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Un romanzo frocio a Roma est. Killing me softly di Nitx

Killing me softly. Romanzo frocio, esordio di Nitx edito da Agenzia X ci fa scoprire le vite in lotta di Acab e Ishtar tra transfobia, violenza sulle donne, disabilità e amore

Quando prendi in mano un romanzo di Agenzia X non sai bene che viaggio stai per affrontare, sai che arriverai in terre lontane, ma non sempre sai se sarai in grado di toccare terra.

Non lo sai, ancor di più se il romanzo si autodefinisce un “romanzo frocio” e fa parte di una collana chiamata degenerate. «Una collana dedicata al pensiero radicale femminista: degenerante, una voce che richiama alle soggettività indomite, insofferenti al genere e all’ordine costituito».

La collana è stata appena inaugurata e il suo primo libro è un testo teorico, mentre Killing me softly ha «il respiro lungo di un romanzo».

Premessa al romanzo è – giustamente – una riflessione sul linguaggio inclusivo utilizzato nel testo.

Tema caldo nell’Italia pandemica, ben esemplificato dalla pubblicazione di libri come Così non schwa di Andrea De Benedetti per Einaudi, dove leggiamo «Il fatto stesso di parlare di “formazione del femminile” ci ricorda tuttavia una verità scomoda ma ineludibile: in italiano, così come nella Genesi, il femminile nasce quasi sempre da una costola del maschile. Dal punto di vista morfologico – e solo morfologico – il maschile rappresenta il prototipo, il paradigma, la matrice. Il femminile è lo spin-off, il derivato, l’apocrifo».

Insomma, in una lingua dove «non è stata ancora sciolta nessuna delle questioni relative alla parità linguistica tra femminile e maschile» che cosa significa “abdicare al genere”? Nitx sceglie una X, alla fine del suo nome e in qualsiasi parola che deve essere declinata.

«Voglio che con una X si cancelli l’obbligo di definirsi». Un’ istanza liberatoria che avvenga qui, ora e subito. Che poi anche la stessa casa editrice sceglie una X nel suo nome «un’incognita da continuare a esplorare».

Tutto questo provoca una certa eccitazione nell’iniziare a leggere il libro.

Il libro è la storia d’amore tra Acab e Ishtar la sua compagna. Come tante coppie precarie che vivono in appartamenti in affitto nella periferia est della capitale iniziano a sognare una famiglia insieme. Ishtar ha quasi quaranta anni e porta tutta la sua ansia da “orologio biologico” e Acab è un ragazzo trasgender.

Tutto questo rende il loro desiderio molto più complicato, prima di tutto perché è esplicitamente vietato dallo stato italiano. Ma questo romanzo intreccia intorno a questo desiderio di maternità, anche tanti altri temi.

La disabilità grave, la solitudine vissuta dai caregiver, la coppia aperta e le sue gelosie, le relazioni sessuali kinki, la violenza contro le donne, le discriminazioni omolesbobistransfobiche, la precarietà destabilizzante, le nuove povertà, l’attivismo e la militanza politica. Il tutto viene tenuto insieme da un ritmo incalzante e un atteggiamento critico verso tutte le questioni sollevate.

Un collegamento costante tra la storia d’amore tra Acab e Ishtar e le loro esperienze collettive e sociali.


Non è semplice scrivere un romanzo che abbia anche un obiettivo politico, si rischia di “fare la morale” o di scegliere un linguaggio più vicino alla teoria politica che alla narrativa.

Killing me softly non cade in nessuno di questi problemi, schivandoli con ottimi espedienti letterari, lasciandoci a bocca aperta fino alle sue ultime pagine.

Immagine di copertina da Creative Commons