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MONDO

L’attacco da Gaza ha spaventato Israele. Dovrebbe anche svelarne il contesto

Ripubblichiamo un editoriale uscito sul Magazine +972, scritto dal suo direttore esecutivo, che commenta a caldo la nuova fase del conflitto israelo-palestinese: «Il terrore che gli israeliani, me incluso, provano per l’assalto di oggi è l’esperienza quotidiana per milioni di palestinesi da troppo tempo»

Nel momento in cui pubblichiamo la traduzione di questo articolo, scritto nella giornata di sabato 7 ottobre, gli eventi sono in rapida evoluzione. Israele ha ufficialmente dichiarato lo stato di guerra e sembra in procinto di preparare un’invasione di terra della striscia di Gaza, mentre continuano i combattimenti tra l’esercito israeliano e i militanti palestinesi (Hamas soprattutto) nei paesi israeliani vicini al confine con Gaza. Proteste anche a Gerusalemme Est e almeno undici palestinesi uccisi in Cisgiordania. Decine di israeliani, civili e militari, sono stati portati come ostaggi o prigionieri di guerra oltre confine, una situazione che avrà sviluppi probabilmente di lunga durata. Gli ultimi aggiornamenti contano 700 morti israeliani e un numero imprecisato di feriti, mentre i morti dei bombardamenti israeliani su Gaza sarebbero saliti oltre i 400 e i feriti 2.300.

Questo è un giorno terribile. Dopo esserci svegliati con le sirene sotto le raffiche di centinaia di missili sparati sulle città israeliane, abbiamo saputo dell’assalto senza precedenti operato dei militanti palestinesi di Gaza ai paesi israeliani che confinano con la striscia. 

Le notizie che arrivano di almeno 40 israeliani uccisi e centinaia feriti [nel frattempo saliti esponenzialmente, ndt], mentre sono segnalati anche alcune persone rapite e portate a Gaza. Intanto l’esercito israeliano ha già iniziato la sua offensiva sulla striscia, con truppe mobilitate ai confini e attacchi aerei che stanno ferendo e uccidendo decine di palestinesi. È inimmaginabile l’assoluto terrore di chi sta vedendo militanti armati nelle loro case e strade, e jet e carrarmati che gli sfrecciano davanti. Gli attacchi sui civili sono un crimine di guerra e il mio cuore è con le vittime e i loro famigliari. 

Al contrario di quanto sostengono molti israeliani e mentre chiaramente l’esercito è stato colto impreparato, questo non è un attacco “unilaterale” o “non provocato”. Il terrore che gli israeliani (me incluso) sentono adesso è un frammento di quello che i palestinesi sentono quotidianamente a causa del regime militare decennale in Cisgiordania, o sotto l’assedio e gli assalti ripetuti a Gaza.

Le reazioni che sentiamo da molti israeliani oggi – come chi dice di “radere al suolo Gaza”, “questi sono selvaggi, non persone con cui si può negoziare”, “stanno uccidendo intere famiglie”, “non c’è spazio per parlare con questa gente” – sono le stesse che ho sentito dire infinite volte dai palestinesi a proposito degli israeliani. 

L’attacco di questa mattina inoltre ha un contesto più recente. Si inserisce nell’orizzonte incombente dell’accordo di normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele. Per anni il primo ministro Benjamin Netanyahu ha sostenuto che la pace si possa ottenere senza parlare con i palestinesi o fare concessioni. Gli accordi di Abramo hanno tolto ai palestinesi la loro ultima moneta di scambio e base di supporto: la solidarietà dei governi arabi, malgrado per lungo tempo sia stata una solidarietà questionabile. L’alta probabilità di perdere quello che è forse il più importanti di questi paesi arabi potrebbe aver spinto Hamas al limite. 

Intanto diversi commentatori da settimane avvertono che le recenti escalation nella Cisgiordania occupata spingono verso sentieri pericolosi. Nell’ultimo anno, più israeliani e palestinesi sono stati uccisi che in qualunque altro anno dalla Seconda Intifada nei primi anni duemila. L’esercito israeliano effettua continuamente raid nelle città palestinesi e nei campi profughi. Il governo di estrema destra dà ai coloni mano libera per costruire nuovi insediamenti illegali e fare pogrom nei villaggi palestinesi, con i soldati che accompagnano i coloni o uccidono e mutilano palestinesi che provano a difendere le proprie case. Durante le festività ebraiche, estremisti ebrei stanno sfidando lo status quo del Monte del Tempio/Moschea al-Aqsa a Gerusalemme, con il supporto dei politici che condividono le loro idee. 

Intanto a Gaza l’assedio costante distrugge le vite di oltre due milioni di palestinesi, molti dei quali vivono in condizioni di estrema povertà, con scarso accesso ad acqua pulita e circa quattro ore di elettricità al giorno. Questo assedio non ha una data di scadenza; persino un report dello Israeli State Comptroller [l’agenzia che “controlla” le azioni del governo israeliano] ha notato come il governo non abbia mai discusso soluzioni a lungo termine per porre fine al blocco, né ha seriamente considerato alternative al ciclo continuo di guerra e morte.

È letteralmente l’unica opzione che questo e i precedenti governi propongono. Le uniche risposte fornite dagli ultimi governi israeliani al problema degli attacchi palestinesi da Gaza sono stati in forma di “cerotti”: se arrivano via terra, costruiremo un muro; se vengono via tunnel, costruiremo una barriera sotterranea; se lanciano razzi, li intercettiamo; se ammazzano qualcuno dei nostri, ammazzeremo molti più dei loro. E così via. 

Con questo non si vuole giustificare l’uccisione dei civili – qualcosa di assolutamente sbagliato. Piuttosto si vuole ricordare che c’è una ragione per tutto quello che sta succedendo ogg, e che – come tutte le volte precedenti – non c’è soluzione militare al problema di Israele con Gaza, o alla resistenza che naturalmente emerge come risposta a un regime di violenta apartheid. 

Negli ultimi mesi centinaia di migliaia di israeliani hanno marciato in tutto il paese per “la democrazia e l’uguaglianza”, molti hanno persino detto che rifiuteranno il servizio militare data la deriva autoritaria del governo. Ma quello che questi manifestanti e riservisti devono capire – soprattutto oggi, che molti di loro annunciano che fermeranno la protesta e si uniranno alla guerra contro Gaza – è che i palestinesi lottano per le stesse cose e lo fanno da decenni, affrontando uno stato di Israele che con loro è già, ed è sempre stato, completamente autoritario.

Mentre scrivo queste parole sono a casa a Tel Aviv, cercando di capire come proteggere la mia famiglia in una casa senza rifugio o stanze sicure, leggendo con crescente panico le notizie degli eventi orribili che vanno avanti nei paesi israeliani al confine con Gaza, che sono ancora sotto attacco. Vedo persone, anche miei amici, che sui social media chiedono di attaccare Gaza come mai prima – chiedendo insomma un genocidio. In mezzo alle esplosioni, al dolore e gli spargimenti di sangue, parlare di soluzioni pacifiche per queste persone sembra una follia. 

Eppure ricordo che tutto quello che sento ora, che ogni israeliano condivide, è stata l’esperienza di milioni di palestinesi per troppo tempo. L’unica soluzione, come è sempre stato, è fermare l’apartheid, l’occupazione, l’assedio e promuovere un futuro basato su giustizia e uguaglianza per tutti noi. Dobbiamo cambiare direzione non malgrado l’orrore a cui stiamo assistendo, ma proprio per questo. 

Traduzione a cura di Dinamopress. L’articolo con il titolo Gaza’s shock attack has terrified Israelis. It should also unveil the context è uscito il 7 ottobre 2023 su +972 Magazine, che ringraziamo per l’autorizzazione a riprodurlo. 

Fotografia di copertina da Wilkimedia Commons.