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The Force: la New York sotterranea di Don Winslow

Cause in New York, dealin drugs is a sport
You either sell it, smoke it, shoot up or snort
Either way you’re caught

AZ, Doe Or Die

Facendo esperienza delle sue strade, la prima percezione che si ha di New York City è che sia una città se non molto sicura, di certo più sicura di una volta. Ancora a metà degli anni Novanta prendendo il bus nella direzione sbagliata verso North Manhattan, senza neppure osare addentrarsi nel Bronx, si poteva provare la sensazione di trovarsi in un luogo senza legge. Harlem, infatti, era off-limits per i bianchi. Solo nel 1991 avvengono a Brooklyn i violentissimi Crown Heights Riots, suscitati dallo scontro tra neri giamaicani ed ebrei, che hanno inevitabilmente segnato il declino di David Dinkins, primo sindaco nero della città, che anche per via di questo evento perse le elezioni successive a vantaggio del repubblicano Rudolph Giuliani.

La vicenda di The Force (Corruzione), ultimo libro dell’acclamatissimo Don Winslow, già consegnato alla storia del noir almeno da The Winter of Frankie Machine (L’inverno di Frankie Machine), The Power of the Dog (Il potere del cane) e The Cartel (Il cartello), parla del nostro presente ma comincia di fatto dalla politica della zero tolerance. L’applicazione della broken window theory, secondo la quale per abbattere i grandi crimini occorre partire da quelli molto minori, politica che ha favorito (in stretta armonia con la three-strikeslaw clintoniana) l’incarceramento di massa di milioni di persone, ha mutato radicalmente il volto della città. Non si tratta più della New York del 1977, descritta in una parentesi nel Potere del cane, nei meandri delle strade di Hell’s Kitchen, piena di “quei matti degli irlandesi” e di migranti italiani, in cui la criminalità era gestita dalle cinque famiglie poi spazzate via dal Mafia Commission Trial e del clima cittadino riassunto dalla vicenda del Black Out fatto di tumulti e razzie nel buio conclusesi con tremila arresti. Non solo Don Winslow stavolta ha cambiato completamente costa, tralasciando la frontiera Messico/Stati Uniti, le strade della cocaina prima e della meth poi, l’oscura forza della Sinaloa divenuta vero e proprio Cartello con il braccio armato delle Zetas, il durissimo riconoscimento che tra le prime voci del PIL negli Stati Uniti bisogna inserire narcotraffico, ma ha tracciato la cartografia della droga a guerra finita, quando è la droga ad aver vinto, mostrando la rinascita dell’eroina sulla East Coast, abusata soprattutto dai bianchi e venduta dalle gang di neri.

The Force illustra, a chi non ha abbastanza occhi per guardare, come se già non fosse sufficiente la visibile esclusione ai bordi delle strade e dei quartieri di chi viene considerato invisibile, cosa si nasconde, tuttora, dietro la smagliante vetrina newyorkese, quanto sia consistente la continuità nella gestione dell’ordine tra il sindaco precedente e l’attuale (basta una veloce ricerca per scoprire che il Commissario capo Bill Bratton è stato a capo della NYPD sia tra 1994 e 1996 con Giuliani che tra il 2014 e il 2016 con De Blasio, prima di volare alla volta di LA), quale, infine, sia la stretta relazione tra la facciata law&order e l’aumento esponenziale del valore degli immobili, a partire dalla gentrification di Harlem presentata come operazione insieme securitaria e di ricucimento culturale della metropoli. Si calcola, infatti, che dal 2010 l’aumento del prezzo degli immobili sia cresciuto tra il 20% e il 30% ogni anno, intensificando quel displacement che ha raggiunto le sue punte massime con l’esplosione della crisi economica, ma che ha la sua origine nella antecedente deregolamentazione degli affitti, nella dismissione progressiva del welfare, nell’insufficienza dell’housing sociale in rapporto al numero dei poveri e dei nuovi poveri. New York rimane la città con il più alto tasso di homeless in tutta l’America del Nord. La gentrification si esprime nella trasformazione della 125st in una strada commerciale, comprensiva del Whole Foods recentemente aperto, o nelle demolizioni del Renaissance Theater&Casino, dove si esibiva Duke Ellington, e della “Harlem Church”, in cui era stato tenuto il funerale di Malcom X, per fare spazio a grattacieli fatti centinaia di appartamenti, ristoranti, garage e negozi, mostrando il vero volto della retorica del decoro urbano. Formalmente Harlem non è più un “ghetto”, nonostante rimanga, dopo Brownsville, il quartiere con i più grandi house project di tutta New York, ma di fatto rimane un quartiere che esteriorizza un altro tipo di criminalità, fatta di colonizzazione del mercato locale, di installazione di luxury apartment, e di vere e proprie espulsioni. La speculazione immobiliare prosegue la guerra metropolitana di razza e di classe.

L’emersione di questa “semplice” verità rende il libro di Don Winslow molto potente, a fronte di una trama asciutta che gira tutta attorno a Dennis Malone poliziotto bianco irlandese di Staten Island ricoperto di tatuaggi “hipster” sulle braccia e appassionato di hip hop, che lascia la moglie e i due figli per trasferirsi a Manhattan North dove diventa re di «The Force», la squadra speciale anti-crimine, che combatte con mezzi disinvolti la droga senza disdegnare di trattenere e commerciare buona parte di quella sequestrata. Il poliziotto corrotto scoperto viene incastrato dal Fbi nella trappola della contrattazione e dello spionaggio: è esonerato dalla pena a patto che aiuti gli inquirenti a incastrare i suoi complici, tradendo gli amici e le loro famiglie, secondo lo stesso schema utilizzato per la mafia. Essere diventato, da semplice corrotto, un “infame” (a rischio di essere disprezzato e odiato tanto dai suoi colleghi, quanto dall’ambiente criminale) che gira a registrare le imprese dei suoi complici è il vero dramma di Malone dietro a cui si cela il dramma collettivo: la corruzione coinvolge tutti i protagonisti non solo i boss dello spaccio e delle armi, ma gli ancor più potenti e pericolosi boss della politica cittadina.

È su questo motivo che l’autore ci consegna una storia fatta di continuità: mostrando la rinascita della mafia attorno alla gestione delle macerie delle Twin Towers dopo l’11 settembre, la forza della Iron Pipe Line che importa armi da fuori i confini dello Stato di New York (che sulla carta avrebbe la legislazione più restrittiva di tutti gli Us in materia di porto d’armi), la ferocia, la connivenza, il cameratismo della polizia in una lunga serie di neri assassinati senza motivi durante controlli o fermi, scatenando sia istantanee reazioni di riot sia la più sistematica denuncia di Black Lives Matter. Così Don Winslow con una lingua più asciutta e meno dialettale rispetto a James Ellroy, e d’altra parte senza abbandonarsi alle visioni oniriche di Stephen King, si è guadagnato (con il sostegno entusiasta degli altri due) l’Olimpo del noir e forse con Ridley Scott anche di Hollywood (che ha annunciato almeno dal 2015 che metterà in scena The Cartel con protagonista Di Caprio), illustrando come il capitalismo americano non sia solo gestione e controllo, ma esso stesso organizzazione esplicita e ramificata su molti livelli della criminalità.