DIRITTI

La violenza sulle donne è un fatto politico

Considerazioni attorno alle mobilitazioni romane contro femminicidi e chiusura dei centri anti-violenza.

Venerdì 24 giugno prima mobilitazione capitolina dopo le elezioni amministrative che hanno visto imporsi il Movimento 5 Stelle in molte città italiane.

La rete Io Decido ha lanciato un presidio in Campidoglio a seguito dell’assemblea di Piazza dell’Immacolata a San Lorenzo, lo scorso 16 giugno, che ha visto la partecipazione di tante e tanti: centri e sportelli antiviolenza, spazi autogestiti di donne, laboratori, associazioni, centri sociali e molti altri.

La campagna mediatica di televisioni e stampa mainstream, del periodo pre-elettorale è stata tutta schiacciata a difesa del Capo-Renzi e del suo partito democratico, contro gli inesperti e antisistema penta stellati, troppo giovani, troppo nuovi, neo-mamme, bocconiane, poco truccate etc… Un boomerang probabilmente anche questo che ha evidenziato la difesa dell’establishment governativa letteralmente con ogni mezzo. La configurazione del voto elettorale risulta però essere paradigmatica, con altissime percentuali al M5S nelle periferie romane, luoghi che per il partito baluardo di Mafia Capitale hanno sempre rappresentato solo un vuoto da colmare con cemento e lavori in corso d’opera.

Eppure, subito dopo l’esito del ballottaggio la campagna mediatica denigratoria è continuata per certi versi. Da Il Tempo che rappresenta Raggi come una bambola, a Libero che esalta l’inesperienza di R. e di Appendino con titoli come “ma saranno capaci?”; queste donne che hanno famiglia, ma, disgraziate, pretendono anche di fare le sindache!

Non è da meno Repubblica con articoli stile Novella 2000 che pubblica le lettere del marito della neo-sindaca, sviando spesso e volentieri da analisi più sostanziali post-elettorali che hanno visto la disfatta del PD e del renzismo come sistema performativo politico. In tutto ciò anche all’estero, perfino in Giappone viene esaltata Virginia Raggi in quanto giovane donna, avvocata etc… Nemmeno fosse Daenerys madre dei draghi che ogni volta ha bisogno di sciorinare le sue “qualifiche”, i suoi “ruoli”, prima di essere presa in considerazione.

La violenza sulle donne non è solo un fatto privato e domestico. Un leitmotiv ormai assunto perfino a livello politico, che ha dato luogo ad una brutta legge paternalista (legge 119/2013), un decreto legge emergenziale, approvato in tempo record, che, nell’utilizzare il termine femminicidio, ne confonde il senso, sottolineando la posizione di subordinazione della donna e utilizzandola come copertura di un vero e proprio pacchetto sicurezza. Negli anni abbiamo spesso assistito a prese di parola altisonanti contro il femminicidio efferato di turno. Cordoglio e rammarico, e fine dei giochi. Dopo il terribile episodio di Sara Di Pietrantonio, in Italia sono state uccise altre 8 donne, per mano di qualcuno che diceva di amarle: sono oltre 40 dall’inizio dell’anno. Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale e, per quanto riguarda le ultime, nel 62,7% dei casi lo stupro è stato commesso da un partner attuale o precedente. Anche qui una legge insufficiente, quella “recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonchè in tema di atti persecutori” (legge 38/2009).

In tutto ciò, a dispetto dei vari proclami istituzionali di turno a Roma, diversi centri e sportelli antiviolenza rischiano la chiusura, così come accade a decine e decine di spazi sociali e associazioni – a quell’ampio tessuto solidale e di welfare dal basso minacciato da sgomberi e messe a bando – e che hanno dato vita alla campagna Roma Non Si Vende-Decide Roma.

Il rischio di chiusura è immediato, come nel caso dello sportello SosDonna H24 della cooperativa sociale Be Free, che a giorni dovrebbe smettere di funzionare (il 26 giugno). In un comunicato Be Free riporta la sconcertante motivazione del Comune di Roma: “Poiché il 20 aprile u.s. è stato varato il Decreto Legislativo n.50 (Attuazione delle direttive 2014/23/Ue, 2014/24/Ue e 2014/25/Ue sull’aggiudicazione dei contratti di concessione e sugli appalti pubblici) il Comune ha determinato di non emanare nuovi bandi né concedere proroghe in mancanza di direttive attuative del decreto stesso.” Tutto questo, aggiunge Be Free, “nonostante i fondi economici per i suddetti servizi siano disponibili e già messi in bilancio”.

Tutto ciò viene liquidato come ostacolo burocratico, senza tenere conto delle operatrici e delle utenti dello sportello! Il destino è incerto anche per altri centri, sportelli e spazi di donne tra cui Dalia al Pigneto, Donna Lisa a Vigne Nuove, la Casa delle donne Lucha y Siesta a Cinecittà, lo sportello Una stanza tutta per sé a Ostiense, AssoLei a Trastevere.

La violenza di genere riguarda tutte e tutti e la risposta del Comune non può essere la chiusura dei centri antiviolenza e degli sportelli, spesso unico sostegno psicologico ed materiale per le donne che decidono di denunciare e intraprendere un percorso di uscita dalla violenza. I centri anti-violenza (cav) sono luoghi definanziati e spesso lasciati al volontarismo delle operatrici, quando sarebbe, invece, necessario un cav almeno per ogni municipio, insieme a programmi di sensibilizzazione, prevenzione ed educazione alle differenze nelle scuole, anche dalla prima infanzia. Non esiste il raptus improvviso che colpisce il “bravo ragazzo”, i mostri che si nascondono tra gli uomini per bene. Esistono comportamenti sessisti e machisti, spesso sintomo di insicurezza e vulnerabilità. In un’epoca in cui le vite precarie, nomadi, ma anche i costumi, i gusti estetici, le abitudini, rompono gli steccati tra i generi, paradossalmente la barriera della “divisione tra i sessi”, della donna oggetto proprietario, ritorna.

Non si riesce a concepire l’abbandono, la libertà, la non sottomissione da parte delle donne. Essere lasciati è ancora fonte di un disagio, di una debolezza, e le narrazioni mainstream dell’amore romantico – Heatchliff che ama troppo e Cathy costretta inevitabilmente alla morte per ricongiungersi nell’eterno oblio dell’amore – sono solo delle finzioni, dei racconti. L’amore anche tossico, non uccide. L’amore è vita o non è. Non è possesso, non è utilizzo.

Il femminicidio ci parla della degenerazione delle relazioni sociali nella nostra società. Nonostante la famiglia tradizionale non sia più un modello reale, ma, piuttosto una istituzione in crisi che continua ad essere imposta come unico modello sociale di riferimento. Mettere a tema la questione dell’autonomia e dell’autodeterminazione, determinando nuovi rapporti di solidarietà capaci di tradursi in nuovi rapporti sociali e relazionali-affettivi contro la visione dell’individuo contemporaneo prodotto della crisi economica ai tempi del neoliberismo: atomizzato, prevaricatore. Capire quali sono quegli atteggiamenti che ci normalizzano e ci portano ad accettare storture sociali e ingiustizie in cambio di una qualche oasi di tranquillità anestetizzante. Per essere davvero libere di scegliere e di agire!

In tutto ciò, non si possono combattere i femminicidi e la violenza maschile sulle donne senza concreti impegni e investimento di risorse da parte delle istituzioni competenti, e senza valorizzare pienamente l’esperienza dei centri anti-violenza che a Roma, come in tutta Italia, da oltre vent’anni, con un lavoro capillare e spesso, purtroppo, totalmente invisibile, continuano ad intervenire e a produrre discorso.

Ci vediamo venerdì alle 16.30 in piazza del Campidoglio!

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La seconda foto è tratta da qui