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Goliarda Sapienza, la ricerca della libertà

Restituire in un film la figura accidentata e indicibile di Goliarda Sapienza non era facile. Mario Martone ci è riuscito con il suo film “Fuori” perché ha saputo cogliere l’essenza della donna divenuta, sebbene tardi, leggenda

Fuori, il film di Mario Martone su un pezzo della vita di Goliarda Sapienza, si sarebbe potuto intitolare Sola. Perché al di là dei salotti, al di là dei genitori, al di là delle sue amicizie del carcere, al di là dei compagni della sua vita, Goliarda si è sempre sentita sola. Anzi, di più, un’isola nella quale però nessuno approda e che resta, perciò, inesplorata e inesplorabile. O almeno così la disegna il regista che non vuole farne un simbolo, non cerca nelle maglie della sua esistenza le ragioni di comportamenti inconsueti e dissacranti ma la consegna alla “semplice” accettazione di questa donna, prendere o lasciare.

Eppure, di semplice in questo film non c’è niente: né le sbiadite e sgradevoli figure maschili, né l’irruenza di quelle femminili, né l’assenza vera o percepita di una madre, Maria Giudice, grande attivista dei diritti a cui Maria Rosa Cutrufelli nel suo libro (Perrone/Neri Pozza) ha saputo dare spessore e forza.

Mario Martone e Ippolita Di Majo infilano Goliarda nelle fessure di una manciata di giorni nei quali la scrittrice, ignorata e a tratti vilipesa, finisce in carcere per aver rubato i gioielli a una amica, in uno di quei salotti “impegnati” della Roma agli inizi degli anni Ottanta. Perché ha compiuto un gesto che le cambierà la vita? Forse non lo sa nemmeno lei. Qualcuno dice per bisogno, lei stessa afferma che si è trattato di un esproprio proletario. Chi l’ha conosciuta sostiene che il suo rapporto di amore e odio con la madre per lei troppo grande al punto da essere ingombrante non le dava tregua. E Maria Giudice in prigione, per ragioni politiche, c’era finita più volte. Altri, infine, si rassegnano alle sue intemperanze e l’accettano o la respingono.

Perciò il carcere, con le sue regole e le sue perversioni diventa per lei l’inizio di una libertà da sempre cercata e le donne che incontra diventano le sue donne: amiche, amori, figlie, sorelle. E fuori non c’è altro, se non il tentativo di riprodurre quello che c’è dentro.

Dentro e fuori, in una oscillazione continua, con Roberta (Matilda De Angelis) e Barbara (Elodie), grandissime attrici così come è grande Valeria Golino che non nasconde nemmeno una ruga ma ha gli occhi che attraggono come calamite. È L’Università di Rebibbia che, assieme a Le certezze del dubbio, sono i soli due libri pubblicati prima della sua morte avvenuta il 30 agosto 1996. Anche la sua morte, come la sua vita, densa di chiari e scuri: elettroshock, pensieri di morte, dolori dell’anima. Tutto questo si scoprirà solo molti anni dopo, nel 2008, quando Einaudi, e solo dopo che lo avevano già pubblicato in Germania, deciderà di dare alle stampe L’Arte della Gioia. Martone ci regala anche una frase che parla di una speranza che si avvera scritta sul ponte del tram a Porta Maggiore. C’è scritto «Le ore del presente sono già leggenda». Goliarda dice più o meno la stessa cosa, ma con una sua poesia, che qualcuno ha voluto scrivere sulla sua tomba:

«Non sapevo che il buio
non è nero
che il giorno
non è bianco
che la luce
acceca
e il fermarsi è correre
ancora di più».

L’immagine di copertina è tratta dal film “Fuori”, di Mario Martone

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