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Primo Maggio a Bogotá: dalla Minga indigena alla Consulta Popular

Centinaia di migliaia di persone in piazza a Bogotá e in tutta la Colombia per la manifestazione più grande della storia del Primo Maggio nel Paese: grande partecipazione della Minga indigena e mobilitazione in sostegno alla Consulta Popular per i diritti del lavoro

La giornata di mobilitazione e di lotta in tutto il paese è stata dedicata alla rivendicazione popolare di una maggiore giustizia sociale per lavoratori e lavoratrici ed è stata la seconda grande mobilitazione a sostegno della Consulta Popular, referendum propositivo sui temi dei diritti del lavoro, proposto dal presidente Petro dopo il blocco del Congresso alla proposta di riforma del lavoro, che è stata bocciata dalla Commissione Settiman del Senato lo scorso 18 marzo, durante una moltitudinaria mobilitazione sociale.

Le mobilitazioni per i quattro anni dall’estallido social, a partire dello sciopero e delle manifestazioni del 28 aprile 2021, si sono tenute alla vigilia del primo maggio, per ricordare le 89 vittime di quelle proteste sociali, le centinaia di vittime di ferite oculari, di violenza della polizia e delle forze militari, per richiedere la libertà di chi ancora si trova in carcere, per chiedere verità e giustizia. E in continuità, per rivendicare le ragioni di quella protesta che è stata fondamentale per aprire un processo di cambiamento poilitico nel Paese.

Nei giorni precedenti al primo maggio, si è tenuta inoltre a Bogotá la Minga Indigena, ospitata dall’Università Nacional, dove nonostante le polemiche razziste dei media mainstream e delle destre, i popoli indigeni sono stati ben accolti, come confermano gli interventi pubblici del rettore Leopoldo Múnera Ruíz, della vicerettrice Carolina Jiménez e di diversi docenti e studenti. Ma soprattutto, l’atmosfera che si respirava nel campus universitario, tra cucine comunitarie, assemblee, conferenze stampa, riunioni, musica e feste, è stata quella di un importante momento politico che coinvolgeva sia i popoli indigeni che il mondo universitario. L’Università ha concesso le facoltà e gli spazi del campus per l’accoglienza di oltre cinquemila persone appartenenti a decine di popoli indigeni provenienti da tutto il paese che hanno animato e partecipato alle giornate di assemblee, mobilitazione, musica, feste e rituali popolari e diversi momenti di incontro e negoziazione politica con il governo, che si sono tenute dal 29 aprile fino al 2 maggio.

Decine di chivas, i camion coperti utilizzati per gli spostamenti dei popoli indigeni, sono partiti dalle regioni più diverse e lontane del paese, e sono arrivate dopo diversi giorni di viaggio fino alla capitale, montando un accampamento, le cucine popolari e inventando nuovi spazi per la musica e le assemblee dentro l’università. Tra le organizzazioni che hanno organizzato la Minga e partecipato alle mobilitazionie il Consejo Regional Indígena del Cauca (CRIC), il Movimiento de Autoridades Indígenas de Colombia (AICO), la Organización Nacional Indígena de Colombia (ONIC), la Organización Nacional de los Pueblos Indígenas de Colombia (OPIAC) e la Confederación Indígena Tayrona (CIT).

Le rivendicazioni della Minga Indigena riguardavano diversi temi, e gli accordi sono stati raggiunti dopo tre intense giornate di negoziazione in piazza e al Congresso: si tratta dello sblocco dei fondi per il Buen Vivir, il riconoscimento del Sistema autonomo di educazione indigena, il riconoscimento del Sistema di salute indigeno, con finanziamenti statali, e dei processi di riconoscimento dei Cabildos urbani, lo sblocco dei fondi per la reincorporazione e reintegrazione dei popoli indigeni, e l’istituzione di fondi speciali per crisi umanitaria in Guajira e in Amazzonia.

La Minga si è poi unita alle manifestazioni popolari del Primo Maggio e nella capitale il corteo è partito dall’Università, con delegazioni di decine di popoli indigeni di tutto il paese che hanno raggiunto la Plaza Bolivar, con centinaia di migliaia di persone che hanno affollato i sette cortei che hanno attraversato le strade della capitale, così come di tante altre città in Colombia.

Alla moltitudinaria manifestazione hanno partecipato decine di organizzazioni sindacali, movimenti sociali, popoli indigeni, partiti di sinistra, studenti e studentesse, lavoratrici e lavoratori delle economie popolari, confluendo sulla centralissima Plaza de Bolivar, dove il presidente Petro ha tenuto il suo discorso in una piazza gremita di manifestanti.

Attaccando le destre per le responsabilità del paramilitarismo e del terrorismo di Stato, per l’assenza di diritti sul lavoro e le giornate infinite, i contratti super precari, l’assenza di garanzie, di pensione, di accesso alla salute per milioni di persone in Colombia, eredità del peggiore neoliberismo e della violenza statale e paramilitare degli ultimi decenni: le riforme del lavoro e della salute, proposte dal governo sulla base del voto popolare, sono state però fermate dal Congresso, dove la coalizione di governo non ha la maggioranza. Per questo la Consulta Popular, ufficialmente proposta in Senato lo stesso primo maggio, subito dopo la manifestazione e il discorso del Presidente in piazza, rappresenta la possibilità di riaprire la contesa politica e la campagna elettorale in vista delle prossime elezioni del 2026, a partire dalle riforme per la giustizia sociale.

Si è tenuto poi un commovente minuto di silenzio per Alberto Peña, leader delle lotte per i diritti umani e militante di Colombia Humana, partito politico da cui proviene il presidente, assassinato nella stessa giornata del primo maggio da gruppi armati paramilitari mentre stava facendo campagna per la Consulta Popular nella regione del Cauca, poco prima di raggiungere il corteo nella sua città. «Non possiamo tornare al terrorismo di Stato e alle fucilazioni e alle fosse comuni, come duranti i governi di Uribe», ha detto il presidente Petro dal palco, accusando senatori delle destra della responsabilità politica di questo assassinio per aver bloccato la riforma. Dopo aver ricordato il militante per la pace e i diritti umani assassinato poche ore prima, Petro ha invitato lavoratori e lavoratrici, popoli indigeni e movimenti di tutto il paese a mobilitarsi per la Consulta Popular, sguainando poi sul palco la spada di Bolivar per rivendicare il potere popolare e la giustizia sociale.

«Come può essere che nel ventunesimo secolo ancora dobbiamo lottare per la giornata lavorativa di otto ore? Chi vota contro la riforma è uno schiavista», ha detto il presidente accolto dall’ovazione della piazza. Limitare la giornata lavorativa a 8 ore è infatti uno dei dodici punti della Consulta Popular, assieme all’aumento del salario nei giorni festivi, il riconoscimento del lavoro comunitario e di cura, all’approvazione di migliori tassi di interesse per le piccole e medie imprese e le economie popolari, il riconoscimento di una licenza dal lavoro durante il periodo mestruale, l’inclusione di lavoratori e lavoratrici diversamente abili come quota obbligatoria per tute le imprese, il riconoscimento generalizzato dell’accesso alla sicurezza sociale e ai contributi per le pensioni, speciali garanzie dei diritti per il lavoro e accesso ai contributi pensionistici nel mondo dell’agricoltura, limitazione delle contrattazioni precarie, il riconoscimento delle lavoratrici domestiche e un fondo pensione specifico per chi svolge lavori domestici, comunitari e precari.

«Siamo disposti a compiere il mandato popolare senza fare nessun passo indietro, perché camminiamo verso la libertà. Con questo governo, il popolo può decidere con la Consulta Popolare quali siano i suoi interessi e le sue necessità», conclude Petro in una piazza gremita che canta «¡No pasarán!» e «¡Consulta Popular ya!».

Il Senato si dovrà pronunciare nelle prossime settimane per approvare la Consulta Popular e sono in gioco alleanze, negoziazioni e tensioni politiche: non permettere il voto della Consulta sarebbe un ennesimo blocco politico contro il governo, approvarla significa aprire un semestre di campagna politica e mobilitazione sociale in vista del voto, pochi mesi prima delle elezioni presidenziali del 2026.

Un Primo Maggio moltitudinario che ha segnalato la continuità e la potenza del processo di mobilitazione sociale e politica in Colombia, decisivo per le prossime sfide politiche in un contesto politico globale e regionale avverso, con l’avanzata del blocco reazionario, testimoniato dalle recenti elezioni in Ecuador, in un quadro di instabilità e di tensione politica che attraversa anche il Paese in un momento decisivo per la possibilità di continuità del progetto politico progressista e di sinistra in Colombia.

Tutte le immagini e i video sono di Natalia Hernandez Fajardo e Alioscia Castronovo da Bogotá per DINAMOpress

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