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Nove falsi movimenti di Stefan Kaegi

È possibile fare teatro durante il lockdown? Stefan Kaegi, tra i fondatori del collettivo berlinese Rimini Protokoll e il sound designer Niki Neecke ci hanno provato e hanno creato una traccia sonora, composta da 9 movimenti, da ascoltare nell’unico luogo scenico disponibile: la propria casa

Dopo i cantanti sui balconi e gli applausi ai medici, il bisogno di rappresentazione durante il recente lockdown, è stato surrogato da molti teatri con delle visioni in streaming di filmati di spettacoli di repertorio. Un’operazione originale è invece rappresentata da 9 movimenti di Stefan Kaegi dei Rimini Protokoll per il LAC Lugano Arte e Cultura, dove la ricerca del gruppo berlinese di un teatro site-specific che metta in discussione il ruolo passivo del pubblico, ha trovato forma in 9 movimenti, un audiotour in rete, una guida per gli spazi domestici.

«La mortalità è al centro di ogni opera d’arte. Quindi io vado ben oltre questa strada»: è una dichiarazione di Stefan Kaegi, uno dei fondatori, insieme a Helgard Haug e Daniel Wetzel, del collettivo Rimini Protokoll, nato nel 2000, con sede a Berlino. La morte è il punto focale di uno degli ultimi lavori della compagnia, Nachlass. Pièces sans personnes – passato anche in Italia, al Romaeuropa Festival e al Piccolo Teatro –, dove lo spettatore viene fatto entrare in stanze con arredamenti originali appartenuti anche a persone decedute, così come nel loro Remote X portano il pubblico in un’esplorazione della città partendo da un cimitero, riproposizione in un concentrato urbanistico e sociale della città stessa, con la parte monumentale e i loculi che si susseguono in serie come i palazzi delle periferie.

 

Stephan Kaegi (foto di Enrico De Stavola)

 

La morte dell’ultimo lavoro di Kaegi e della compagnia, 9 movimenti, è ancora una presenza forte, anche se, in questo caso, non viene mai nominata espressamente. Si tratta di un’operazione concepita da Kaegi per il LAC Lugano Arte e Cultura, consistente semplicemente di una traccia audio da ascoltare in cuffia, via SoundCloud, con indicazioni da seguire. Rientra nelle varie iniziative che molti teatri hanno intrapreso durante il lockdown per offrire qualcosa, in genere spettacoli filmati, al proprio pubblico confinato tra le mura domestiche. La morte dunque è la ragione stessa dello spettacolo (chiamiamolo così in senso lato) 9 movimenti. Quella che era, ed è ancora, palpabile dove la pandemia Covid-19 ha colpito duramente, producendo immagini drammatiche divenute iconiche come quella dei mezzi militari che portano via le bare a Bergamo, o le fosse comuni nell’isola di New York. Evitare la morte è il motivo per cui si rimane rintanati nella propria abitazione, negli spazi domestici che l’audiotour di 9 movimenti trasforma in spazi teatrali.

La condizione di vita durante il lockdown appare come connaturata alla poetica dei Rimini Protokoll, che si basa sulla demolizione radicale delle regole della rappresentazione teatrale, della separazione tra pubblico e performer in scena, nonché sull’uso degli spazi site-specific come non luoghi che diventano spazi scenici. Come nel precedente lavoro Europa a domicilio / Home Visit Europe (presentato in Italia ai festival Inteatro Polverigi e Pergine Spettacolo Aperto e nella stagione di Zona K), il teatro è portato a casa nostra, estremizzando il concetto cardine della compagnia di avvicinare il teatro il più possibile ai suoi fruitori. Il pubblico diventa protagonista, performer in un percorso di sostituzione e ribaltamento dei ruoli con lo spettatore voyeur. In questo senso il lavoro della compagnia berlinese è associabile a quello del Teatro del Lemming che ragiona su un analogo movimento da far fare allo spettatore, in realtà un falso movimento, in nome di un teatro dionisiaco, interattivo e partecipato. Per i Rimini Protokoll il percorso prevede una eterodirezione del pubblico attraverso un mezzo tecnologico, spesso con delle cuffie come in un’audioguida di una mostra d’arte. Con 9 movimenti si tratta semplicemente di connettersi al sito del Lac, il teatro diventa liquido, espanso, fruibile e messo in scena a casa propria con una consapevolezza del mezzo della rete, per un inedito teatro virtuale, che manca alla semplice riproposizione di teatro filmato in streaming. 9 movimenti è ancora accessibile, e lo sarà per tutto il 2020, partendo dalla pagina web del programma del Lac.

 

Rimini Protokoll (foto di David von Becker)

 

«9 movimenti grazie ai quali stare a casa diventa teatro». Così enuncia la voce che ascoltiamo in cuffia all’inizio dello spettacolo. Una guida che invita poi a riflettere/vivere il proprio guscio, in cui si è confinati, in una palpitazione continua tra interno ed esterno. E ci invita a uscire nel mondo di fuori con l’immaginazione, a vedere la propria casa dall’alto, con il punto di vista di un uccello, e poi i propri quartiere e città con quello di un astronauta. Ci invita a sdoppiarci, “straniarci”, a osservare la nostra casa-spazio teatrale, a essere al contempo protagonisti e spettatori di noi stessi. Nel movimento 4, per esempio, ci viene detto di spegnere le luci e di affacciarci alla finestra, che diventa uno schermo, o meglio un arco scenico, sotto il quale si colloca un assembramento (immaginario in quanto massima espressione di ciò che è vietato) di cantori e musici, di mariachi, di accompagnatori musicali, come un coro greco.

Per i Rimini Protokoll vale il discorso che si può fare per un altro enfant terrible della scena contemporanea come Milo Rau – associabile al collettivo anche per i vari percorsi e le varie ibridazioni di teatro documentario – la cui opera di sperimentazione spinta del linguaggio teatrale lo porta in definitiva a una riscoperta del teatro classico. Così è per i Rimini Protokoll che nella ricerca ritrovano certi elementi primigeni della rappresentazione teatrale. 9 movimenti porta lo spettatore/attore/fruitore ad attraversare un movimento di training dell’attore, tipico della pedagogia teatrale delle avanguardie del Novecento, di Mejerchol’d, Stanislavskij, Grotowski, Barba, Brook. «Immagina di tornare a essere un bambino»: è il suggerimento del movimento 5 dopo essere stati invitati a sdraiarsi sul pavimento. Una introspezione interna, nella propria vita, per poter assumere altre identità nel lavoro dell’attore sul personaggio. E in questo caso il teatro come spazio antinaturalistico dell’evocazione, della magia, diventa il modo per superare quella barriera insormontabile rappresentata dalla nostra abitazione o dai confini di vicinato nelle restrizioni dell’emergenza Coronavirus.

 

L’immagine di copertina di Reynier Carl è del sito del LAC di Lugano