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MONDO

Argentina, i popoli indigeni della provincia di Jujuy contro la riforma costituzionale

Il governatore Gerardo Morales è riuscito ad approvare la modifica alla Carta Costituzionale – con il sostegno di radicali e peronisti – che criminalizza la protesta sociale e favorisce l’avanzata privata sui territori ancestrali, mirando alle riserve di litio. Le comunità dei popoli originari si sono mobilitate fino alla capitale della provincia argentina di Jujuy con il “Tercer Malón de la Paz”. Ecco le loro testimonianze sulle minacce che questa riforma rappresenta

Il governatore della provincia argentina di Jujuy, nel nord occidente del paese, Gerardo Morales, è riuscito ad approvare in forma express la sua riforma costituzionale, con il sostegno unanime tanto dei radicali (partito storico della borghesia terratenente argentina, oggi nella coalizione di destra) come dei peronisti, e con l’opposizione dei legislatori del Fronte della Sinistra.

Il popolo di Jujuy si è opposto duramente alla riforma perché rafforza il potere del governatore, limita e criminalizza la protesta sociale e rende possibile una ulteriore avanzata della proprietà privata sui territori contesti con i popoli originari. Inoltre, non vi è stato alcun processo democratico e partecipativo per modificare la Carta Magna provinciale, dato che la riforma si è basata su un progetto proposto dal governo locale lo scorso settembre. La riforma è stata approvata nel pieno di uno sciopero di docenti e lavoratori del settore pubblico ed il Terzo Cammino della Pace – “Tercer Malón de la Paz” – dei popoli originari, che sono scesi dai boschi, dalla puna e dalle aree montane con le loro whipala (bandiere dei popoli originari) e sono arrivati fino a San Salvador de Jujuy, la capitale della provincia.

Gerardo Morales, che ha presieduto la Convenzione Costituente, ha ottenuto l’approvazione delle modifiche di 66 dei 212 articoli della carta magna provinciale, garantendo così maggiore discrezione del governo della provincia rispetto ai beni comuni, come il litio dichiarato già “risorsa strategica”.

La rapida approvazione della riforma, anticipando i tempi sull’agenda proposta dalla stessa maggioranza, è stata un’altra delle strategie politiche per frenare le mobilitazioni. Dopo la prima settimana di sciopero, Morales ha provato a fermarle con la firma del decreto N°8464, pubblicato lo scorso venerdì, che multava e criminalizzava la protesta sociale. Mercoledì scorso ha comunicato in conferenza stampa la decisione di derogare questa misura, i cui obiettivi sono adesso presenti nel nuovo testo costituzionale, ma quuesto non ha cambiato l’attitudine rispetto alla protesta del popolo di Jujuy.

Le modifiche alla riforma costituzionale della Provincia di Jujuy – senza dibattito partecipativo né accordo sociale al di là dell’elezione dei costituenti nelle elezioni provinciali dello scorso maggio – non solo aggraveranno la diseguaglianza sociale ed economica già evidente, che beneficia la classe politica ed imprenditoriale, ma disconoscono i diritti di base previsti dalla Costituzione Nazionale.

Per esempio, non riconosce il diritto alla terra ancestrale e le consultazioni anticipate e informate, la criminalizzazione della protesta sociale – nell’articolo che stabilisce “l’espressa proibizione di blocchi stradali totali, così come di qualsiasi altra perturbazione del diritto alla libera circolazione” – oltre all’articolo 36 del “diritto alla proprietà privata” che volge a favore delle imprese qualsiasi conflitto sulle terre, in una provincia in cui i rilevamenti e la consegna delle terre alle comunità indigene sono paralizzati da tempo.

Fin dall’inizio dello sciopero provinciale, le comunità originarie hanno deciso delle azioni comuni per fermare la riforma che hanno portato alla realizzazione del “Tercer Malón de la Paz”, ricordando le due precedenti camminate collettive realizzate dai popoli indigeni di Jujuy nel 1946 e nel 2006 per esigere il loro diritto al territorio. Le comunità hanno comincaito a scendere dai loro territori, dai boschi e dalle alture andine per unire le loro voci in un unico reclamo: “No alla riforma”, “Viva le whipala, abbasso la riforma” in un grido comune assieme alle rivendicazioni dei docenti che esigevano: “Su i salari, giù la riforma”. Le voci dei popoli originari contro la riforma della Costituzione Provinciale sono arrivate nella capitale da tutti gli angoli della provincia.

Foto di Susi Maresca

Comunità di Pozo Colorado: “La nostra qualità della vita va difesa, siamo qui per l’aria e per l’acqua”

Erica Chañari è la presidenta della comunità di “Pozo Colorado” che si trova, assieme ad altre comunità, nella zona di Salinas Grandes e Laguna Guayatayoc. La comunità lavora nelle saline in maniera articolata con il turismo nei territori ancestrali. Secondo Erica, questa riforma costituzionale non è casuale e si relaziona direttamente con la valorizzazione globale del litio negli ultimi anni. “Nel 2019 abbiamo vissuto il primo tentativo di esplorazione alla ricerca del litio nelle saline, abbiamo fin da subito cominciato a protestare perché non ne eravamo stati informati e perché non vogliamo questi progetti estrattivi. Il governatore non è mai venuto e da allora ha cominciato a screditare le mobilitazioni. Da quel momento in poi comincia tutto questo che sta accadendo oggi. Adesso quello che ha già fatto nei territori lo ha pensato in grande con le modifiche alla costituzione provinciale” sostiene Chañari.

Secondo la presidenta della comunità “Pozo Colorado” questa situazione è molto grave perché “ogni volta abbiamo meno protezione per i nostri diritti ie i nostri territori. Molta gente ha votato Morales, senza sapere che cosa implica questa riforma perché non siamo stati informati”. Nelle saline andine, si lotta per difendere la vita: “Difendiamo la nostra qualità della vita, l’aria e l’acqua. Questa è la nostra ricchezza, come ci hanno insegnato i nostri antenati, questa è la nostra terra e la proteggiamo”.

Nazione Omaguaca: “Così perderemo accesso all’acqua”

Mercedes Maidana è docente indigena della nazione Omaguaca e assieme ai suoi pari della nazione Kolla ha manifestato nella città di Humahuaca per denunciare la condizioni di lavoro e opporsi alla riforma costituzionale. “Dato che non siamo avvocati né giuristi non sappiamo cosa significa l’applicazione di questa riforma, perché non ci sono state né consultazioni né informazione” ha denunciato la docente. Nonostante questo, sanno però quali sono i loro diritti e li difendono: “L’accordo 169 dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, che ha valore costituzionale e adeguamento nazionale, esige la consulta precedente all’avanzata estrattivista, libera e informata, e questo non è avvenuto. Vogliamo denunciare questa situazione perché abbiamo dei diritti a livello nazionale dalla nostra parte. Sennò dire che siamo soggetti di diritto è solo un enunciato vuoto”.

Secondo la docente questa modifica express “gravissima perché Jujuy è una terra di miniere e potrebbe significare che la produzione e i modi di vita della popolazione vengano modificati”. Ed aggiunge: “La cosa più grave è che perderemo l’acqua e non solo la perderanno le comunità indigene, ma tutti gli abitanti della regione”.

Foto di Susi Maresca

Comunità kolla di Caspalá: “Ci provoca dolore essere maltrattati”

Lucía e César Apaza sono parte della comunità kolla de paese di Caspalá, nel dipartimento di Valle Grande. Lunedì scorso hanno manifestato fino a San Salvador de Jujuy per opporsi alla riforma della costituzione e per dare visibilità alla situazione particolare del loro popolo. “Stiamo sostenendo i docenti, ma siamo venuti anche per fermare la riforma costituzionale perché è ingiusto quel che sta facendo il governatore”, ha detto Lucía avvertendo sui pericoli delle modifiche: “Abbiamo già subito nel nostro villaggio una usurpazione di territorio e abbiamo molto problemi perché non ci rispettano”.

Da parte sua, César ha spiegato che si stanno riunendo tra diverse comunità indigene per fermare la riforma “perché tutta la nostra terra, tutte le nostre comunità e tutto il popolo di Jujuy sarà clpito da questo cambiamento. Non possiamo più vivere con questa tirannia”. “Stiamo alzando le nostre voci per farci sentire”, ha affermato ancora César. Secondo il comunero kolla, la riforma implica l’eliminazione di tutti i loro diritti e mette in crisi la possibilità di vivere in pace. “Con le usurpazioni delle terre e la repressione non si può vivere. Noi viviamo una vita tranquilla, semplice. Noi viviamo della nostra agricoltura, dei pascoli, dell’artigianato. Ci provoca dolore essere maltrattati, ci addolora essere trattati così, non solo il mio popolo e la mia comunità, ma tutta la provincia di Jujuy”.

La comunità di Chalala: “Vogliamo difendere la vita in comunità”

Sara Choquevilca fa parte della comunità indigena di Chalala, una popolazione a due chilometri da Purmamarca. Ha spiegato che a Chalala considerano la riforma illegale: “Non è stata partecipativa, denunciamo l’assenza di una consultazione e l’assenza di un consenso dei popoli indigeni di questa provincia”. Nel caso specifico della comunità di Chalala, Sara ha spiegato che stanno vivendo da due anni un conflitto per le terre comunitarie in cui il “Governo non riconosce i diritti della comunità sulla proprietà comunitarie, che già esiste legalmente da vent’anni”. Con la speculazione immobiliare e turistica che avanza nella zona della Quebrada de Humahuaca, accedere ad un terreno è impossibile: “Le nostre terre vengono valutate milioni di dollari, questo rende impossibile che si possano acquistare come terre comuni”. Ed aggiunge: “Recuperando i diritti ancestrali è possibile che i popoli indigeni possono recuperare e stabilirsi sulle proprie terre. Così si è formata la nostra comunitàò indigena, che riunisce 102 famiglie e lavora con il turismo a Purmamarca, una località turistica conosciuta a livello mondiale”.

 “Le famiglie hanno diritto a possedere le loro terre e poter vivere degnamente. Oggi abbiamo molte famiglie a cui è impedito l’accesso all’acqua e all’elettricità perché la Provincia di Jujuy non riconosce loro il titolo di proprietà comunitaria e minaccia di sgomberare le famiglie della comunità”. In questo senso, ha spiegato i rischi dell’approvazione della riforma: “Sappiamo che i nostri diritti saranno fortemente limitati. Sappiamo che i territori vicino Purmamarca sono ricchissimi di minerali, e che c’è il litio nelle saline. E sappiamo anche che le imprese private hanno interesse nell’accaparrarsi le risorse naturali. Vogliamo difendere la vita in questo territorio, la vita in comunità a Purmamarca. Continuare a difendere il paesaggio, la natura e il turismo”.

Articolo pubblicato sulla rivista indipendente argentina Marcha. Copertura congiunta con il media indipendente Tierra Viva. Traduzione in italiano di Alioscia Castronovo per DINAMOpress

Immagine di copertina e nell’articolo di Susi Maresca, pubblicate su Marcha.org.ar