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Come siamo arrivati a criminalizzare la solidarietà

Il libro-denuncia di Annalisa Camilli, “La legge del mare” (ed. Rizzoli) spiega come siamo arrivati a criminalizzare la solidarietà, cominciando con il governo di Paolo Gentiloni nel 2017 fino ad arrivare agli ultimi attacchi di Salvini

Nei giorni in cui assistiamo all’ennesimo naufragio di barche nel Mar Mediterraneo, mentre siamo di fronte alla morte di centinaia di richiedenti asilo al largo delle acque della Libia, paese da cui quei migranti fuggivano; nelle aule del parlamento italiano si votava il Decreto Sicurezza Bis, provvedimento governativo che istituzionalizzava, di fatto, in particolare, la criminalizzazione della solidarietà, prevedendo pene severe, di deterrenza, verso i volontari, i soccorritori, le Ong che effettuano soccorso in mare. Per capire le tappe di questa involuzione democratica, per comprendere come in Italia e in Europa il discorso pubblico sia stato deviato dalle forze politiche sovraniste attraverso le armi della propaganda, perché e come«gli angeli sono diventati vice scafisti e le loro navi taxi del mare», è utile leggere La legge del mare (ed. Rizzoli), ottotitolo Cronache dei soccorsi nel Mediterraneo, di Annalisa Camilli, giornalista della rivista “Internazionale”, che dal 2014 segue i migranti raccontando le loro storie lungo la frontiera euro-mediterranea, a bordo delle navi da soccorso, e lungo le così dette vie terrestri, dalle periferie di Roma dove regna la povertà ai fili spinati dell’Europa dell’Est.

Annalisa Camilli si è messa in viaggio lungo le rotte migratorie, ha studiato le carte delle procure siciliane che indagano sulle Ong e letto centinaia di pagine di atti parlamentari, spiegandoci infine l’origine della propaganda contro la solidarietà che ha contaminato la rete e il dibattito pubblico. Ma non soltanto. Il libro è, in qualche modo, un lavoro condiviso. Come la stessa Camilli riferisce: «nelle pagine che avete letto sono finiti tanti discorsi e tanto lavoro condiviso con alcuni dei migliori giornalisti italiani, tra gli altri, Angela Caponnetto, Valerio Cataldi, Francesca Mannocchi, Andrea Palladino». E, poi, scrive: «In questo libro è finito anche lo spirito di una conversazione avuta nell’autunno del 2017 con lo scrittore Alessandro Leogrande, il quale aveva la capacità di alzare sempre il tiro, di aprire lo sguardo, di non ridurre la complessità. Leggere e rileggere i suoi libri è sempre un esercizio di umiltà». Ed è con umiltà che Camilli ci conduce nelle duecento e passa pagine de La legge del mare lungo la “frontiera” – parafrasando l’opera dello scrittore – euro-mediterranea.

È un viaggio che comincia con  Josefa, giovane donna del Camerun miracolosamente sopravvissuta a un naufragio nel luglio 2018, salvata poco prima dalla morte certa dalla nave della Ong Proactiva Open Arms sulla quale la Camilli viaggiava. Josefa è la donna di 40 anni sbarcata il 28 luglio del 2018 nelle isole Baleari, a Palma di Maiorca, la cui foto al momento dell’arrivo, sdraiata su una barella arancione con le mani sulla pancia e le unghie laccate di rosso, è stata l’oggetto di una violenta campagna mediatica persecutoria ideata da Francesca Tofolo, giornalista della rivista “Il Primato Nazionale”, organo di riferimento di Casa Pound. Era accaduto dunque che la foto in questione era stata lanciata su twitter da diversi account sovranisti, molti dei quali falsi, agitando così il sospetto che lo smalto sulle unghie di Josefa dimostrerebbe il fatto che «la donna è un’attrice». E che «non c’è stato nessun naufragio perché lo smalto è intatto dopo 48 ore in acqua».

È questa era soltanto una delle tante bufale circolate negli ultimi anni in materia di migrazioni che la Camilli aveva smascherato, raccontando la storia di Josefa dalla plancia della nave Open Arms. Non solo. È un viaggio, quello di Annalisa Camilli lungo la frontiera che è proseguito incontrando un’altra donna del Camerun, Costance, salvata e soccorsa un anno prima di Josefa, il 12 luglio del 2017, dalla nave Aquarius e dagli equipaggi delle Ong Sos Mediterranee e Medici Senza Frontiere, a bordo della quale pure la Camilli è salita. E poi in seguito ha denunciato, profetica. «Criminalizzare la solidarietà, accusare di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina i volontari e i soccorritori in maniera generalizzata avrà conseguenze che non riguarderanno solo l’immigrazione o la povertà».

C’è, infatti, di più. Scrive la giornalista di “Internazionale”: «Nella campagna contro le Ong si è sperimentato soprattutto un modello di propaganda, sono stati colpiti dei soggetti indipendenti essenziali in tutte le moderne democrazie, perché di solito sono proprio loro a stilare i rapporti sull’indice della libertà di stampa o sulla corruzione di un Paese». E conclude «Vorrei che si ritornasse a riflettere su un punto centrale. Colpendo i migranti, gli stranieri, e quelli che li aiutano, sono stati erosi in realtà anche i diritti e lo spazio di tutti i cittadini».

È un viaggio, quello de La legge del mare che infine termina a terra. È cominciato a Roma nel 2017, quando il presidente del Consiglio di allora, Paolo Gentiloni, stringe gli accordi di cooperazione con la Libia, promettendo alla guardia costiera libica soldi, formazione e motovedette. E il ministro dell’Interno di allora, Marco Minniti, vara il codice di condotta contro le Ong. Un anno dopo, il nuovo ministro dell’Interno, Matteo Salvini, lancia su twitter #portichiusi. Il resto finirà nei libri di storia. E contro tutto questo, c’è innanzitutto, la Legge del mare.