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L’Italia senza casa

Il libro di Sarah Gainsforth “L’Italia senza casa” (editori Laterza), partendo dal problema della casa racconta la trasformazione del modo di abitare, di lavorare e di vivere in Italia dal dopoguerra a oggi. La casa è passata da essere un bene d’uso indispensabile a bene di investimento e le città sono diventate risorse da sfruttare

Sa bene chi cerca una casa che non è affatto semplice trovarla, il mercato degli affitti con contratti a lungo termine mette a disposizione poche centinaia di alloggi a prezzi esorbitanti, un numero davvero esiguo se si confronta con quello di case offerte per soggiorni temporanei. Succede nelle grandi aree metropolitane come nelle città di provincia. Si parla di emergenza abitativa senza ammettere che si tratta di una crisi strutturale determinata dall’assenza di politiche pubbliche che siano in grado di affrontare il problema. La casa è diventata un investimento che produce profitti sempre più alti, un asset finanziario sottoposto alle esigenze di profitto della rendita e alle fluttuazioni del mercato.

L’Italia senza casa di Sarah Gainsforth (2025 Editori Laterza, collana Tempi Nuovi) ricostruisce dettagliatamente come si è arrivati a questo punto. Partendo dal problema della casa l’autrice racconta in questo prezioso libro la trasformazione del modo di abitare, di lavorare e di vivere in Italia dal dopoguerra a oggi.

Come illustra il Rapporto ISTAT 2025, l’Italia è preda di incertezza economica, divario tecnologico, costo sempre maggiore della vita e lavoro precario per i giovani, con il calo demografico crescente e l’invecchiamento progressivo della popolazione. Oltre due terzi dei giovani tra i 18 e i 34 anni vive ancora con i genitori. La povertà assoluta riguarda quasi 6 milioni di persone. «Ma se è vero che la povertà incide sulla possibilità di accesso alla casa, è anche vero che i costi abitativi incidono sull’aumento della povertà», scrive Sarah Gainsforth (p. 8).

L’autrice attraverso un’attenta ricostruzione delle scelte politiche, economiche e sociali delinea un paese in cui si è voluto estendere l’accesso di massa alla proprietà della casa, come obiettivo politico «promosso come elemento di stabilizzazione e trasformazione culturale della società; è stato il volano di avanzamento delle classi medie». (p. 12) Lo si è fatto con l’intervento diretto dello Stato che, anche se ha realizzato edilizia pubblica, ha finanziato cooperative, concesso incentivi per l’acquisto della casa e regolato il mercato con apposita legislazione.

Questo succede fino all’inizio degli anni ’90 quando cambia completamente il ruolo delle politiche pubbliche,  inizia la dismissione del patrimonio pubblico e sparisce un’offerta abitativa che non sia quella del libero mercato. Il libro ricostruisce il progressivo slittamento della funzione della casa da bene d’uso a bene di scambio e d’investimento, che ha portato alla situazione attuale di crisi abitativa.

Lo fa analizzando il ruolo che ha avuto nello sviluppo urbano il valore dei suoli e la loro destinazione urbanistica e ricorda il tentativo del ministro Fiorentino Sullo di riformare la legge urbanistica nel 1962, introducendo l’esproprio delle aree per poi, una volta destinate a edilizia residenziale, assegnarle in diritto di superficie. La proposta fu affossata tanto era la sua forza rivoluzionaria e la carriera del ministro stroncata. Le città continuarono a crescere sotto la spinta  della speculazione fondiaria e quella dell’abusivismo, garantendo rendite altissime ai proprietari dei suoli. «Il territorio italiano viene lottizzato senza sosta con la suddivisione, la vendita e la trasformazione di terreni agricoli in lotti edificabili».(p. 46).

Fondamentale è il capitolo dove si analizza il ciclo di valorizzazione immobiliare con il protagonismo dei fondi e l’estrazione di valore dalla città. Nasce «un modello finanziario fatto di Sgr e fondi immobiliari disconnesso dalla città fisica, in cui i prezzi delle abitazioni non sono più guidati dalla relazione fra domanda e offerta di case, ma dal rapporto fra domanda e offerta di prodotti finanziari» (p. 104).

Le città sono diventate risorse da sfruttare e si sono trasformate in un immenso meccanismo di accumulazione e produzione di valore. Intanto le persone che le abitano sono costrette a vivere sotto l’incubo della rata del mutuo o del canone di locazione. Mentre c’è chi vive della rendita prodotta appunto su investimenti immobiliari.

Un’attenta analisi definisce  il ruolo che riveste quella che viene universalmente chiamata “rigenerazione” e la trasformazione di intere parti di città, senza che alla rigenerazione edilizia si aggiunga il miglioramento di vita degli e delle abitanti, che al contrario vedono il peggioramento della loro condizione sociale ed economica. Il turismo ha contribuito in maniera determinante al processo di valorizzazione immobiliare. «Con gli affitti brevi il differenziale di redditività è dato si dalla localizzazione dell’alloggio nello spazio urbano, ma in misura uguale dalla temporaneità dell’uso; esiste infatti un enorme differenziale di redditività (un rent-gap) fra un affitto breve e uno di lungo periodo, ordinario, residenziale». (pag.123) Eppure, ci racconta l’autrice, c’è chi non si arrende e sono molti i tentativi in  tutto il mondo per regolare il mercato degli affitti e difendere l’abitare dei quartieri.

L’estrazione di valore non si ferma neanche davanti alla necessità di trovare una casa per poter studiare da fuorisede. I posti letto negli studentati non sono più gestiti da enti pubblici, ma sono diventati aperti al mercato e a operatori privati, ai quali sono andati i fondi del PNRR.

«Ma il privato non ha interesse a creare un’offerta di alloggi a prezzi accessibili; funziona benissimo, ovviamente, quando si rivolge a un target minoritario con un’offerta di lusso» (p. 150).

Nel libro c’è molto altro, a iniziare da una panoramica di quello che succede in altri paesi, che si trovano ad affrontare situazioni simili. Ad Amsterdam, Barcellona e Parigi sono stati adottati regolamenti che  regolano le locazioni turistiche. E poi c’è la questione fiscale, utilizzata per creare consenso politico. «Sulla casa di proprietà l’Italia ha uno dei regimi fiscali più generosi dei paesi Ocse, con la più alta iniquità di trattamento fiscale tra le abitazioni occupate dai proprietari e quelle affittate» (p.168).

Intorno al tema della casa si sono sviluppate molte ricerche e studi, abbiamo a disposizione pubblicazioni che ci forniscono i dati e i numeri della drammaticità del fenomeno, articoli e trasmissioni televisive se ne sono occupati , ma il libro di Sarah Gainsforth ha il grande valore di legare la casa all’intera trasformazione sociale e politica della società, ai salari, alla concentrazione della ricchezza, alla questione ecologica, allo strapotere della finanza e soprattutto alla vita delle persone.

Ha anche il grande pregio di indicare l’alternativa al modello capitalistico estrattivo che distrugge il nostro abitare, insieme alle nostre vite.

«Se ne esce –  scrive l’autrice – con il ritorno di politiche pubbliche per l’abitare declinate in una varietà di misure possibili, con un forte protagonismo del pubblico nella creazione di una nuova offerta abitativa in affitto, dunque con una dotazione finanziaria adeguata» (p. 199). Senza volontà politica e senza finanziamenti pubblici per realizzare case in affitto a canoni rapportati ai salari non si potrà riportare la casa al suo valore d’uso e la città al suo senso originario. Il testo di Sarah Gainsforth dimostra come la questione della casa sia la raffigurazione dell’ingiustizia sociale all’interno del fenomeno urbano.

Immagine di copertina dalla pagina FB Blocchi Precari Metropolitani

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