ROMA

Un concerto per il Popolo Curdo

A Roma diversi artisti si esibiranno a sostegno della popolazione curda, soggetta a continui attacchi militari da parte delle forze turche e al contempo impegnata nella difesa dei territori dall’avanzata Jihadista

Le bandiere del Kurdistan coloreranno il parco Schuster di Roma questa domenica, per una giornata di festa e musica volta a denunciare i soprusi contro le popolazioni che vivono tra Turchia, Iraq, Iran e Siria.

“Tempo di speranza! Time For Hope: Un concerto per il Popolo Curdo, un concerto per la libertà di Öcalan” è il nome dell’evento che dalle 18.00 vedrà salire sul palco Daniele Silvestri, Fiorella Mannoia, Elio Germano, Giacomo Bevilacqua e Michele Zerocalcare (+ special guest), Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri, Hani Mojtahedy & the Moon, Punkreas, The Andre, Anna Favella.

Diversi artisti saranno riuniti a sostegno della popolazione curda, che lotta quotidianamente contro l’Isis e gli attacchi militari del presidente turco Erdoğan, violenze che Stati e organizzazioni internazionali non bloccano, ma hanno contribuito a perpetuare attraverso l’invio di armi alla Turchia e l’appoggio alle liste nere per terrorismo dei Pkk.

Le popolazioni curde lottano contro l’avanzata degli jihadisti e si difendono dalle aggressioni degli stati sovrani ormai da decenni: fanno tutto ciò portando avanti un modello di società alternativo, incentrato sul Confederalismo Democratico, che si basa sulla costruzione di società orizzontali, in contrasto con il patriarcato, attento all’ecologia e a un modello di economia sostenibile.

È notizia di un mese fa quella degli attacchi nelle zone limitrofe a Kobane, nel nord della Siria, territorio curdo, le notizie delle violenze spesso non arrivano ai nostri media, ma sono quotidiane: raid, limitazioni di libertà o di risorse.

Abdullah Öcalan, attuatore del Confederalismo Democratico nonché Presidente del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) è prigioniero politico dal 1999 nell’isola di Imrali nel Mar di Marmora in Turchia. Un unico prigioniero in isolamento su un’intera isola, «gli è impedito di vedere i propri avvocati e l’ultimo contatto con il fratello risale ad una visita concessa ormai 17 mesi fa», scrive  Uiki Onlus (Ufficio d’informazione del Kurdistan in Italia) nel comunicato stampa di lancio dell’evento di domenica, mentre Aljazeera riporta che «da maggio Erdoğan ha chiesto un’operazione per sgomberare le Unità di protezione del popolo (YPG) dalle aree di Tal Rifaat e Manbij. Le forze turche e i loro alleati dell’Esercito nazionale siriano hanno aumentato la pressione sui combattenti curdi lungo la linea di contatto a ovest dell’Eufrate e intorno a Kobane, Ain Issa e Tal Tamer a est. In parallelo, Erdoğan sta portando avanti un vigoroso sforzo diplomatico per coinvolgere la Russia e l’Iran».

La giornata di domenica nella capitale, fa parte delle molte iniziative a sostegno del Kurdistan che si svolgeranno nella penisola per tutto settembre volte a chiedere la pace.

Zerocalcare dichiara a Uiki «è una serata che serve a ricordare che non è che siccome gli ultimi due anni hanno completamente cambiato l’agenda mediatica, i conflitti di cui non si parla più si sono magicamente spenti», sottolineando come l’informazione viene spesso veicolata, e seppur il conflitto tra Ucraina e Russia sembra essere più vicina e con ricadute più tangibili nella nostra quotidianità, ogni guerra a qualsiasi latitudine e longitudine ci coinvolge, e per ogni violenza dovremmo essere pronti a chiederne la fine, una pace dove venga scardinata la retorica di vincitori e perdenti, ma a favore di una società per tuttə, e capace di risolvere le controversie a dispetto di forza e potere.

Sul comunicato stampa dell’ufficio d’informazione si legge: «togliere il PKK dalle liste del terrorismo internazionale, liberare Öcalan e aprire un tavolo di pace e dialogo nel nome del confederalismo democratico con i governi di Iran, Iraq, Turchia e Siria è una necessità non solo per il diritto del popolo curdo di esistere ma per trovare una soluzione di pace in un’area complessa e interetnica com’è il Medioriente».

Immagine di copertina di Wikimedia Commons