approfondimenti
EUROPA
Il primo sciopero dei rider di Lieferando a Berlino
Lo sciopero dei rider berlinesi della Lieferando (gruppo Just Eat) per un aumento del salario minimo, la difesa dell’autonomia sindacale, il rifiuto dei subappalti, e la lotta per i diritti delle persone migranti che lavorano in Germania
«Nessuno dei migranti che sono qui oggi vuole lavorare in nero, vogliamo tutti un lavoro legale!», dice il rider dal microfono. Di fronte a lui, più di centocinquanta tra colleghi e sostenitori. È il 23 ottobre, e a Berlino i corrieri di Lieferando sono per la prima volta in sciopero. Il giorno è piovoso, ma pochi dei presenti se ne lamentano. Con quel tempo di solito si lavora, si fanno consegne. La piccola folla di rider si è radunata di fronte alla sede centrale dell’azienda, 18mila metri quadrati in un mega-campus di soli uffici costruito sulla riva della Sprea, nel quartiere di Kreuzberg. Tanti vengono dal sudest asiatico o dai paesi arabi, gli interventi si fanno in inglese o in tedesco, uno viene tradotto anche in pangiabi.
Lieferando è in Germania la più grande azienda nel settore del food delivery. Fondata nel 2009 come start up proprio a Berlino, si è ingrandita negli anni fagocitando concorrenti e passando varie volte di mano. Fino a poche settimane f apparteneva a Just Eat Takeaway.com, una multinazioanle attiva anche in Italia con il nome di Just Eat, ora è stata rilevata da un gruppo di investimento olandese. Sul mercato tedesco, l’azienda si contende i profitti con diverse altre piattaforme delle consegne a domicilio.
Un settore che in Germania negli ultimi cinque anni anni è più che raddoppiato, dai 3,47 miliardi di euro del 2019 ai 7,40 del 2024. Di questi, 720 milioni sono stati incassati da Lieferando. Eppure, nonostante gli affari vadano bene, l’azienda ha annunciato già da mesi un piano nazionale di licenziamenti di massa. “Ristrutturazione”, nel linguaggio neutro del comunicato pubblicato a luglio dal management – almeno duemila rider che perderanno il posto di lavoro, in quello più crudo della vita di tutti i giorni. Ma il timore è che i numeri alla fine saranno ben più alti e che i licenziamenti coinvolgeranno tutti i corrieri.
Lieferando guadagna soprattutto dalle commissioni su ogni ordine, lasciando il grosso del lavoro di consegna agli stessi ristoranti. L’azienda punta quindi ad alleggerirsi di quel poco di forza lavoro che ha ancora tra le mani: vuole appaltarla a ditte esterne, così da rendere la logistica «più agile ed efficiente», ovvero più economica. Un sistema, questo degli appalti a terzi, che è prassi nel mondo della piattaforme e che per i rider significa un azzeramento dei diritti conquistati e garantiti dalla legge tedesca: nessun contratto, nessuna assicurazione sanitaria in caso di incidente, nessun contributo pensionistico versato, nessun giorno di vacanza, pagamenti a cottimo al di sotto del minimo salariale.
Nella Germania delle regole, dello stato sociale e della legalità, questo buco nero di sfruttamento è sotto gli occhi di tutti. Un’inchiesta della televisione pubblica ARD andata in onda ad agosto era riuscita a documentare le condizioni di lavoro a Fleetlery, una delle ditte a cui le piattaforme di food delivery esternalizzano consegne e rider. Fleetlery funziona con una app, pagando 50 euro puoi entrare e cominciare subito a lavorare come corriere. Le comunicazioni vengono gestite in gruppi WhatsApp, non ci sono orari fissi o pause, chi non va online e non dà disponibilità viene semplicemente bloccato e non riceve più consegne. I pagamenti avvengono in contanti ogni due settimane, le buste con i soldi vengono consegnate negli angoli delle strade o dei parchi.
Capitalismo delle piattaforme e il sistema di anticorpi tedesco
Lo sciopero dei rider a Berlino è stato solo l’ultimo di una serie di mobilitazioni chiamate dal sindacato della gastronomia NGG contro Lieferando. Ad Amburgo, Francoforte, Darmstadt, Dortmund, Hannover, Göttingen, Braunschweig, Colonia, Stuttgart Bonn – in città tedesche grandi e piccole i rider hanno incrociato le braccia e sono scesi in strada. Oltre a protestare contro i recenti licenziamenti, la NGG chiede dal 2023 un miglioramento delle condizioni lavorative e un contratto di categoria che preveda almeno 15€ l’ora, contro l’attuale minimo salariale di 12,82€, ma l’azienda si è sempre rifiutata di sedersi al tavolo negoziale. A Berlino, parlamentari della Linke e dei Verdi e l’assessora per il lavoro della SPD hanno partecipato alla sciopero ed espresso solidarietà ai corrieri. Mentre la ministra federale del lavoro, la socialdemocratica Bärbel Bas, aveva incontrato già a settembre i rappresentanti dei rider, dicendosi preoccupata e promettendo misure rapide per contrastare l’illegalità, come più controlli. Che possa essere una soluzione, non è sicuro: le stesse ditte a cui viene appaltata la logistica sono spesso fondate usando prestanome, durano un paio di anni e, appena le autorità si fanno più pressanti, dichiarano insolvenza e svaniscono.
L’attenzione della ministra mostra però l’importanza della posta in gioco. È da anni che il capitalismo delle piattaforme ha imposto rapporti di lavoro sregolati, precari e autoritari. Il grado di sfruttamento, soprattutto delle persone migranti, è altissimo. E la Germania non fa eccezione.
Il report stilato per quest’anno dal progetto internazionale di ricerca Fairwork sulle condizioni lavorative in questo settore del mercato tedesco conferma lo scenario, riconoscendo addirittura un peggioramento dovuto proprio al sistema di esternalizzazione e appalti. In questa giungla di illegalità diffusa, Lieferando rappresentava almeno fino a poco tempo fa un’eccezione. Nonostante molti altri e gravi problemi (tracciamento dei rider, ore di lavoro non pagate, union busting), i contratti diretti a tempo indeterminato con l’azienda hanno dato negli ultimi anni respiro ai corrieri.

I rider, in più di 20 città, sono riusciti a fondare consigli dei lavoratori – i Betriebsräte, organi elettivi di cogestione aziendale previsti dalla legge tedesca, distinti dal sindacato, attraverso cui i dipendenti possono aver voce su molti aspetti della propria vita lavorativa come turni, regole o sicurezza sul lavoro. I consigli sono, in Germania, uno dei perni tanto del diritto del lavoro quanto della lotta sul lavoro, ma necessitano appunto di condizioni contrattuali relativamente stabili e, soprattutto, chiare. Con il passaggio di Lieferando al modello degli appalti, la più importante azienda di food delivery si prepara a smantellare una delle ultime isole di legalità nell’economia tedesca delle piattaforme. Dopo, anche l’ultima foglia di fico sarà caduta.
«I consigli dei lavoratori, i sindacati e in casi di dubbio le autorità di controllo dello stato costituiscono il sistema di anticorpi tedesco contro lo sfruttamento» – riconosce Veit Groß, segretario della NGG. «Ma il modello di appalti impedisce proprio l’organizzazione di lavoratori e lavoratrici, è come se il sistema immunitario non funzionasse, perché il corpo è già in partenza malato. In Germania non esiste nemmeno un ispettorato nazionale del lavoro come in Austria e in Polonia, una differenza che rende estremamente facile per queste ditte aggirare il diritto del lavoro tedesco», continua. L’unica possibilità è che la politica vieti del tutto il sistema di esternalizzazioni, come è già successo nel 2021 nel settore di produzione della carne. Questo chiede anche la NGG. L’anno scorso l’Unione Europea ha emanato una direttiva sul miglioramento delle condizioni di lavoro nelle piattaforme digitali che prevede, tra l’altro, l’obbligo di assunzione diretta dei rider. Nessuno degli stati membri l’ha finora recepita, la scadenza è alla fine del 2026. Il rischio, dice Groß, è quello della «metastasi»: che cioè anche altre aziende in altri settori utilizzino le stesse pratiche per togliere di mezzo i sindacati.
Auto-organizzazione migrante: Lieferando Workers Collective
Nel consiglio dei lavoratori di Lieferando a Berlino, in 15 dei 19 seggi siedono membri del Lieferando Workers Collective (LWC). Il collettivo, migrante e internazionale, è stato fondato nel 2021 da rider che provenivano da diverse esperienze di lotta, chi in altre aziende del food-delivery, chi nei movimenti sociali. Alcuni erano membri della NGG, altri no, e insieme si sono organizzati autonomamente, al di là delle strutture sindacali. Allora c’era ancora l’idea, nei sindacati tedeschi, che una forza lavoro migrante fosse difficilmente organizzabile. «Credo che fosse un senso di impotenza e anche una riluttanza ad accettare davvero questa novità», ricorda Moritz, tra i fondatori del collettivo.
Nel giro di un anno, il LWC ha indetto e vinto le elezioni del consiglio, mostrando il contrario di quanto il sindacato credeva. Oggi, è un esempio di come può funzionare in Germania l’organizzazione in settori di lavoro migrante, precario e atomizzato.
Oltre a sostenere le lotte dei corrieri che lavorano per altre aziende, a combattere dall’interno del consiglio le battaglie sulle concrete condizioni di lavoro a Lieferando, oltre a offrire consulenza legale, a tenere corsi di formazione, a promuovere il processo di sindacalizzazione, il collettivo ha lavorato molto sul creare un rapporto di fiducia quotidiano con colleghi e colleghe. «Da tempo stiamo cercando di avvicinarli a diverse forme di protesta», racconta Moritz. Ridurre la produttività, darsi malati, partecipare alle assemblee chiamate dal consiglio (che in Germania sono pagate come tempo di lavoro): «Questo è già uno sciopero, perché si smette di lavorare. Non dobbiamo aspettare il sindacato», spiega, «quello che importa è stimolare la conflittualità e la resistenza, abituarsi a pensare se lavorare per il capo o contro il capo». È a partire da questa base, frutto di un lungo e costante lavoro di base, che il LWC ha organizzato a Berlino la giornata di protesta del 23 ottobre chiamata dalla NGG, mobilitando con telefonate e messaggi WhatsApp a tappeto una forza lavoro che resta comunque frammentata, preparando striscioni, curandosi degli aspetti tecnici, dei social media, dei contatti con la stampa. L’obiettivo – attirare l’attenzione di media e politica – sembra essere riuscito.
«Ma credo che il successo non vada misurato solo sul terreno delle conquiste all’interno dell’azienda – dice Moritz – Le lotte sul lavoro, i consigli dei lavoratori, i sindacati rappresentano e hanno rappresentato per i colleghi migranti un potenziale di integrazione e partecipazione incredibile. C’è chi ha imparato il tedesco, chi a parlare con i giornalisti, chi con i politici, e chi, piano piano, è riuscito a stabilizzare la propria vita». Come Samee, che viene dal Pakistan ed è laureato in ingegneria meccanica. È arrivato in Germania nel 2013, facendo poi richiesta di asilo. Lavora per Lieferando dal 2020, è uno dei volti del collettivo e da anni a Berlino sostiene le lotte delle persone della sua comunità nel settore delle consegne a domicilio. Da pochi giorni ha finalmente ottenuto la cittadinanza tedesca. «Le battaglie per le persone migranti sono battaglie che riguardano tutti. Dovremmo aver imparato dalla storia europea come funziona questo sistema: prendono di mira una minoranza, poi passano a un’altra, poi a un’altra ancora. Quando finiranno, arriveranno anche a voi».
La copertina è di Fabio Angelelli
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