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MONDO
L’ultimo assalto alla Patagonia con l’accordo ENI-YPF
L’accordo ENI-YPF su Vaca Muerta promette ricchezza, ma è solo l’ultimo colpo a una Patagonia già ferita: il fracking inquina, impoverisce e minaccia i Mapuche, in un Paese che privilegia il profitto sui diritti
L’accordo ENI-YPF, la compagnia petrolifera statale argentina, per il progetto “Argentina LNG” segna l’ultimo assalto al cuore della Patagonia, dove Vaca Muerta, una delle più grandi riserve di gas e petrolio non convenzionali al mondo, è da anni al centro di un’inarrestabile corsa estrattiva. L’accordo, che prevede due unità galleggianti per il GNL, ciascuna da 6 milioni di tonnellate l’anno, punta a generare un mercato da 30 miliardi di dollari entro il 2030. Il governo Milei, invece, vede nel progetto una via per la stabilità finanziaria.
Tuttavia, la narrazione di Vaca Muerta come “El Dorado” energetico si scontra con una realtà di promesse tradite. Per un decennio, i governi argentini hanno promesso che l’estrazione di gas e petrolio avrebbe portato prosperità. Eppure, nel 2022, Neuquén, la capitale della provincia di Neuquén, registrava un tasso di povertà urbana del 38,4%, come denunciato dal Tribunale Internazionale dei Diritti della Natura. Añelo, epicentro operativo del giacimento, è il simbolo di questa contraddizione: un villaggio trasformato dal boom petrolifero, ma con carenze strutturali e sociali evidenti.
Un decennio di fracking e devastazione ambientale
Vaca Muerta è una formazione geologica di scisto che si estende per 30mila chilometri quadrati tra le province di Neuquén, Río Negro, Mendoza e La Pampa e detiene la seconda più grande riserva di gas di scisto e la quarta più grande riserva di olio di scisto al mondo. Dal 2013, con l’avvio dell’estrazione non convenzionale sotto Cristina Fernández, il fracking è diventato il fulcro dell’industria estrattiva nella regione, una tecnica estremamente dannosa per l’ambiente e per le popolazioni indigene che vi abitano, oltre che possibile causa di eventi sismici. Detta anche fratturazione idraulica, questa tecnica inietta ad alta pressione una miscela di acqua, sabbia e sostanze chimiche per estrarre petrolio o gas di scisto da rocce argillose nel sottosuolo.
Ogni pozzo richiede tra 100mila e 27 milioni di litri d’acqua, con gravi rischi di contaminazione di suolo e falde acquifere, in particolare per il fenomeno del “flowback” – acqua di ritorno con residui tossici e idrocarburi – che minaccia fiumi e falde, nonostante YPF assicuri una gestione “sostenibile”. Le denunce di organizzazioni come Opsur evidenziano rischi concreti, ma le autorità provinciali minimizzano, lasciando le comunità a fare i conti con un ambiente sempre più compromesso. Il fracking, inoltre, aggrava la crisi idrica in una regione già colpita da una siccità decennale.
L’accordo ENI-YPF, che punta a intensificare l’estrazione, accelera queste pratiche, consumando enormi quantità di acqua e sottraendola alle comunità locali. In un contesto in cui l’acqua è scarsa, l’industria estrattiva consuma risorse vitali, mentre le comunità non hanno accesso all’acuqa potabile.
L’impatto ambientale non si limita all’acqua. Dal 2015, la regione ha registrato 442 terremoti legati al fracking, mentre nubi di metano e composti organici volatili (come benzene e toluene) inquinano l’aria, come documentato nel 2023 da una delegazione di giornaliste e giornalisti nazionali e internazionali che ha visitato Vaca Muerta. Le e i giornalisti che hanno visitato la zona hanno riscontrato che i principali disturbi per cui le persone residenti si rivolgono al medico sono quelli respiratori, non solo per le sostanze nocive correlate all’estrazione. Il paradosso che vivono le comunità che vivono nella regione è emblematico: la mancanza di gas naturale per tutti. Su una delle più grandi riserve di gas al mondo, il gas non ha mai raggiunto le loro case (disponibile solo per il 35% delle case) e per scaldarsi le famiglie usano bombole di gas sociale o bruciano legna, quando va bene, mentre i più poveri ricorrono a spazzatura o vecchie pantofole per cucinare e scaldarsi.
La crisi di Añelo
Añelo, a 104 chilometri da Neuquén, è il volto umano della crisi di Vaca Muerta. Trasformata in capitale operativa del giacimento, la cittadina è dominata da colossi come Chevron, YPF, Shell, Total e Pluspetrol. Ma il boom economico ha portato prosperità solo a pochi. Luís Castillo, residente del quartiere La Meseta, denuncia a elDiarioAR fogne straripanti che invadono le strade, mancanza di gas naturale e acqua potabile e infrastrutture al collasso.
L’impatto sociale è altrettanto grave. L’arrivo delle multinazionali ha fatto esplodere i costi della vita: un monolocale costa 150.000 pesos mensili, una stanza con bagno condiviso 80.000, cifre insostenibili per chi non lavora nell’industria estrattiva. Nel 2022, il tasso di povertà urbana di Neuquén era al 38,4%, un dato che smentisce le promesse di benessere universale. Le comunità locali, che vivono a pochi passi dalle riserve di idrocarburi, non vedono i benefici del gas che dovrebbe “salvare” l’Argentina. Al contrario, affrontano carenze croniche e un ambiente sempre più degradato.
Il contrasto tra le aspettative e la realtà è evidente. Per un decennio, i governi argentini hanno venduto Vaca Muerta come la chiave per la rinascita economica. Ma chi vive accanto ai pozzi non ha accesso ai servizi più elementari. La narrazione ufficiale, che dipinge l’estrattivismo come motore di sviluppo, si scontra con la vita quotidiana di Añelo, dove la ricchezza del sottosuolo non si traduce in benessere, ma in abbandono e disuguaglianza.
La lotta dei Mapuche
All’industria estrattiva, così come allo sfruttamento ambientale in generale, si sono sempre opposte le comunità Mapuche che abitano da secoli le terre ancestrali di Vaca Muerta, le più colpite dall’industria estrattiva. Il fracking non solo devasta l’ambiente da cui dipendono per la loro sussistenza, ma compromette la loro identità culturale e spirituale, profondamente legata alla terra. Pratiche tradizionali come la transumanza, un sistema di migrazione stagionale del bestiame, sono minacciate dalla crescente domanda di acqua e terra per l’estrazione.
La Malalweche Territorial Identity Organization, che rappresenta oltre 20 comunità a Mendoza, denuncia che queste attività, in un contesto di crisi idrica e climatica, mettono a rischio la loro stessa sopravvivenza. Non solo. A Mendoza, dove Vaca Muerta copre 8.700 chilometri quadrati, i Mapuche devono affrontare anche politiche che negano i loro diritti territoriali, che mirano a espropriare le comunità e a facilitare il fracking e altre attività estrattive. Nel 2023, la Camera dei Deputati di Mendoza ha messo in discussione il loro status di popolo indigeno, aprendo la strada a espropri per il fracking.
A livello nazionale, il governo Milei ha aggravato la situazione: l’abolizione dell’Istituto Nazionale per gli Affari Indigeni, la chiusura dell’Istituto contro la Discriminazione e la revoca della Legge 26160, che proteggeva le comunità indigene dagli sgomberi, hanno portato a violente espulsioni. Queste politiche riflettono una strategia chiara: sacrificare i diritti delle comunità per favorire gli interessi estrattivi.
Nonostante le avversità, i Mapuche non si arrendono. La Confederazione Mapuche di Neuquén organizza marce, blocchi stradali e azioni legali, come la causa contro la Comarsa per lo smaltimento tossico. A Mendoza, la Malalweche ha portato la lotta sul piano internazionale, rivolgendosi ai Relatori Speciali delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni e sull’Ambiente e ha presentato un amicus curiae alla Corte Interamericana dei Diritti Umani, evidenziando come il fracking aggravi la crisi climatica e la scarsità d’acqua, violando i loro diritti. Le comunità chiedono il rispetto della Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, che garantisce la consultazione libera, previa e informata.
La loro lotta, però, si scontra con un’Argentina che sembra aver scelto il profitto a scapito della terra e delle sue genti. Vaca Muerta, venduta come la salvezza dell’Argentina, rischia di diventare un l’ennesimo modello di sviluppo che arricchisce pochi, devasta l’ambiente e calpesta i diritti umani.
Immagine di copertina di Bruce Gordon per EcoFlight (Flickr) – Vista aerea di impianti di estrazione di petrolio tramite “fracking”
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