MONDO

Siria, cronache dalla terza guerra mondiale

Ancora morti, violenze e ingiustizie in un Paese devastato. Dove continuano a saltare i fragili equilibri del sistema di un sistema di relazioni internazionali sempre più in crisi.

In pochi giorni in Siria, abbiamo assistito all’attacco turco nell’area di Afrin e continui attacchi in tutto il resto dell’area a maggioranza kurda, con cecchini che dalla Turchia sparano sulle strade e città di confine. Colnnedo per lo più civili inermi. Poi, scontri violentissimi tra la coalizione americana con le Syria Defence Forces (SDF, l’esercito costituito dalle YPG con varie milizie arabe del nord) contro russi e governo di Damasco. Ultimissimo, un attacco israeliano a postazioni iraniane, mentre questi ultimi hanno abbattuto un F-16 dell’aviazione di Tel Aviv. Continuano combattimenti anche nelle zone del sud della Siria, dove la Giordania appoggia le opposizioni che guidano contro il regime la città di Daraa. Un missile del regime siriano sabato 9 è stato lanciato del nord del Regno Hashemita. Una guerra di tutti contro tutti. Nessun paese europeo ha la forza di opporsi alle scelte belliche della Turchia. Nessuno riesce a fermare la Russia e Damasco o i bombardamenti della coalizione a guida americana. Che intanto ha stabilito le sue basi nel nord est del paese. Mentre i russi tengono saldamente le loro sulla costa. Migliaia i militari americani e russi impegnati sul campo. Fonti non verificate hanno accennato ad una strage di contractor russi a Deir ez Zor da parte americana.

Tutto questo avviene in un paese che soffre una guerra civile da 7 anni. Più di 5 milioni i rifugiati. 6,5 milioni gli sfollati interni, 13,5 milioni le persone in stato di bisogno. Su 20 milioni di abitanti prima del 2011. Un intero sistema sanitario distrutto, un’intera generazione perduta. E la prossima generazione pronta a perdersi. Centinaia di migliaia i giovani sul fronte a combattere e strappati alle loro esistenze.

In questo scenario in cui le potenze mondiali si stanno allenando sulla pelle dei siriani alle prossime guerre si sta sancendo anche la morte del sistema multilaterale e di diritto internazionale delle Nazioni Unite. Queste ultime possono parlare solo con il regime di Assad, che è l’unico organismo del puzzle siriano rappresentato all’ONU. E da Damasco le Agenzie ONU sono costantemente ricattate. O seguono le indicazioni del regime o non possono lavorare nel paese. E quindi l’ONU deve lavorare con ONG legate al regime, una sanitaria molto nota addirittura di un cugino di Assad. O, ad esempio, l’OMS deve concordare con il Ministero della Salute del regime quali e quanti medicinali portare in Siria ai civili ed a chi. Contro qualsiasi principio di neutralità e di protezione delle vittime vengono privilegiate le aree controllate dal regime e neglette le altre. L’ONU sta morendo giorno dopo giorno mentre collabora con il regime, i sui funzionari alloggiano all’Hotel Four Season di Damasco, la gente muore di fame e di malattie sotto le bombe nel resto del paese.

Nelle aree a maggioranza kurda le Nazioni Unite non possono parlare con l’amministrazione autonoma o le organizzazioni locali. Ovvero non possono parlare con chi opera in quei luoghi, ma possono solo sostenere Ong raccomandate e registrate a Damasco. Ad Afrin l’ONU non c’è. In tutto il nord est della Siria i kurdi sono stati lasciati soli a organizzare la risposta umanitaria. Interi campi umanitari pieni di profughi di Raqqa senza che le Nazioni Unite siano in grado di fare il loro lavoro di protezione. Timidi aiuti giungono solo dal’Unione Europea e dagli americani. Poche le Ong internazionali presenti. La maggior parte sta cercando di dialogare con il regime per entrare nel business della futuribile ricostruzione della Siria, che il regime si sta preparando a gestire.

Lo stesso regime che fa togliere all’OMS, complice, le medicine contro l’epatite e molte di quelle salvavita per i carichi umanitari che devono andare ai civili in zone non sotto il suo controllo. Lo stesso regime che ha chiesto di scambiare civili malati in una zona assediata, che l’Onu avrebbe evacuato, con suoi militari, minacciando che altrimenti, come accaduto altre volte, i civili sarebbero stati lasciati morire. Una lunga denuncia è uscita a riguardo sull’autorevole rivista americana Foreign Policy, riportando molti più esempi di questa tragedia.

In questo quadro i kurdi e tutti i loro alleati arabi nel nord del paese sono un raro esempio di autorganizzazione e di risposta alle emergenze. Ignorati dall’ONU e usati dalle forze internazionali hanno già inviato aiuti e ambulanze ad Afrin. Oltre a migliaia di persone pronte a difenderla.

Sembra che siano tra i pochi che restano umani. Mentre intorno il mondo si sta facendo una guerra devastante. Mentre il loro sforzo di pace ed autonomismo viene costantemente disconosciuto.

Per questo la raccolta fondi lanciata per Afrin in queste ore dalla Mezza Luna Rossa è una delle prime risposte possibili.

E poi impegno politico senza sosta per sostenere la rivoluzione del Rojava e non abbandonare i siriani soli tra i lupi, che ci divoreranno tutti se non saranno fermati.