribuire a una elaborazione collettiva di queste pratiche anti democratiche.

Dei 247 casi che abbiamo registrato fino ad ora, 20 sono avvenuti nel 2020, 48 nel 2021, 52 nel 2022 e 127 nel 2023 fino a ora, mentre continuano in rapida ascesa, indicando una crescita degli attacchi violenti dell’estrema destra.

  • La maggioranza di questi fatti costituiscono “attacchi a simboli e luoghi” (177); il 20% corrisponde alla categoria di “persecuzione e intimidazione” (50); s sono quasi 20 gli “attentati contro l’integrità fisica e la vita”.
  • In quanto agli obiettivi di questo tipo di aggressioni, uno sguardo preliminare indica che durante questi quattro anni gli obiettivi preferiti siano stati tre: a) il movimenti della memoria e dei diritti umani; b) specifiche identità politiche; c) i femminismi e le diversità di genere.
  • Rispetto agli autori, nel 2020 vi è stato in solo attacco riconducibile ai militanti del partito di Milei, nel 2021 due, uguale nel 2022, mentre nel 2023 sono già oltre venti gli atti violenti di diretta responsabilità da parte dei libertari.

Altre osservazioni specifiche ci aiutano ad individualizzare certe caratteristiche del processo, a partire dai fatti registrati.

  • Nel 2021 ha richiamato l’attenzione la presenza della simbologia neonazista n vari casi, a differenza di quanto accaduto nel 2020, anche se non è mai stata la maggioranza dei casi;
  • Nel 2022 sono cresciuti gli attacchi contro locali e militanti peronisti, mentre negli anni precedenti l’obiettivo principale erano stati i gruppi di sinistra (che hanno continuato a essere, ovviamente, tra gli obiettivi)
  • Nel 2023 si conferma in maniera drammatica una tendenza che si stava insinuando precedentemente: quasi la totalità degli attacchi fisici registrati riguardano corpi che esprimono una dissidenza sessuale.

Su quest’ultimo aspetto ci soffermeremo un po’ per il carattere esemplare che questo tipo di violenza rappresenta e per l’invisibilizzazione a cui è sottomessa.

Tempi di disinibizione

La controffensiva antifemminista che si è mobilitata per la prima volta durante il dibattito per la legge sull’Interruzione Volontaria di Gravidanza, attorno ai pañuelos celesti, si è nutrita più tardi dei nuovi attori nati dal fertile vivaio degli adolescenti maschi che hanno accumulato il malessere, in grande misura per la proliferazione di escraches punitivi nelle scuole superiori. Questo malcontento si è trasformato in una furia durante l’isolamento sociale in pandemia, e la narrativa libertaria sulle reti sociali ha offerto una spiegazione alle loro frustrazioni: il femminismo è una inversione manichea dei ruoli “naturali” e “desiderabili”, l’Educazione Sessuale Integrale un addottrinamento che promuove l’omosessualità, le identità trans una aberrazione, la conquista dei diritti delle donne e della comunità LGTBIQ+ (materializzata dalla creazione di un Ministero) evidenziano che questi collettivi sono parte della “casta” che parassita la società.

L’arrivo al potere per via elettorale di queste concezioni autoritarie funziona come un potente fattore capace di disinibire una violenza “selvaggia” che scarica la propria furia contro lesbiche, gay, trans, travestis e persone non binarie, corpi che non possono né vogliono camuffarsi o farsi passare per quel che non sono.

Ma è vero che ogni forma di violenza politica è espressiva, e non meramente strumentale; occorre però segnalare che non siamo di fronte a una mera differenza ideologica, né un fenomeno di una crepa o polarizzazione come succedeva fino a oggi, ma piuttosto ci confrontiamo con un desiderio di un vero e proprio annichilamento, nel nome di una regolazione morale di forme di abitare lo spazio comune. Come afferma l’antropologa Rita Segato, gli effetti pedagogici dell’atto di violenza patriarcale (sempre spettacolari), prima che essere diretti alle loro vittime diretta, sono un messaggio alla corporazione maschile. Il richiamo a una fantasia eroica che si rinnova.

Della valanga di attacchi registrati da RADAR durante le settimane precedenti e successive al ballottaggio (33 in totale), gli unici che sono arrivati fino alla violenza fisica sono stati contro corpi considerati deviati. Ragazze e ragazzi trans, travestis, lesbiche e non binarie e omosessuali sono stati castigati nelle strade per la loro espressione di genere non normativa. Come esplicitato da alcuni dirigenti di LLA [La Libertad Avanza, il partito di Milei, ndt] la diversità sessuale risulta tollerabile solo quando si mantiene entro i limiti privati della santissima proprietà. Sebbene per molti corpi soffrire violenza nelle strade non rappresenti una novità, esiste una specificità nella liberazione di ciò che viene contenuto che è contagiosa e devastante. Rinforzati da un mandato di guerra del governo, i soldati delle “forze del cielo” si sentono legittimati ad agire per realizzare ciò che propongono da tempo.

Decodificare fino al punto di chiarire

Per concludere, ci concentriamo sulla crescita degli attacchi durante il processo elettorale terminato con il trionfo dell’estrema destra e con il suo arrivo al potere esecutivo nazionale, lo stesso giorno in cui si compiono quaranta anni dal ritorno della democrazia in Argentina. Non sorprende lo stretto vincolo tra l’intensificazione di tale violenza e il successo elettorale. Come non sorprende nemmeno l’uso strategico che i leader dell’ultradestra sembrano tenere rispetto a questa inquietante connessione. Dalla resistenza nel condannare il tentativo di omicidio della vice-presidenta CFK nel 2022, tanto da parte di Javier Milei come di Patricia Bullrich fino alle foto che mostrano orgogliosa complicità di Victoria Villaruel (vicepresidente di Milei) con i militanti di Rivoluzione Federale durante la campagna elettorale, il cui significante è chiaro: la crepa si è convertita in frattura [con grieta – “crepa” si intende la contrapposizione politica tra kirchnerismo e anti kirchnerismo in Argentina negli ultimi decenni, ndt]

In un secondo momento, il proposito tattico è diventata la denuncia di una presunta frode elettorale orchestrata per impedirne la vittoria elettorale. Il piano presupponeva una mobilitazione della militanza su due piani distinti ma non contraddittori: una parte si sarebbe occupata di controllare i voti propri nelle sedi elettorali e un’altra parte era pronta a mobilitarsi in caso di sconfitta elettorale con conseguenze imprevedibili. L’esito vittorioso ha interrotto il corteo indetto davanti al Tribunale elettorale, ma ha creato il precedente di una messa in discussione radicale del sistema politico per futuri momenti di svolta politica.

Una volta consolidato l’arrivo al potere per via elettorale, la violenza, ben lungi dal mitigarsi, ha conosciuto una espansione. L’obiettivo principale di questa inchiesta è proporre criteri di lettura, per generare risposte collettive intelligenti. In questo senso, distinguiamo tre tipi di violenza di fronte a cui occorre rispondere in maniera differenziata.

  • In primo luogo, vi sono i casi che possiamo chiamare “spettacolari”, il cui obiettivo consiste nel creare un clima di panico e promuovere la sensazione di una paura diffusa e generalizzata. La lettera scritta da un gruppo di deputati nazionali con minacce di morte e uso di terminologia nazista, o il video di un presunto ex militare che ha circolato nelle reti sociali in cui avvertiva vari leader sociali che sarebbero stati respinti con armi da fuoco nel caso fossero scesi in piazza a protestare, sono esmpi ovvi. Ma anche la rivendicazione ogni volta più diffusa del Falcon verde, simbolo inequivocabile dei sequestri condotti durante la dittatura militare. Fatti gravissimi che meritano una ferma risposta istituzionale, ma che non devono essere amplificati perché cercano esattamente di seminare terrore nel dibattito pubblico.
  • C’è un secondo tipo di attacchi che suggeriamo chiamare “spontanei”, in gran parte portati avanti da simpatizzanti di La Libertad Avanaza che incoraggiati dalle elezioni hanno deciso di condurre aggressioni contro quelli che rappresentano le identità politiche che hanno perso le elezioni. Minacce o provocazioni contro militanti politici e sociali, dissidenze sessuali, sedi di partito, fabbriche recuperate e centri culturali dell’ampio spettro progressista e di sinistra, nelle più diverse geografia del paese e con un alto grado di capillarità.  L’episodio più conosciuto è stato quello di una persona che ha insultato e ripreso con il cellulare l’ex-precandidato alla presidenza del peronismo Juan Grabois, mentre il dirigente politico prendeva un caffè con suo padre a Buenos Aires. Ma non solamente una figura pubblica ha subito questo tipo di attacchi negli ultimi giorni: il 23 novembre una passeggera di un bus nel Gran Buenos Aires ha aggredito fisicamente una docente lesbica non binaria. Speriamo che nelle prossime settimane possa calmare questa ondata di atteggiamenti intollerabili.
  • Il terzo tipo di attacchi è particolarmente preoccupante, in quanto “attacchi orchestrati”, che hanno un certo livello di organizzazione e incubano il germe dell’azione repressiva extra statale. In alcuni casi i loro artefici sono militanti del partito libertario, in altri casi rimane una opacità che non rende possibile comprendere le loro reali capacità operative. Un episodio che abbiamo seguito da vicino è avvenuto lo scorso 19 novembre nella località di Caseros, nell’area metropolitana di Buenos Aires, nello stesso posto in cui doveva votare la candidata a vice-presidenta Victori Villaruel, conosciuta per la sua militanza contro le politiche per la memoria, la verità e la giustizia. In quel punto si erano concentrati alcuni membri della Commissione di Familiari di Desaparecidos della località Tres de Febrero, con foto e cartelli che alludevano alla repressione della dittatura. Allertati dai media che era in corso una protesta pacifica, gruppi di militanti di La Libertad Avanza sono arrivati sul posto e hanno minacciato gli attivisti per i diritti umani. «Vi succederà la stessa cosa avvenuta ai desaparecidos», è stata una delle minacce. Alcuni giorni dopo uno degli aggressori ha incontrato il referente della Commissione di Familiari delle Vittime della dittatura in una via centrale della città e gli ha detto: «non vi lasceremo tranquilli». Questa forma di manifestazione della violenza dell’estrema destra che abbiamo ritrovato in differenti ambiti annuncia una contesa territoriale che potrà influire in maniera decisiva nelle modalità del conflitto sociale che verrà.

Per ripudiare con decisione queste operazioni è necessaria la costruzione di strategie specifiche che tengano conto della singolarità di ogni fatto specifico. Facendo appello alle istanze istituzionali che si impegnano nella difesa effettiva della vita democratica. E con la lucidità sufficiente per creare nuovi strumenti di difesa dei diritti umani qui e ora. RADAR è un piccolo contributo a questo cammino collettivo, che richiederà una rivitalizzazione inedita dell’organizzazione popolare.

Inchiesta pubblicata su Revista Crisis, a cura di EDIPO – Gruppo di Inchiesta Politica della Rivista Crisis. Traduzione in italiano per DINAMOpress a cura di Alioscia Castronovo.

Tutte le immagini sono di Nicolás Daniluk

EDIPO – Equipo de Investigación Política della revista crisis, con il Centro de Estudios Legales y Sociales (CELS), hanno lanciato la piattaforma RADAR (Registro de Ataques de Derechas Argentinas Radicalizadas) come strumento per conoscere e far prendere coscienza rispetto al rischio della crescita di queste nuove forme di violenza antidemocratica.