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Trionfa il Sì, con il referendum il Cile seppellisce la Costituzione di Pinochet

Con il 78% dei voti a favore, il referendum per la nuova Costituzione segna la fine della carta costituzionale imposta dalla dittatura militare di Pinochet: è la sepoltura definitiva del tiranno. Le lotte moltitudinarie hanno reso possibile un primo passo decisivo della lotta contro il neoliberalismo

“Borrar tu legado será nuestro legado” è lo slogan che meglio rende l’idea della giornata del 25 ottobre cileno. Tradotto significa: “Cancellare la tua eredità sarà la nostra eredità”. Se è ovvio che “eredità” non è da intendersi in senso patrimoniale, altrettanto ovvio è a chi si riferisca il possessivo “tua”. Perché, se il primo corpo del tiranno, quello naturale, è stato seppellito nel dicembre del 2006 –  con funerali di Stato e con tutti gli onori che spettano a un Presidente –, il secondo, quello mistico (non ce ne voglia Kantorowicz per l’estrema banalizzazione), è spirato ieri, dopo un’agonia di un anno. A darne il doloroso annuncio, nel momento in cui scrivo, con dati non definitivi ma irreversibili, è il 21,73% dei votanti, quelli che hanno scelto il NO.

È così finita con un referendum, quella transizione che con un referendum era cominciata, il 5 ottobre di 32 anni fa. In quel caso era stato il voto NO a decretare che il periodo “presidenziale” di Pinochet doveva terminare. In mezzo, cinque governi di centro-sinistra e due governi di centro-destra – entrambi di Piñera – che, pur con molte differenze, hanno amministrato un modello considerato estremamente “di successo”.

 

Foto di Luca Profenna

 

La Costituzione del 1980 era il segreto di quel successo, ha stabilito le fondamenta di un modello che, chi è interessato alla ragione neoliberale, deve prendere molto sul serio, perché lì risiede la differenza tra il tentativo (ben riuscito) di mettere in pratica una rivoluzione capitalista e i programmi di taglio alla spesa pubblica con cui si identifica molto spesso l’essenza stessa del neoliberalismo.

 

La Costituzione cilena del 1980 ha rappresentato la costituzionalizzazione della libertà economica, del diritto di proprietà e della neutralità degli organi statali con competenza in materia economica. Una costituzione scritta con i militari in strada e blindata quanto basta da essere inattaccabile.

 

Solo un evento extragiuridico poteva dare la morte al corpo mistico di Pinochet. Quell’evento è arrivato il 18 ottobre dell’anno scorso, quando gli studenti medi hanno chiamato a “evadere”, a saltare i tornelli della metropolitana per protestare contro l’ennesimo aumento del biglietto.  Le centinaia di migliaia di cilene e cileni che si sono presi per mesi le strade di tutto il paese, non sulla base di qualche richiesta specifica, ma minando le fondamenta stesse del potere politico, hanno ucciso il secondo corpo del tiranno.

Sul fatto che avrebbe vinto il Sì c’erano pochi dubbi, forse nessuno, ma questi numeri erano difficili da pronosticare, non solo in termini assoluti – il Sì ha ottenuto oltre il triplo dei voti del No – ma soprattutto nella loro disposizione. Se era già emerso in maniera più che evidente durante le proteste – soprattutto attraverso gli slogan che hanno fatto il giro del mondo – che i modi di vita e di competizione imposti dal modello erano il grande nodo e che “la normalità era il problema”, il voto di ieri mostra una chiara frattura di classe, nel senso socio-economico del termine.

 

Foto di Luca Profenna

 

Il rifiuto alla nuova costituzione è prevalso solo in tre comuni della zona nordest della capitale: Las Condes, Lo Barnechea e Vitacura. I comuni più ricchi, il centro finanziario ed economico di Santiago e del paese. In tutti gli altri la vittoria del SÍ è stata schiacciante, con punte di oltre il 90%. Un voto che non esibisce nessuna relazione con le elezioni politiche e/o amministrative. Solo per fare un esempio: nei due quartieri più popolosi del paese, Maipú e Puente Alto, comuni popolari adagiati sui lati opposti della parte meridionale del Gran Santiago e governati rispettivamente da sindaci UDI, partito apertamente pinochetista, e Renovación Nacional, partito del presidente, il SÍ si è affermato con l’82 e l’88%.

Quello che conferma il referendum è che si sta ridisegnando completamente la geografia della politica e che i leader della transizione hanno poco a che vedere con il trionfo di ieri, anche se hanno fatto campagna per il SÍ. Se Piñera, che dichiara che hanno trionfato la cittadinanza e la democrazia e la pace sulla violenza, sembra vivere in un altro pianeta, non suonano meno stonate le parole degli esponenti del centro-sinistra.

Cosa succederà adesso? Il prossimo atto è previsto per l’11 aprile, quando gli elettori dovranno scegliere i 155 membri della Convención Constituyente (che è stata preferita, con il 78,99%, all’ipotesi di una Convención mista, formata da 86 parlamentari e 86 membri eletti ad hoc). Ovviamente c’è da riempire di contenuto la nuova costituzione: da immaginare forme di vita altre da quelle neoliberali e da continuare a tessere relazioni. Le variabili, anche dal punto di vista tecnico, sono molte. Niente assicura che il cambiamento che lì sarà plasmato sia radicale, ma c’era da fare un minimo ma necessario passo: era necessario seppellire il fantasma di Pinochet. Ed è stato fatto.

Immagine di copertina e foto nell’articolo: Luca Profenna