ITALIA

Un Due tre cinema

La faticosa riapertura delle sale cinematografiche, alle prese con la pandemia e con una crisi che pare irreversibile. Oggi esce anche Deux, film francese del padovano Filippo Meneghetti

E insomma si è tornati al cinema. Distanziati, mascherate, pure un po’ preoccupate e preoccupati per il futuro della settimana arte, ma soprattutto dei cinema come luoghi fisici – i film, in un modo o nell’altro, sopravvivranno. Timidamente lunedì 26 aprile, più convintamente una settimana fa, giovedì 29, giorno tradizionale di uscita dei nuovi titoli. Al Beltrade di Milano hanno lanciato l’idea, per scherzo, di una proiezione alle sei di mattina il primo giorno utile. Li hanno presi sul serio. Tutto esaurito, per un film non di primo pelo (Caro Diario, 1993, di Nanni Moretti). Cinefile e cinefili in crisi d’astinenza, che hanno affollato anche le sale romane.

Al Nuovo Sacher c’era proprio Moretti ad accogliere gli spettatori: sul suo Instagram, addirittura una storiella video, una versione ventunesimo secolo del suo cortometraggio l giorno della prima di Close Up (1996), per raccontare questo ritorno in sala, «per stasera sarebbe meglio fare il biglietto online»«all’aperto? Di giorno? Con la luce? Eh». Al Quattro Fontane (siamo ancora a Roma) stazionava la radio televisione a intervistare un pubblico eterogeneo, non le solite quattro signore imbellettate che vanno al cinema di pomeriggio nel centro della capitale. Cinefili in crisi d’astinenza. Massimo Ferrero (proprietario di multisale e della Sampdoria) no, lui non ha riaperto,«a Roma, a maggio, si vanno a mangiare nei prati verdi il pecorino e le fave» dice, mica ci si chiude al cinema. Qualcuno ci si è chiuso, gli incassi registrati nel primo weekend sono 608.277 euro per circa 460 sale. Non sono certamente numeri da record, ma è decisamente meglio di niente. 

Non tutti i cinema riapriranno, ora o in autunno o anche più tardi. A Trento per esempio, lo storico cinema Astra reggerà solo fino a fine anno, lasciando agli spettatori una bella lettera d’amore (per e con il cinema). Invece l’Azzurro Scipioni di Roma, la sala del regista Silvano Agosti, dopo il tanto pubblicizzato rischio chiusura, ha annunciato una grossa partnership con BNL-BNP Paribas che gli permetterà di riaprire a settembre. E così, in un quadrante romano con alta concentrazione di sale, zona ricca guarda il caso, un cinema sopravvive, mentre mezza città non ha più cinema di quartiere. È sempre bello che un cinema si salvi, meno che non si pensi alle altre, dallo scheletro del Maestoso sull’Appia Nuova a quasi tutta Roma Est orfana di cinema al Metropolitan in pieno centro ancora chiuso.   

Ma cosa si vede al cinema in questi giorni? È stagione degli Oscar. Atipica. Ritardataria. Che mentre qui si festeggiava la Liberazione di là dell’Atlantico, in una cerimonia losangelina che più intima non si può (ma nella bellissima Union Station), si assegnavano le ambite statuette. Di solito se ne parla a febbraio, e la puzza di glamour arriva sin qui. E quindi in sala ci sono i film che hanno vinto gli Oscar: Minari di Lee Isaac Chung, il feel good multietnico-hollywoodiano, la famiglia coreana che negli anni Ottanta si trasferisse nell’Arkansas bianco zotico rurale un po’ razzista, ma il bene poi vince sul male. Oscar alla bravissima Youn Yuh-jung. E il pluripremiato Nomadlands di Chloé Zhao, siamo ancora negli Stati Uniti rurali. Ma anche un grande classico, come In the mood for love (2000) di Wong Kar-wai; che belli i ritorni in sala dei vecchi film restaurati. E poi Mank (David Fincher), due Oscar, molte candidature, già su Netflix da mesi. Il nuovo film del rumeno Radu Jude. I predatori di Pietro Castellitto: i poster pubblicitari, come se il tempo si fosse fermato, ancora stazionavano in giro per le città dalla sua uscita in sala in autunno. Qualche altra novità, qualche altro recupero, nelle grandi città c’è persino un po’ di scelta, in provincia spesso si è fortunati se c’è il cinema aperto (in tempi normali, figuriamoci adesso).   

Oggi arriva in qualche sala anche un piccolo gioiello, passato per la Festa del Cinema di Roma e il Sicilia Queer filmfest. È il film che la Francia ha candidato agli Oscar per miglior film straniero (l’Italia ci ha provato con l’immondo Notturno di Gianfranco Rosi), anche se non è arrivato nella cinquina finale. Il regista però viene da Padova e si chiama Filippo Meneghetti. Attrici protagoniste, la tedesca Barbara Sukowa (volto del Nuovo Cinema Tedesco) e la francese Martine Chevallier. Un film europeo insomma. Le due del titolo sono le pensionate Nina e Madeleine, innamorate da tantissimo, ma segretamente, vivono una davanti all’altra. Progettano di partire per Roma insieme, ma Madeleine non riesce proprio a dirlo a figlia e figlio, in un’interessantissima inversione del coming out ai genitori. Un film delicato e commuovente, forse un po’ teatrale, molto lavoro sui corpi, con notevoli evoluzioni e colpi di scena, di cui meglio non scrivere, casomai invece di mangiar fave nei prati con Massimo Ferrero vogliate anche voi andare a vedere il film di Meneghetti. Che, nonostante tutto, il cinema in qualche modo continua a vivere.